Frederico da Silva offre un bilancio che racconta risultati concreti e un’idea di sanità che guarda lontano. Dalla 14esima edizione dei Bandi Gilead emergono numeri, storie e alleanze capaci di incidere sulla vita dei pazienti, in Italia e oltre. È il ritratto di un impegno che non si limita ai laboratori, ma si traduce in accesso e responsabilità.
Un bilancio che parla in numeri
I dati condivisi da da Silva, vice president & general manager di Gilead Sciences Italia, raccontano un percorso diventato, negli anni, metodo. In quattordici edizioni sono stati selezionati più di 732 progetti, con 63 iniziative soltanto quest’anno. Per trasformare visioni e protocolli in iniziative tangibili, l’azienda ha destinato circa 18 milioni di euro, sostenendo una rete di idee nate in ospedali, università, associazioni. Il risultato non è un’astrazione: quei progetti hanno concretamente raggiunto e aiutato circa 5mila pazienti, delineando un impatto che unisce la dimensione clinica alla prossimità sociale, dove contano tanto l’evidenza scientifica quanto la continuità dell’assistenza.
Alla base, c’è una formula di collaborazione pubblico-privato che ha trovato una propria identità in due strumenti distinti ma complementari: il Fellowship Program, dedicato alla ricerca indipendente, e il Community Award Program, pensato per le associazioni di pazienti del terzo settore. Non un semplice mecenatismo, ma una trama di responsabilità condivise che accompagna i ricercatori dalla progettazione alla realizzazione, e che sostiene le organizzazioni di comunità nel colmare i vuoti tra diagnosi, presa in carico e continuità terapeutica. In questo equilibrio, il sapere scientifico incontra la vita quotidiana dei pazienti, ne intercetta i bisogni e li traduce in percorsi, strumenti, servizi. È qui che l’innovazione smette di essere un’aspirazione e diventa prassi.
Accesso globale: accordi e responsabilità condivisa per terapie essenziali
Nell’orizzonte internazionale, Gilead ha ricordato di essere stata la prima azienda a firmare un’intesa con la Medicines Patent Pool, iniziativa sostenuta dalle Nazioni Unite che consente la produzione senza royalties di farmaci destinati ai Paesi a basso e medio reddito. Questo passaggio, sottolineato da da Silva, esprime una scelta precisa: ampliare la disponibilità di cure dove l’accesso è fragile, senza rinunciare allo standard di qualità. Nel racconto trova spazio anche il valore delle alleanze: meccanismi che traducono i diritti in forniture, le firme in trattamenti, e che mettono al centro le persone prima dei mercati. L’obiettivo rimane uno: fare in modo che innovazioni decisive non restino confinate.
Nel 2024 l’azienda ha stipulato un accordo con sei produttori di generici per l’accesso al lenacapavir, un farmaco iniettabile per la prevenzione dell’Hiv con somministrazione semestrale, definito “invenzione dell’anno” dalla rivista Science. L’intesa è stata siglata persino prima dell’approvazione della Fda, accelerando l’accesso tempestivo al medicinale. Più di recente, un accordo con il Global Fund punta a rendere disponibile il lenacapavir a circa 2 milioni di persone in 120 Paesi a basso reddito nei prossimi tre anni. Si aggiunge la risposta positiva alla richiesta del ministero della Salute dell’Ucraina per la cessione, in forma simbolica, dei farmaci anti epatite C, gesto dal forte valore sanitario e civile.
L’impronta in Italia tra ricerca, filiera e pazienti
Quest’anno l’annuncio dei progetti vincitori si è svolto, per la prima volta, nella sede di Gilead in Italia, proprio mentre l’azienda celebra 25 anni di presenza nel Paese. È l’occasione per ripercorrere un cammino: 24 farmaci innovativi lanciati sul territorio nazionale per la cura di patologie gravi; una produzione abilitata da partnership con otto aziende italiane; una cooperazione quotidiana con clinici, ricercatori, associazioni di pazienti, terzo settore, istituzioni e governo. È una filiera della fiducia, in cui le competenze si sommano, i protocolli si affinano, e i risultati trovano casa nei reparti e nei servizi che i cittadini incontrano ogni giorno.
Lo sguardo operativo è sostenuto dai numeri della ricerca clinica: in Italia sono coinvolti oltre 154 centri e l’impatto ha raggiunto più di 90mila pazienti. Nel Paese vengono prodotti i farmaci più innovativi dell’azienda, valorizzando l’eccellenza della filiera italiana con un investimento annuo che supera i 250 milioni di euro. Questo contribuisce a un settore farmaceutico che traina l’export e rende Gilead Italia un hub strategico, con ricadute positive sul sistema Paese e sulla salute dei cittadini. Guardando avanti, resta l’obiettivo fissato nel 2020: lanciare 10 nuove terapie entro il 2030, un traguardo che parla di continuità più che di annunci.
