In poche ore, la notizia della scomparsa di Jane Goodall ha attraversato il globo, suscitando cordoglio e ammirazione per una vita dedicata alla convivenza tra esseri umani e natura. La primatologa britannica, morta a 91 anni, lascia un vuoto immenso e un’eredità scientifica e morale incalcolabile.
L’eredità di una vita fra gli scimpanzé
Come redazione di Sbircia la Notizia Magazine, supportati nella verifica dei fatti dalla nostra costante collaborazione con Adnkronos, abbiamo raccolto le testimonianze che in queste ore arrivano da ogni continente. Ricercatori, attivisti, studenti e capi di governo si dicono unanimemente colpiti dalla scomparsa di Goodall, donna che ha innestato la cura dell’ambiente nel lessico pubblico. La notizia, confermata dal Jane Goodall Institute, è arrivata da Santa Cruz, California, dove l’anziana scienziata stava tenendo l’ultima serie di conferenze statunitensi. La sua morte, avvenuta nella mattinata di mercoledì 1° ottobre, viene indicata come conseguenza di cause naturali.
Prima ancora di parlare di scoperte, è impossibile ignorare il ruolo di voce planetaria che Goodall ha assunto negli ultimi quarant’anni. Negli anfiteatri universitari, nei palazzi delle Nazioni Unite e persino nei boardroom delle aziende più potenti, la sua oratoria misurata, accompagnata da un leggerissimo accento oxoniense, ha riportato al centro il legame fra distruzione ambientale, povertà e salute pubblica. “La natura non è un deposito da saccheggiare, ma la casa che condividiamo”, ripeteva con fermezza, ricordando come la pandemia da Covid-19 fosse la conseguenza di un rapporto distorto con la fauna selvatica. Vegetariana convinta, ha condannato senza esitazioni allevamenti intensivi e sperimentazione animale, invitando ciascuno a interrogarsi sulle proprie scelte quotidiane.
La trasformazione da giovane ricercatrice a leader globale prese forma già nel 1977 con la nascita del Jane Goodall Institute. Quel piccolo ufficio, aperto inizialmente per finanziare gli studi sugli scimpanzé di Gombe, si è convertito in una rete attiva in venticinque Paesi, Italia compresa, che gestisce progetti di conservazione, educazione e riforestazione. Quasi dieci anni dopo, durante la conferenza “Understanding Chimpanzees”, la scienziata decise di affiancare allo studio dei primati un’azione diretta: nacquero il programma pedagogico Roots & Shoots, il santuario Tchimpounga per gli orfani di bracconaggio e l’iniziativa Tacare, dedicata al ripristino degli ecosistemi tanzaniani coinvolgendo le comunità locali. Per Goodall la protezione ambientale è sempre stata inseparabile dallo sviluppo umano, motivo per cui ha destinato fondi alla costruzione di scuole, pozzi e centri sanitari nei villaggi limitrofi alle foreste.
Paradossalmente, ciò che l’ha resa celebre all’inizio fu l’ostinata volontà di sedersi, ore dopo ora, in silenzio, fino a quando un giovane maschio di scimpanzé, poi battezzato David Greybeard, non si avvicinò senza ostilità. Da quell’incontro scaturirono osservazioni destinate a ribaltare parecchi dogmi accademici: l’uso di bastoncini per estrarre termiti, la caccia cooperativa, complesse gerarchie sociali e persino atti di guerra fra gruppi rivali. La linea che separava Homo sapiens dagli altri animali apparve improvvisamente più sfumata, obbligando antropologi, filosofi e teologi a rivedere concezioni radicate. Goodall rifiutò di numerare i soggetti, preferendo chiamarli Fifi, Goliath o Flo, convinta che il riconoscimento dell’individualità fosse il primo passo per pretendere rispetto.
Dietro quella rivoluzione scientifica c’era l’infanzia di una bambina inglese che, pagina dopo pagina di Tarzan e Doctor Dolittle, immaginava di esplorare foreste lontane. Senza laurea in zoologia, Goodall si affidò alla tenacia e al supporto della madre Vanne, che nel 1960 la accompagnò in Tanzania per garantirle i permessi coloniali necessari. La giovane ricercatrice, allora ventiseienne, portò con sé solo un binocolo, un taccuino e l’umiltà di ascoltare la foresta prima di pretendere risposte. Quel coraggio, più che qualsiasi riconoscimento accademico, le aprì le porte della scienza internazionale, dimostrando che il metodo può nascere anche dall’intuizione.
