Nella vigilia di una ricorrenza che pesa sulla coscienza collettiva, l’arrivo di Francesca Albanese a Genova accende un confronto acceso. Dopo le contestazioni della comunità ebraica, l’incontro previsto per martedì 7 ottobre cambia sede: non più Palazzo Ducale, ma i Giardini Luzzati, con accesso libero fino a esaurimento posti.
Il cambio di sede e i perché
La decisione di spostare l’evento dalla cornice istituzionale di Palazzo Ducale ai Giardini Luzzati è maturata nelle ultime ore, dopo giorni di polemiche e appelli alla prudenza. Gli organizzatori hanno ringraziato le istituzioni cittadine per la collaborazione, confermando che l’appuntamento resta gratuito e strutturato come intervista pubblica. La trasmissione in streaming verrà mantenuta sui canali degli enti promotori, senza variazioni del format. Il nodo, insomma, non è logistico ma simbolico: la data prescelta ha riaperto ferite ancora vive e domande che non si possono eludere, imponendo un riequilibrio tra diritto di parola, tutela della sensibilità collettiva e sicurezza dell’ordine pubblico. Il riposizionamento in un luogo civico vuole ridurre la temperatura del dibattito senza silenziarlo.
L’appuntamento resta fissato per martedì 7 ottobre, alle 20.00. La concomitanza con l’anniversario dell’attacco di Hamas in Israele ha reso il calendario il vero baricentro della disputa: non un dettaglio, ma una scelta che parla alla memoria ebraica e alla coscienza pubblica. In città, la discussione si è allargata oltre gli ambienti politici, interrogando associazioni, istituzioni culturali e cittadini. L’aggiornamento diffuso nelle scorse ore ha ribadito che l’incontro si terrà ai Giardini Luzzati, mentre la programmazione originaria, comunicata giorni fa, indicava Palazzo Ducale. Il passaggio di sede è stato spiegato come atto di responsabilità a fronte del clima, senza modificare i contenuti promessi al pubblico.
Le voci della comunità ebraica: dolore, prudenza, richiesta di rispetto
La presidente della Comunità ebraica di Genova, Raffaella Petraroli, ha espresso a chiare lettere un dissenso che nasce prima di tutto dalla memoria: “Sono sconcertata”, ha detto, contestando non tanto il confronto pubblico in sé, quanto la scelta della data, che coincide con la ricorrenza dell’attacco del 7 ottobre 2023. Nelle sue parole, raccolte da Adnkronos, c’è il timore che l’incontro si trasformi in una manifestazione di propaganda e la critica verso letture politiche ritenute unilateralmente ostili a Israele. Il nodo è la simbolica del giorno, che per la comunità è lutto e raccoglimento, non celebrazione. Chiamato in causa anche l’appoggio di sigle partigiane all’iniziativa, considerato ulteriore motivo di frattura.
Alla richiesta di cambiare data si è unito anche Ariel Dello Strologo, già presidente della comunità ebraica e in passato consigliere comunale: parlare è legittimo, ha argomentato, ma farlo proprio il 7 ottobre appare inopportuno. Il messaggio, rilanciato nel dibattito cittadino, è chiaro: evitare sovrapposizioni dolorose può aiutare a ridurre i contrasti e a isolare ogni rischio di strumentalizzazione. Le posizioni della comunità hanno attraversato i canali d’informazione e i social, richiamando la città a una misura condivisa tra libertà di espressione e rispetto della memoria. In questo passaggio, la nostra redazione ha preso visione delle testimonianze e delle dichiarazioni veicolate da Adnkronos come fonte primaria del confronto pubblico.
Il fronte politico e le richieste alla sindaca
Nel pieno della contesa è intervenuta Ilaria Cavo, deputata ligure e capogruppo in Consiglio comunale, che ha invitato la sindaca Silvia Salis a un segnale inequivoco: per Cavo, non basta lo spostamento del luogo, perché la questione centrale resta la data. Ha definito “pilatesco” il solo cambio di location e sollecitato un rinvio per non sovrapporre la discussione sull’Albanese alla commemorazione delle vittime dei kibbutz. È il punto politico che attraversa l’intero dibattito: assicurare a tutti il diritto di parlare e, nello stesso tempo, evitare che il calendario trasformi un confronto sui diritti umani in una miccia identitaria. Le parole di Cavo hanno avuto vasta eco, contribuendo a spostare l’attenzione dal “dove” al “quando”.
Nelle ultime ore, ricostruzioni giornalistiche hanno riferito che la prima cittadina potrebbe non presenziare all’incontro, inizialmente annunciato con la sua partecipazione. Una scelta che, se confermata, intenderebbe disinnescare un cortocircuito politico nel giorno più sensibile. Intanto, gli organizzatori hanno ribadito la natura civile e informativa dell’appuntamento, rivendicandone il perimetro non violento e l’intento di promuovere un confronto pubblico regolato. Stare dentro le regole, proteggere le sensibilità, non interrompere il dialogo: è la triade che si prova a tenere insieme, mentre la città osserva con attenzione la tenuta del proprio tessuto comunitario.
