L’Associazione Luca Coscioni chiede al Parlamento di approvare la proposta di legge di iniziativa popolare sull’eutanasia legale, mentre il requisito del “sostegno vitale” torna al vaglio della Corte costituzionale. Il caso di Paola e il XXII Congresso in corso a Orvieto riaccendono un confronto che tocca diritti, medicina e coscienza civica.
Il nodo del sostegno vitale
Il requisito del “trattamento di sostegno vitale”, introdotto dalla sentenza n. 242/2019 della Consulta, continua a determinare una linea di confine che molte persone malate percepiscono come una barriera. L’ordinanza del Gip di Bologna, depositata il 29 settembre 2025, riapre la questione di legittimità dell’articolo 580 c.p., segnalando l’“irragionevolezza” di una condizione che distingue tra chi dipende da macchine o terapie salvavita e chi, pur lucido e capace, non lo è. È in questa frattura che si concentrano dolore, attese e percorsi giudiziari che non dovrebbero aggiungersi alla sofferenza. Secondo le ricostruzioni fornite dall’Associazione e riprese da testate nazionali, la controversia è arrivata già più volte in Corte costituzionale, senza che il Parlamento sia intervenuto con una legge organica.
La vicenda di Paola, 89 anni, affetta da parkinsonismo avanzato, resa pubblica dall’Associazione Luca Coscioni, racconta la concretezza di questo confine: lucida, autodeterminata, ma non dipendente da sostegno vitale, in Italia non avrebbe potuto esercitare la sua scelta. Nel 2023 è stata accompagnata in Svizzera da Felicetta Maltese, Virginia Fiume e Marco Cappato, che si sono autodenunciati. Da qui l’ordinanza del Gip e il nuovo rinvio alla Consulta. In parallelo, le recenti decisioni costituzionali hanno confermato l’impianto del 2019, invitando nuovamente il legislatore a colmare il vuoto normativo. La giurisprudenza tiene il passo della realtà, ma senza una legge resta un dislivello che pesa sulle persone.
Le voci dall’Associazione e l’urgenza politica
Per Filomena Gallo, il cosiddetto “sostegno vitale” è divenuto un ostacolo arbitrario che discrimina tra malati e produce processi penali contro chi aiuta chi soffre. L’Associazione Luca Coscioni segnala che il requisito ha originato autodenunce e inchieste che coinvolgono volontarie e volontari di Soccorso Civile, con un impatto umano e giudiziario non trascurabile. Dietro ogni fascicolo c’è una storia, una famiglia, una stanza dove si negozia il tempo che resta. Nella nostra ricognizione giornalistica, effettuata anche su fonti primarie e comunicati ufficiali, abbiamo riscontrato l’allarme costante sul mismatch tra diritto all’autodeterminazione e prassi applicative.
Marco Cappato va oltre, giudicando il disegno di legge attualmente discusso in Parlamento come peggiorativo: restringerebbe diritti, escluderebbe il Servizio sanitario nazionale e imporrebbe percorsi palliativi obbligati. Per questo l’Associazione chiede di approvare la proposta di iniziativa popolare per l’Eutanasia legale, che rispetta le pronunce della Consulta, fissa tempi certi – massimo 30 giorni per le verifiche – e riconosce a tutte le persone idonee il diritto di scegliere fino alla fine. Non è una scorciatoia: è una via istituzionale per uscire da una perenne transizione giudiziaria. La nostra verifica incrociata conferma che l’impianto della proposta chiama in causa il SSN, prevedendo procedure controllate e il diritto all’obiezione di coscienza.
Storie che hanno inciso sul dibattito
La battaglia è fatta di nomi e luoghi. Laura Santi, giornalista perugina di 50 anni, affetta da sclerosi multipla, ha potuto accedere in Italia al suicidio medicalmente assistito dopo un percorso lungo e complesso, certificato dalla sua Asl con il coinvolgimento del comitato etico. La sua storia, seguita dall’Associazione e raccontata dalle principali agenzie, ha mostrato come, quando le condizioni previste dalla Consulta sono accertate, anche il SSN possa garantire farmaco e strumentazione. Una libertà vigilata dalle regole, finalmente praticabile a casa propria. Il suo saluto, consegnato alla comunità civile, ha lasciato un segno profondo nel dibattito pubblico.
La vicenda di “Gloria” in Veneto, paziente oncologica di 78 anni, resta un passaggio chiave: prima consegna del farmaco e dei dispositivi da parte dell’azienda sanitaria, procedura verificata e autosomministrazione sotto controllo medico. Un precedente che ha dimostrato come l’interpretazione del requisito del sostegno vitale – consolidata dalle sentenze – possa trovare attuazione concreta, se le istituzioni territoriali operano con tempi certi e trasparenza. Quando l’amministrazione funziona, il diritto non resta un orizzonte lontano ma diventa una strada percorribile. Queste esperienze, pur diverse, confermano la richiesta di uniformità nazionale.
