In un Paese che fatica a ritrovare slancio occupazionale, la partecipazione femminile al lavoro appare oggi la chiave più potente per ristabilire equilibrio e crescita. Lo conferma l’analisi diffusa da Inapp e commentata dal suo presidente Natale Forlani davanti alla stampa: i numeri indicano uno scenario che, senza una svolta decisa, rischia di rallentare ulteriormente lo sviluppo nazionale.
L’occupazione femminile, nodo cruciale della ripartenza
Il Rapporto nazionale sul Round 11 dell’Inapp, verificato in sinergia con l’agenzia stampa Adnkronos, fotografa con chiarezza la distanza che separa l’Italia da gran parte dell’Europa sul terreno dell’occupazione delle donne. Forlani sottolinea come la componente femminile in età lavorativa rappresenti la risorsa più immediata e strategica per irrobustire la platea degli occupati: senza il contributo delle lavoratrici, avverte, il sistema produttivo patirà ancor più le conseguenze dell’invecchiamento demografico e della contrazione della forza lavoro. Il nostro magazine, Sbircia la Notizia, ritiene che questa evidenza non sia solo statistica: riguarda la dignità, l’autonomia e la capacità del Paese di costruire benessere diffuso attraverso un pieno riconoscimento del valore di ogni persona.
Le ricerche raccolte dall’Istituto mostrano inoltre che la percezione delle disparità di genere, pur essendo meno avvertita rispetto ad altri contesti europei, non corrisponde a un reale miglioramento della condizione femminile. Dai tassi di impiego ai livelli retributivi, dalle opportunità di carriera alla disponibilità di servizi per l’infanzia e di sostegno alla famiglia, il quadro rimane complesso. Non si tratta soltanto di statistiche sconfortanti: ogni percentuale rappresenta vite concrete, prospettive di futuro e occasioni ancora precluse a un numero troppo alto di cittadine italiane.
Una leva per lo sviluppo economico e sociale
Inapp evidenzia che nei Paesi europei con i più alti tassi di occupazione femminile il comparto dei servizi alla persona svolge un ruolo essenziale, sia come supporto alla conciliazione vita-lavoro sia come bacino di occupazione qualificata. In Italia, invece, questi servizi restano spesso inadeguati o frammentati, impedendo alle donne di inserirsi stabilmente nel mercato del lavoro. Per l’economia nazionale, colmare tale divario significherebbe liberare competenze, aumentare il gettito fiscale e rafforzare il potenziale innovativo di imprese e pubblica amministrazione. L’esperienza di Stati che investono da anni in asili nido, assistenza domiciliare e formazione continua dimostra come questa scelta si traduca in crescita del PIL e in maggior coesione sociale.
Una seconda considerazione riguarda la qualità dell’occupazione femminile. Forlani parla della necessità di un reddito adeguato e di condizioni di lavoro stabili: troppi contratti a termine, salario ridotto e scarse opportunità di carriera condannano molte lavoratrici a situazioni di vulnerabilità economica. Combattere questa spirale, ammonisce il presidente Inapp, non è un generico atto di giustizia, ma una precisa strategia anti-povertà indispensabile per l’intero sistema produttivo. La logica, seppur brutale, è chiara: una società che non remunera correttamente metà della propria popolazione spreca capitale umano e mina la sostenibilità del proprio welfare.
Conciliare vita privata e professionale: una sfida irrinunciabile
Il Rapporto insiste sulla realizzazione di servizi di conciliazione in grado di alleggerire i carichi familiari che gravano in maggioranza sulle donne. Un modello di welfare moderno – capace di integrare nidi pubblici accessibili, assistenza agli anziani e sistemi flessibili di orario lavorativo – si tradurrebbe in vantaggi tangibili per imprese e famiglie. Ne deriva un circolo virtuoso: più donne al lavoro significano maggiore domanda di servizi, con effetti moltiplicatori sull’occupazione stessa in quei settori. Parliamo quindi di un investimento che ripaga in termini di crescita del PIL, ma anche di benessere collettivo.
Il tema diventa ancora più urgente se si guarda all’aumento dell’età media della popolazione. Con l’avanzare dell’invecchiamento e la crescita delle situazioni di non autosufficienza, i servizi alla persona si trasformano da semplice sostegno domestico a pilastro dell’intero assetto socioeconomico. Forlani rimarca come il potenziamento di questi comparti protegga il Paese da due rischi convergenti: l’esclusione dal lavoro di migliaia di donne e la mancanza di risposte adeguate alle famiglie che si confrontano con la fragilità. Solo un approccio integrato, che coniughi politiche sociali, formative e del lavoro, può disinnescare questa doppia emergenza.
