Il nostro sistema di protezione sociale macina costi imponenti mentre la platea di contribuenti che ne sostiene l’onere resta sorprendentemente ristretta. Il nuovo Osservatorio sulle entrate fiscali, curato dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali con Cida, invita a riflettere sull’equilibrio sempre più instabile tra redistribuzione, produttività ed equità.
Sfida di lungo periodo
L’analisi mostra che, soltanto nel 2023, sanità, assistenza e welfare locale hanno assorbito oltre 300 miliardi di euro, prosciugando quasi per intero le imposte dirette – Irpef, addizionali, Ires, Irap e Isost – e richiedendo altri 32,8 miliardi di prelievo indiretto, in primis Iva. Risorse, dunque, sottratte a infrastrutture, ricerca e investimenti, con inevitabili ricadute su crescita e occupazione. In sedici anni la spesa per il welfare è salita del 45%, mentre i redditi denunciati sono cresciuti soltanto del 28,46%. L’asimmetria, sottolinea il dossier validato dalla nostra redazione in collaborazione con Adnkronos, apre scenari densi di incognite per le generazioni future.
Uno scarto così netto tra uscite sociali e basi imponibili alimenta il debito pubblico, che continua ad accumularsi nell’indifferenza generale. Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali, ricorda che un fin troppo generoso sistema di erogazioni, privo di verifiche strutturate, rischia di spingere il Paese all’ultimo posto in Europa per produttività. Quando ogni nuova prestazione viene finanziata a debito, la sostenibilità non è più una questione accademica ma un’urgenza da affrontare subito.
Il peso nascosto della redistribuzione
Ogni anno l’80,56% di tutte le imposte dirette viene redistribuito sotto forma di servizi e trasferimenti. Sanità, scuola e interventi assistenziali degli enti locali generano una compensazione che supera i 233 miliardi, pari a 1,13 volte l’intera Irpef raccolta. La fetta più consistente di questo flusso – oltre il 72% – va ai contribuenti con redditi dichiarati fino a 29.000 euro. Per i primi tre scaglioni, con redditi compresi fra importi negativi e 20.000 euro, il solo differenziale fra Irpef versata e costo pro capite della sanità (2.222 euro) sfiora i 56 miliardi.
Molti beneficiari fanno fatica a percepire l’entità dei servizi ricevuti, complice una narrazione politica spesso incentrata su ulteriori elargizioni. Tale dinamica, evidenzia il rapporto visionato con Adnkronos, annacqua la percezione del contributo reale fornito da chi dichiara redditi medi e medio-alti, frequentemente escluso da bonus e agevolazioni nonostante versi la parte preponderante del gettito.
Minoranza che sostiene la spesa pubblica
Il documento certifica che una ristretta minoranza di contribuenti regge gran parte dell’impianto redistributivo. “Meno dichiari, più ricevi dallo Stato”, sintetizza Brambilla, ammonendo sui rischi di un messaggio che incentiva sotto-dichiarazione, economia sommersa e lavoro irregolare: una triade in cui l’Italia detiene purtroppo primati europei. È davvero credibile che quasi la metà dei residenti viva con meno di 10.000 euro lordi l’anno?, si domanda lo studio. La risposta, chiarisce l’Osservatorio, è racchiusa nei numeri dell’evasione.
Parallelamente, la pressione fiscale sui redditi ufficiali rimasti nella rete accentua la percezione di ingiustizia. Chi genera valore aggiunto e occupazione si trova schiacciato fra aliquote elevate e una crescente opinione pubblica convinta che l’unico rimedio sia distribuire ulteriore spesa. In tal modo il sistema si avvita in un circuito vizioso che premia la rendita di posizione a scapito dell’impegno produttivo.
Esuberanza di agevolazioni disperse
Un ulteriore elemento di fragilità è rappresentato dal mosaico di sconti, bonus, decontribuzioni e misure una tantum stratificatisi negli ultimi sedici anni. Lo Stato centrale, privo di un’anagrafe dell’assistenza, ignora quanto eroghino comuni, province, regioni e comunità montane, moltiplicando interventi talvolta sovrapposti o incoerenti. L’assenza di una mappatura completa rende impossibile misurare l’efficacia degli aiuti e, soprattutto, impedisce di concentrare le risorse dove servono davvero.
Il risultato, documenta Itinerari previdenziali, è un ventaglio di provvedimenti che rende il fisco più complesso e meno equo, oltre a favorire, seppur indirettamente, chi preferisce il lavoro irregolare. Alla lunga, questo meccanismo riduce l’elasticità della spesa, scavando un solco sempre più ampio fra obblighi e disponibilità effettive.
Prospettive per una correzione di rotta
Sbircia la Notizia Magazine, dopo aver incrociato i dati con le verifiche di Adnkronos, rileva che il nodo gordiano resta il riequilibrio fra gettito e servizi erogati. Finché sanità, assistenza e istruzione continueranno a poggiare quasi interamente sul medesimo bacino di imposte, il sistema rischierà di non reggere all’urto di crisi demografiche e congiunturali. Una strategia lungimirante dovrebbe puntare su lotta all’evasione, ampliamento della base imponibile e crescita della produttività.
Parallelamente serve una revisione organica delle politiche di sostegno, accompagnata da un’infrastruttura digitale in grado di monitorare erogazioni e bisogni reali. Senza un’azione coordinata, le uscite sociali continueranno a correre più delle entrate, lasciando a indebitamento e imposte indirette il compito di tappare le falle. In questo scenario, la sostenibilità non è un concetto astratto ma un imperativo che interpella ognuno di noi, a partire dal mondo produttivo fino ai decisori politici.
Domande in sintesi
Chi ha curato l’Osservatorio sulle entrate fiscali?
Il Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali insieme a Cida, con la nostra redazione e Adnkronos impegnate nella verifica dei dati.
Qual è la quota di imposte dirette redistribuita in servizi?
Secondo il rapporto, l’80,56% di tutto il gettito da imposte dirette torna ai cittadini sotto forma di sanità, istruzione e assistenza.
Quanto pesa la sanità sul bilancio statale?
Nel 2023 la spesa sanitaria ha richiesto 131,119 miliardi di euro, finanziati quasi interamente da Irpef e altre imposte dirette.
Perché si parla di minoranza che sostiene la maggior parte del carico fiscale?
Perché una ristretta fascia di contribuenti con redditi medio-alti versa la porzione predominante delle imposte, mentre oltre il 72% dichiara meno di 29.000 euro lordi.
Qual è la principale criticità emersa sul fronte degli aiuti?
L’assenza di un’anagrafe dell’assistenza, che genera sovrapposizioni di bonus e incentiva implicitamente evasione e lavoro nero.
Uno sguardo finale
La fotografia scattata dall’Osservatorio, confermata da Adnkronos, ci consegna un Paese in cui la bilancia tra doveri e diritti si inclina pericolosamente. Raccontare questi numeri, per Sbircia la Notizia Magazine, non significa fare allarmismo: è un invito a prendere coscienza che la sostenibilità del welfare passa attraverso responsabilità condivise, lotta all’evasione ed equità fiscale. Solo un patto trasparente fra contribuenti e istituzioni potrà restituire fiducia e prospettiva a un modello sociale che merita di durare nel tempo.