Orvieto e l’eredità di una battaglia
Ad Orvieto, nella Sala dei 400 del Palazzo del Popolo, il XXII Congresso dell’Associazione Luca Coscioni (4-5 ottobre 2025) mette a fuoco obiettivi e strategie per il 2026. Qui si intrecciano la memoria di Luca Coscioni e l’esempio di Laura Santi, con un filo che l’Associazione sintetizza in un invito preciso: “Non rassegnatevi mai”. L’agenda, come riportato dalle cronache, guarda a un sistema di tutele effettive sul fine vita e alla necessità di stabilire tempi uniformi sull’intero territorio nazionale, in coerenza con le richieste della Consulta al legislatore.
Nella due giorni umbra, la dirigenza – Filomena Gallo e Marco Cappato – fa il punto sulle azioni maturate nel 2025, dalla spinta sulle leggi regionali che introducono tempi certi per il suicidio assistito al deposito in Cassazione della proposta popolare per legalizzare tutte le scelte di fine vita. L’orizzonte è chiaro: SSN come perno, verifiche rapide, responsabilità pubblica. Nella nostra verifica redazionale, le informazioni risultano coerenti tra comunicati ufficiali e cronache delle principali agenzie.
Cosa prevede la proposta popolare
Depositata il 5 giugno 2025, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni disciplina l’accesso alla morte volontaria assistita per persone maggiorenni, capaci di intendere e di volere, affette da patologie irreversibili o con prognosi infausta a breve termine, fonti di sofferenze ritenute intollerabili. Prevede che la procedura si svolga in strutture pubbliche o convenzionate, oppure al domicilio con supporto medico, e che l’intero iter di verifica si concluda in non più di 30 giorni. Una cornice di garanzie che coniuga dignità, autodeterminazione e controllo clinico.
La proposta affida il percorso al Servizio sanitario nazionale, riconosce l’obiezione di coscienza del personale e mira a eliminare la discriminazione prodotta dal vincolo del sostegno vitale. L’Associazione sostiene che la riforma rispetta i principi espressi dalla Consulta e offre una risposta alla richiesta di legge più volte sollecitata dalla Corte costituzionale. In assenza di una cornice nazionale chiara, restano diseguaglianze territoriali che il diritto non dovrebbe tollerare. Dal nostro osservatorio, l’impianto normativo proposto risulta coerente con le esperienze già maturate nei casi seguiti.
Domande snelle per orientarsi
Che cosa cambia con l’ordinanza del Gip di Bologna? La questione sul requisito del “sostegno vitale” torna alla Consulta. Non c’è una modifica immediata delle regole: si attende la decisione della Corte costituzionale, mentre resta l’appello al Parlamento per una legge che metta ordine in modo definitivo.
Quali sono oggi i requisiti per l’accesso in Italia? Patologia irreversibile, sofferenze intollerabili, capacità di decidere e dipendenza da trattamenti di sostegno vitale nei termini definiti dalla giurisprudenza, con verifica del SSN e parere del comitato etico. È l’impianto fissato dalla sentenza 242/2019 e ribadito nelle decisioni successive.
Cosa prevede la proposta di iniziativa popolare dell’Associazione? Legalizza tutte le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia attiva, affida l’iter al SSN, garantisce verifiche entro 30 giorni e tutela l’obiezione di coscienza. L’obiettivo è superare le discriminazioni e assicurare percorsi chiari e uniformi.
Perché si parla di volontarie e volontari autodenunciati? L’Associazione riferisce di autodenunce di attiviste e attivisti di Soccorso Civile che hanno accompagnato malati in Svizzera. Un gesto di disobbedienza civile che ha aperto procedimenti penali e riportato il tema davanti alla Consulta.
Una riflessione che parla a tutti
Abbiamo verificato i fatti attingendo alla nostra fonte primaria Adnkronos, ai comunicati ufficiali dell’Associazione Luca Coscioni e alle cronache ANSA, per mettere ordine in un tema complesso, delicato e carico di implicazioni etiche. Le parole di chi vive la malattia e il dolore non possono restare sospese tra aule giudiziarie e burocrazie senza risposte. È compito del Parlamento assumersi la responsabilità di una legge chiara, controllata e rispettosa della persona.
Non spetta ai tribunali il compito di scrivere le regole della vita e della morte. È una responsabilità politica che si esercita rispettando la Costituzione, ascoltando le storie e proteggendo i più fragili. Adnkronos documenta il deposito della proposta di legge popolare; i comunicati dell’Associazione e le cronache ANSA confermano le tappe giudiziarie e civili. Da qui, come testata, rilanciamo l’urgenza: che la coscienza individuale trovi finalmente una casa nel diritto.