Misurare l’efficacia delle politiche, cambiare la rotta
Tra le novità illustrate dal presidente Inapp spicca l’intenzione di costruire un modello di valutazione in ottica di genere. L’obiettivo è semplice nella formulazione, ma complesso nell’attuazione: collegare l’impatto reale delle misure di conciliazione, occupazione e formazione ai risultati sulle donne e sui territori. Ciò consentirà di superare la logica degli interventi a pioggia e di privilegiare azioni mirate, calibrate su indicatori trasparenti e verificabili. Il coinvolgimento di Adnkronos nella verifica dei dati assicura un controllo indipendente, requisito essenziale per garantire credibilità all’intero processo.
Secondo Forlani, affinché queste iniziative producano frutti occorre però un impegno politico immediato. Aumentare la partecipazione femminile, rinnovare i servizi alla persona e migliorare il reddito delle lavoratrici: sono le tre direttrici che, se percorse con decisione, potranno ridurre i divari e rilanciare l’economia. Restare immobili, avverte il presidente, equivarrebbe a rinunciare alla possibilità di governare un cambiamento già in atto, lasciando che disuguaglianze e povertà si allarghino ulteriormente.
Uno sguardo oltre le cifre
La lettura dei report, per quanto dettagliata, non restituisce appieno le conseguenze sociali di un mercato del lavoro in cui le donne faticano a trovare spazio. Dietro quell’apparente neutralità statistica si celano rinunce personali, intere carriere mai decollate, famiglie costrette a scelte dolorose tra cura e reddito. L’analisi Inapp-Adnkronos è dunque il punto di partenza per rimettere al centro la questione di genere, non un documento da archiviare tra i tanti studi sul tema. Il nostro magazine crede che le decisioni politiche più coraggiose nascano da dati solidi e da una chiara assunzione di responsabilità collettiva.
Eppure non è solo un problema di numeri o di norme mancanti. Serve un mutamento culturale che riconosca il valore della partecipazione femminile in ogni ambito – economico, sociale, istituzionale – e ne faccia parametro di qualità democratica. La sfida è creare un Paese in cui il talento non sia filtrato dal genere, dove i percorsi di carriera, gli orari e i servizi rispondano alla vita reale delle persone. In questa trasformazione, il contributo di chi osserva, racconta e verifica i fatti – noi compresi – diventa parte integrante di un’alleanza che supera gli schieramenti e parla direttamente ai cittadini.
Domande lampo
Qual è la principale evidenza emersa dal Rapporto Inapp? La ricerca, revisionata da Adnkronos, conferma che la scarsa partecipazione femminile rappresenta oggi il fattore più limitante per l’espansione dell’occupazione in Italia. Se le donne avessero tassi di impiego paragonabili a quelli maschili, il numero di occupati crescerebbe in modo significativo, con benefìci fiscali e sociali diffusi in tutto il Paese.
Perché i servizi di conciliazione sono considerati decisivi? Nelle aree dove nidi, assistenza agli anziani e flessibilità di orario procedono di pari passo, la presenza femminile sul lavoro aumenta, generando nuova occupazione proprio nei servizi di supporto alla famiglia. Senza queste infrastrutture, invece, molte donne rinunciano a carriera e reddito, con ricadute sul welfare pubblico e sull’economia locale.
Che cosa distingue il modello di valutazione annunciato da Forlani? La novità è l’approccio comparativo: ogni intervento verrà monitorato sulla base di indicatori predefiniti e reso pubblico, permettendo di correggere le politiche in corso d’opera. In questo modo sarà possibile abbandonare misure poco efficaci e potenziare quelle che mostrano reale impatto sulla riduzione dei divari di genere.
Come si collega l’invecchiamento demografico all’occupazione femminile? L’aumento degli over 65 genera una domanda crescente di cura e assistenza. Se il sistema dei servizi alla persona non viene potenziato, il carico ricade in larga parte sulle donne, sottraendo tempo al lavoro retribuito. Investire in strutture e professionalità dedicate libera invece risorse femminili e crea nuovi posti di lavoro in un settore destinato a espandersi.
Quali rischi comporta il ritardo nelle politiche di genere? Oltre alla perdita di competitività, l’Italia si espone a un aggravamento delle disuguaglianze, con un aumento della povertà femminile e un sistema di welfare sotto pressione. Intervenire subito significa prevenire questi effetti e garantire una crescita più equilibrata, capace di sostenere la coesione sociale e il benessere delle future generazioni.