Gli organizzatori, il format e ciò che resta invariato
L’incontro è promosso da realtà impegnate nella tutela dei diritti dell’infanzia e dei diritti umani, tra cui Defence for Children Italia e Amnesty International, insieme ad altre associazioni. Confermato il format: intervista pubblica, domande e risposte, ingresso libero fino a esaurimento posti, trasmissione in diretta sui canali degli enti promotori. In una nota, i promotori hanno espresso dispiacere per la variazione dell’ultima ora, ringraziando amministrazione e struttura culturale cittadina per la collaborazione. L’obiettivo dichiarato è mantenere un dialogo sul diritto internazionale senza esasperare i toni, salvaguardando sia l’ascolto del pubblico sia la sicurezza.
Il profilo di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, è da tempo al centro del dibattito pubblico. La sua presenza a Genova ne ripropone la cifra: portare in primo piano la legalità internazionale, i limiti dell’uso della forza, il destino dei civili, e, insieme, la tensione tra verità giudiziarie e memorie ferite. È il terreno più difficile: quello dove le parole esigono rigore, e gli sguardi, umanità. Nel nostro lavoro, la verifica su comunicazioni ufficiali e aggiornamenti di testate nazionali ha confermato il cambio di sede senza alterare programma e impostazione dell’incontro.
Tra memoria e dialogo: il filo sottile che Genova prova a non spezzare
Ci troviamo davanti a un’impalcatura fragile: la memoria delle vittime del 7 ottobre da una parte, il diritto di parola dall’altra. Genova ha scelto di non annullare, ma di spostare; di non tacere, ma di cambiare contesto. È una scommessa sulla maturità civica: trasformare una data dolorosa in un’occasione di riflessione severa, senza concessioni all’odio. In questa prospettiva, ricordare non significa impedire il discorso, ma vigilare perché nessun dolore sia umiliato, nessuna paura derisa, nessuna protesta deformata in clava.
Nella nostra ricostruzione, la fonte primaria resta Adnkronos, cui fanno riferimento le dichiarazioni delle figure coinvolte. Il quadro è stato aggiornato con le comunicazioni pubbliche degli organizzatori e con notizie di testate nazionali che hanno dato conto del cambio di sede e del clima politico cittadino. Ci impegniamo a raccontare ciò che accade con rispetto dei fatti, attenzione alle parole e responsabilità verso chi legge. Il giornalismo, quando serve davvero, tiene insieme il diritto a informare e il dovere di non ferire oltre il necessario.
Tre domande per orientarsi
L’evento di martedì 7 ottobre è confermato? Sì. La conferma riguarda orario e programma: l’appuntamento con Francesca Albanese resta fissato per le 20.00, con ingresso libero fino a esaurimento posti. L’unica variazione comunicata è il trasferimento ai Giardini Luzzati. Il format prevede un’intervista pubblica con spazio alle domande, mentre la diretta in streaming resta attiva sui canali degli enti promotori. Il cambio di sede è stato motivato dall’esigenza di allentare le tensioni senza cancellare il confronto, mantenendo ferme le regole di sicurezza.
Perché la data del 7 ottobre è così contestata? Perché coincide con l’anniversario dell’attacco di Hamas in Israele, una ferita aperta per la comunità ebraica e un passaggio di memoria che molti chiedono di vivere nel raccoglimento. Da qui l’appello a cambiare giorno, ritenendo la sovrapposizione una forzatura dolorosa. Altri, invece, sostengono che proprio quella data imponga una riflessione pubblica sui diritti umani. La città si muove su questo crinale, cercando un equilibrio tra rispetto e pluralismo.
Che cosa cambia per il pubblico con lo spostamento? In termini pratici, cambia la location — dai saloni di Palazzo Ducale agli spazi dei Giardini Luzzati — ma non cambia l’impianto dell’incontro: accesso gratuito fino a esaurimento posti, intervista frontale e possibilità di seguire la serata in diretta. Per chi partecipa, è consigliabile arrivare con anticipo, considerate le capienze e i controlli previsti. Resta invariato l’invito alla cittadinanza: partecipare in modo civile, ascoltare e far valere le proprie opinioni nel perimetro del rispetto reciproco.
Uno sguardo che ci impegna
Raccontare questa vicenda significa stare dentro una tensione reale: diritti, memoria, parole che possono ferire. Noi scegliamo il campo del rigore e dell’umanità, dando conto dei fatti e del contesto, senza scorciatoie. Genova, con il suo tessuto civico, ci ricorda che il dissenso non è un urlo, ma un compito: saper parlare quando è scomodo, saper tacere quando è necessario, saper ricordare sempre. È in questo equilibrio che una comunità ritrova la propria dignità.
