Un’infanzia segnata dall’altare e un presente costruito dietro la macchina da presa: così Martin Scorsese racconta la svolta che lo allontanò dal seminario. Nella nuova docuserie “Mr. Scorsese”, l’autore confida come quel proposito giovanile cedette il passo alla scoperta dell’attrazione e di una realtà più intricata di quanto immaginasse.
Il sogno interrotto e il peso degli anni adolescenti
I primi passi verso la vita religiosa furono convinti, metodici, quasi naturali per un ragazzo cresciuto tra messa domenicale e catechismo. In seminario, ci furono mesi ordinati, regole rispettate, studio e silenzio. Poi, lentamente, il mondo esterno prese a bussare con insistenza. La scoperta dei sentimenti, l’idea di potersi innamorare, la percezione di una strada esistenziale non più lineare. Non fu una frattura clamorosa, ma un’oscillazione che si fece via via più profonda, fino a incrinare l’idea di una vocazione definitiva.
Non accadde niente di eclatante, lo precisa lui stesso a distanza di anni: furono sensazioni, ombre di pensieri che però bastarono a cambiare la traiettoria. Quel percorso, così carico di attese spirituali, iniziò a urtare contro la complessità della vita vera, con i suoi desideri e i suoi dubbi. L’adolescenza, con la sua forza carsica, pretese ascolto. E il giovane Scorsese, più curioso e inquieto di quanto ammettesse, capì che la scelta non poteva essere solo disciplina, ma anche verità su se stesso, sul proprio cuore, sulle immagini che già gli frullavano in testa.
La disciplina che scricchiola e l’uscita dal seminario
A un certo punto, l’irrequietezza arrivò sui registri. Il comportamento non passò inosservato e la famiglia fu richiamata: bisognava riportarlo a casa. Di cosa si trattasse, non venne codificato in modo ufficiale; resta però, nel ricordo affettuoso di un amico d’infanzia, l’osservazione sorridente su un ragazzo con un’attenzione già spiccata per le ragazze. Negli anni, Scorsese ha sintetizzato quella fase con franchezza: fu allontanato dal seminario perché si era “comportato male”.
L’uscita non chiuse il capitolo, anzi lo complicò in profondità. La fede, anziché evaporare, restò come domanda insistente e tema ricorrente, pronta a riaffiorare nel suo immaginario artistico. “L’ultima tentazione di Cristo” e “Silence” non furono che approdi maturi di una riflessione iniziata molto prima: l’uomo che dubita, l’uomo che cede e resiste, l’uomo che cerca. La religione non come recinto, ma come orizzonte problematico, una tensione che si è fatta struttura narrativa e sguardo etico, costante e insieme sempre rimesso in discussione.
Quando la vita cambia la rotta creativa
Se quel tracciato verso l’abito talare non si fosse incrinato, il cinema avrebbe forse smarrito uno dei suoi autori più incisivi. È un paradosso che commuove perché allinea due vocazioni, entrambe esigenti: servire, da un lato; comprendere e raccontare, dall’altro. In mezzo, la coscienza della fragilità, il confronto con l’amore che scombina i piani, la fatica del limite. Il ragazzo del seminario non scompare: diventa il regista che, di fronte all’ambiguità del bene e del male, chiede alle immagini ciò che un tempo cercava nelle regole.
Oggi, a ottantadue anni, quel nodo biografico torna in primo piano senza enfasi, come una confessione pacata che illumina il percorso creativo. Non è nostalgia, ma riconoscimento: gli anni della formazione hanno lasciato un solco che attraversa ogni scelta visiva, ogni dialogo, ogni pausa. Il cinema, per Scorsese, è anche un modo di pregare senza formule, di misurarsi con la coscienza nei personaggi che camminano sul crinale tra caduta e redenzione. E questo, forse, spiega la potenza emotiva che i suoi film continuano a esercitare.