Negli anni successivi la comunità globale ha restituito quel debito di riconoscenza con onorificenze che vanno dalla Medal of Freedom conferitale negli Stati Uniti, alla nomina a Dama dell’Impero Britannico, fino al grado di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Il segretario generale dell’ONU l’ha voluta Messaggero di Pace, mentre il mondo della cultura pop l’ha celebrata con una bambola prodotta in materiale riciclato. Nessun trofeo, però, l’ha mai distratta dalla necessità di proteggere gli scimpanzé in libertà; era solita dire che i premi hanno senso solo se aiutano a spostare l’attenzione del pubblico sulle emergenze ambientali.
La notizia della sua morte, giunta mentre stava per salire sul palco di un auditorium californiano, ha evocato l’immagine di una donna che non ha mai considerato il pensionamento un’opzione. A 85 anni accumulava ancora decine di voli intercontinentali, raccontando a ogni scalo la stessa storia: abbiamo tempo per cambiare rotta, ma dobbiamo iniziare adesso. Mercoledì mattina, il suo staff ha comunicato che si è spenta serenamente, circondata da pochi collaboratori e da pile di appunti sull’imminente discorso riguardante la biodiversità dei corridoi atlantici. Una fine coerente con il percorso di chi ha fatto dell’instancabile curiosità il proprio carburante quotidiano.
Raccontare la parabola di Jane Goodall per noi di Sbircia la Notizia Magazine significa riconoscere il valore di un giornalismo che non si limita a registrare i fatti, ma li connette a una visione condivisa di futuro. Dopo aver incrociato le testimonianze provenienti dal Gombe Stream National Park e dai centri metropolitani dove il suo pensiero riecheggia, confermiamo che l’eredità lasciata da questa scienziata non si misura soltanto in articoli accademici, bensì in milioni di coscienze risvegliate. Ogni lettore, oggi, si trova davanti a una scelta: continuare su una via di consumo acritico o abbracciare il modello di empatia attiva promosso da Goodall.
Curiosità dal pubblico
Qual è la scoperta che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere gli scimpanzé? Fra le tante osservazioni di Jane Goodall, l’uso di ramoscelli trasformati in veri e propri utensili è stato probabilmente il tassello decisivo. Dimostrò che anche i primati non umani sanno modificare l’ambiente per trarne vantaggio, qualità che fino ad allora si riteneva esclusivamente umana. A distanza di decenni, quella constatazione continua a essere citata nei corsi universitari, nei dibattiti etici e nei documentari, aprendo scenari di ricerca sul linguaggio, sulla cultura animale e sulle origini dell’intelligenza collettiva, ancora oggi irrinunciabile.
In che modo possiamo proseguire concretamente la sua eredità? Goodall sosteneva che la prima forma di attivismo risiede nelle scelte quotidiane: ridurre il consumo di carne, privilegiare prodotti provenienti da filiere trasparenti, limitare gli sprechi. Invitava soprattutto i giovani a partecipare a programmi di volontariato locali, a coltivare alberi nativi e a promuovere l’educazione ambientale nelle scuole. La sua visione si fondava sul concetto di responsabilità diffusa: ognuno di noi, con gesti apparentemente minimi, contribuisce a tessere la rete di cura che mantiene vivo l’ecosistema globale, in ogni stagione.
Perché Sbircia la Notizia Magazine considera Goodall un modello imprescindibile di giornalismo scientifico? Il nostro lavoro si fonda sull’idea che l’informazione debba promuovere consapevolezza, non semplice consumo di dati. Goodall ha incarnato la stessa filosofia: ha unito rigore metodologico, narrazione accessibile e spinta etica, mostrando come la conoscenza divenga realmente utile solo quando dialoga con le emozioni collettive. Riferirsi alla sua biografia ci ricorda di verificare ogni fonte – motivo per cui collaboriamo con Adnkronos – e di restituire al lettore una storia che possa ispirarlo ad agire, anziché lasciarlo spettatore passivo, consueto.
Guardare oltre la chioma degli alberi
Quando l’eco delle commemorazioni si sarà affievolita, rimarrà la domanda che Goodall poneva a ogni platea: “Cosa farai tu, oggi, per fare la differenza?” Noi di Sbircia la Notizia Magazine ci assumiamo l’impegno di continuare a illuminare – con la collaborazione di Adnkronos – le storie che rivelano le connessioni tra specie, culture e responsabilità condivise. Perché se una ricercatrice partita senza titoli accademici è riuscita a cambiare il modo in cui l’umanità guarda se stessa, significa che ciascuno può contribuire a scrivere un capitolo di speranza, purché abbia il coraggio di ascoltare il silenzio della foresta.