Una visione One Health che lega comunità, scienza e prossimità
La prospettiva dichiarata è quella della One Health, un approccio che mette in relazione la salute delle persone con quella delle comunità e degli ecosistemi. Da Silva richiama un impegno esteso a tutte le aree in cui l’azienda opera, con particolare attenzione ai contesti in cui l’accesso alle cure resta fragile o diseguale. Agire dove è più difficile è una scelta etica e organizzativa: significa predisporre strumenti per superare barriere logistiche, economiche e culturali, e far sì che l’innovazione non sia privilegio di pochi ma risorsa condivisa. In questo orizzonte, ogni accordo internazionale diventa un passo verso una sanità più giusta.
Questa visione si alimenta di co-progettazione. I Bandi Gilead ne sono un esempio: da un lato sostengono la ricerca indipendente che esplora nuovi percorsi clinici e organizzativi, dall’altro rafforzano il ruolo delle associazioni che intercettano i bisogni e costruiscono ponti tra terapie e territori. Il valore aggiunto sta nel trasformare le idee in strumenti permanenti, capaci di durare oltre il ciclo del singolo bando e di rimanere nei luoghi di cura. Così, risultati e responsabilità crescono insieme, generando una cultura dell’innovazione che non si esaurisce nell’annuncio ma radica nella pratica quotidiana.
Domande rapide per orientarsi
Che cosa sono, in concreto, i Bandi Gilead? Si tratta di un’iniziativa che sostiene progetti nati da ricercatori e associazioni, trasformando proposte in attività e servizi. In quattordici anni sono stati premiati più di 732 progetti, con 63 nell’ultimo anno, per un totale di circa 18 milioni di euro erogati. L’impatto non è solo contabile: le iniziative hanno raggiunto circa 5mila pazienti, con ricadute misurabili nella quotidianità dei reparti, dei centri clinici e delle reti territoriali che seguono le persone lungo il percorso di cura.
Che ruolo ha il lenacapavir nella prevenzione dell’Hiv? È un farmaco iniettabile con somministrazione ogni sei mesi, riconosciuto dalla rivista Science come “invenzione dell’anno”. Nel 2024 è stato siglato un accordo con sei produttori di generici per allargarne l’accesso e, grazie a un’intesa definita prima dell’approvazione della Fda, l’ingresso nei programmi è stato accelerato. Un accordo recente con il Global Fund punta a raggiungere circa 2 milioni di persone in 120 Paesi a basso reddito, rafforzando la prevenzione dove servono strumenti semplici e continui.
In che modo l’Italia è coinvolta tra ricerca e produzione? Il Paese è un tassello strategico: qui l’azienda celebra 25 anni, ha lanciato 24 farmaci innovativi e collabora con otto aziende della filiera. La rete della ricerca include oltre 154 centri e ha coinvolto più di 90mila pazienti. In Italia si producono i farmaci più innovativi, con investimenti annuali superiori ai 250 milioni di euro. Questo contribuisce sia alla crescita dell’export farmaceutico sia all’accesso per i cittadini, grazie a una filiera che unisce qualità, tempestività e prossimità.
Perché è importante l’accordo con la Medicines Patent Pool? La MPP, sostenuta dalle Nazioni Unite, favorisce la produzione senza royalties di farmaci destinati a Paesi a basso e medio reddito. L’adesione di Gilead, ricordata da da Silva, rende concreto un principio di equità: ampliare la disponibilità di terapie essenziali quando i sistemi sanitari sono sotto pressione. Insieme ad altre intese, come quella con il Global Fund e la risposta all’Ucraina per i farmaci contro l’epatite C, si delinea un modello in cui l’innovazione non viaggia da sola ma con una responsabilità condivisa.
Numeri che diventano storie: la misura dell’impatto
I numeri danno la struttura, ma a fare la differenza sono le persone che quei progetti li abitano. 5mila pazienti aiutati non sono una statistica: sono percorsi di prevenzione, diagnosi più tempestive, aderenza terapeutica che migliora. È qui che il linguaggio della scienza incontra quello dell’umanità. Dalla Medicines Patent Pool ai programmi con il Global Fund, fino all’attenzione alla Ucraina, affiora un filo rosso che lega responsabilità industriale e salute pubblica. La sfida è mantenere questo passo, consolidando strumenti che resistano al tempo e alle contingenze.
Nel racconto di da Silva e nelle scelte ricordate, emerge un’idea chiara: il valore dell’innovazione si misura nella sua capacità di essere condivisa. Che si tratti del lenacapavir per la prevenzione dell’Hiv o dei farmaci per l’epatite C, il punto non è solo arrivare primi, ma arrivare lontano. La nostra lettura è semplice: quando ricerca, filiera e comunità camminano insieme, la cura non resta promessa. Diventa possibilità reale, in Italia come nel mondo, e traccia una rotta che merita di essere seguita con rigore, sensibilità e continuità.