La docuserie: date, sguardi e voci
La rivelazione riemerge nella nuova docuserie “Mr. Scorsese”, presentata in anteprima al New York Film Festival il 4 ottobre 2025 e in uscita su Apple TV+ il 17 ottobre 2025. A firmare il progetto è la regista Rebecca Miller, che intreccia un fitto dialogo con l’autore e ne ricostruisce il percorso umano e creativo con accesso privilegiato agli archivi personali. La cornice è intima, l’impianto rigoroso, lo sguardo affettuoso e insieme analitico.
A dare corpo al ritratto concorrono voci di primo piano: amici, collaboratori, familiari. Compaiono, tra gli altri, Robert De Niro, Daniel Day-Lewis, Leonardo DiCaprio, Steven Spielberg, Thelma Schoonmaker, Sharon Stone, Jodie Foster, Paul Schrader, Margot Robbie, Cate Blanchett e molti altri nomi che hanno attraversato la sua opera. L’intento è scavare nelle costanti della poetica scorsesiana: l’eterna contesa tra bene e male, il peso della colpa, la possibilità della grazia. Un autoritratto per interposta persona, costruito con la materia viva dei ricordi.
Il senso di quell’educazione che non si è mai spenta
La formazione religiosa non fu un prologo cancellato, ma una grammatica interiore. Nei personaggi tormentati di Scorsese si intravede la traccia di un apprendistato spirituale rimasto incompiuto, e proprio per questo fertile: uomini e donne che sbagliano, desiderano, cadono, talora si rialzano. In questa dinamica, la morale non è sermone; è frizione, domanda, responsabilità. Il cinema diventa la stanza in cui il dubbio può stare in piedi senza essere cacciato, il luogo in cui il peccato ha un volto e la misericordia una possibilità.
Che cos’è, allora, quel “qualcosa andato storto” di cui parla? Forse il naturale varco verso l’età adulta, con la forza degli impulsi e la nascita di un’altra chiamata, artistica e totalizzante. Non c’è pentimento, né rivalsa: c’è la serenità di chi riconosce che la propria opera nasce da una contesa interiore lunga una vita. Le immagini hanno ereditato le domande, e in quelle domande noi spettatori continuiamo a specchiarci, film dopo film, comprendendo che la complessità può essere abitata senza paura.
Una riflessione che resta, oltre la première
Nel racconto della docuserie, affiorano anche momenti familiari e confessioni che umanizzano la figura pubblica, restituendo misura e vulnerabilità. È un montaggio di memorie che non indulge nel mito, pur riconoscendone la statura, e che apre una finestra rara sulla sorgente di tante scelte creative. In redazione, abbiamo verificato date e contenuti con i materiali ufficiali e con la stampa internazionale: la nostra fonte primaria resta l’agenzia Adnkronos, mentre i dettagli produttivi e di distribuzione sono confermati dai comunicati di Apple TV+ e dagli approfondimenti pubblicati all’uscita delle anteprime.
Ci colpisce come questa storia parli anche a noi: la vita è spesso il risultato di deviazioni che non avevamo previsto. E tuttavia, in quella deviazione, talvolta si accende la forma più autentica di una vocazione. Il giovane del seminario non è scomparso: abita i film, abita le pause, abita i silenzi. È lì che il regista dialoga ancora con il ragazzo che fu, con il pudore di chi ha imparato ad ascoltarsi davvero.
Tre domande in chiusura
Quando e dove è stata presentata la docuserie? Anteprima al New York Film Festival il 4 ottobre 2025; streaming su Apple TV+ dal 17 ottobre 2025.
Chi la dirige e quale taglio adotta? La regia è di Rebecca Miller; il racconto unisce dialoghi approfonditi con Scorsese, accesso agli archivi privati e testimonianze di collaboratori e familiari.
È vero che Scorsese studiò per diventare prete? Sì: da ragazzo entrò in un seminario propedeutico, ma fu poi allontanato per condotta giudicata inadeguata e per la consapevolezza, maturata in quegli anni, dell’attrazione e della possibilità di innamorarsi.
