Al Teatro Serra, cuore pulsante di Fuorigrotta, tutto è pronto per la sfida finale del Premio “Serra-Campi Flegrei”: l’appuntamento del 6 ottobre promette di accendere il palco con otto voci decise a conquistare pubblico e giuria attraverso la forza del monologo.
La cornice partenopea che ospita la finale
Il sipario del Teatro Serra, situato in via Diocleziano 316 nel cuore di Fuorigrotta, si aprirà lunedì 6 ottobre alle 21:00 per l’epilogo della quinta edizione del Premio “Serra-Campi Flegrei”. L’iniziativa, sostenuta dal Comune di Napoli, trasforma la sala in un punto d’incontro tra pubblico e artisti che condividono la passione per il monologo teatrale. In un quartiere abituato al fermento universitario e sportivo, l’evento aggiunge un tassello culturale essenziale, confermando quanto la scena partenopea sappia farsi catalizzatrice di energie creative provenienti da tutta Italia.
Per chi desidera assistere alla serata la biglietteria sarà attiva a partire dalle 20:15 nella hall del teatro; è consigliata la prenotazione tramite e-mail all’indirizzo teatroserra@gmail.com o chiamando il numero 347.8051793. La struttura, facilmente raggiungibile con la Cumana e le principali linee di autobus, garantisce l’accesso a persone con mobilità ridotta. L’obiettivo dichiarato degli organizzatori è rendere l’arte un punto di aggregazione quotidiano, abbattendo le barriere economiche e fisiche che talvolta allontanano il pubblico dai palcoscenici presenti nella città partenopea.
Un osservatorio sulla nuova drammaturgia contemporanea
Da cinque anni il premio si presenta come un vero e proprio laboratorio, un’antenna che intercetta le mutazioni del linguaggio scenico e le restituisce in forma di monologhi capaci di interrogare il pubblico su temi urgentissimi. Dalla fragilità dei rapporti familiari alla forza liberatoria dell’amore, dalle ferite della malattia all’emancipazione femminile, fino alle tensioni irrisolte della questione palestinese e al peso ingombrante della memoria privata e collettiva, gli autori e gli interpreti finalisti elaborano voci diverse ma accomunate da una stessa urgenza: scrutare il presente per superarne le contraddizioni.
Il monologo, infatti, impone un confronto diretto e senza filtri con lo spettatore: l’interprete diventa narratore, personaggio e scenografo al tempo stesso, mentre la parola si fa architettura emotiva. Proprio questa natura ibrida attira il Premio “Serra-Campi Flegrei”, che fin dalla prima edizione invita autori e attori a misurarsi con testi essenziali, capaci di abitare lo spazio con la sola forza del racconto e di riaffermare l’importanza del contatto umano in un’epoca dominata da schermi e velocità tecnologica inarrestabile e spesso disorientante.
Artisti in gara: un mosaico di storie e sensibilità
In finale sono approdati otto talenti provenienti da varie regioni italiane, divisi equamente tra la sezione “Attori” e quella dedicata agli “Autori”. Ciascuno di loro porterà sul palco una propria visione del monologo, intrecciando parole e corpo in un dialogo serrato con lo spettatore. Alcuni interpreteranno testi di drammaturghi già affermati, altri esporranno pagine di propria creazione; altri ancora, assumendo insieme il ruolo di interprete e autore, si faranno carico dell’intero processo creativo. Ne risulta un caleidoscopio di poetiche, toni e urgenze narrative che riflette la vivacità della scena emergente.
Dietro le quinte i finalisti condividono un’atmosfera di complicità e tensione positiva: c’è chi ripassa il testo sussurrando, chi prova la modulazione di una risata, chi ascolta la playlist che lo mantiene concentrato. Tutti, però, si confrontano con lo stesso banco di prova: reggere la scena in solitudine. Nessun cambio di luce o controcanto può salvare un monologo che non nasca da dentro; per questo il lavoro sul respiro, sulla postura e sulla sincerità emotiva si trasforma in un allenamento quasi atletico, capace di unire discipline diverse sotto la bandiera della parola detta.
Sezione Attori: interpretazioni che scavano nell’animo
La prima categoria vede in cima alla locandina Carolina Infante, impegnata nell’intenso epilogo di “Anna Cappelli” di Annibale Ruccello, un classico della drammaturgia campana capace di far brillare le sfumature più torbide della solitudine. Accanto a lei Stefania Palumbo affronta “Andrà tutto bene”, testo firmato da Emanuela Fanelli e Micol Pavoncello che fonde malattia e dinamiche familiari in una miscela di tenerezza e disincanto. Chiude la rosa Tonya Porzio con “Margherita” della drammaturga Maria Porzio, racconto di violenza subita e rinascita personale che risuona come un grido di autodeterminazione.
Pur affrontando testi diversissimi, le tre attrici condividono un denominatore comune: la fiducia cieca nella parola come bussola esistenziale. Hanno lavorato mesi sulla musicalità dei silenzi, sul ritmo interno del testo e sulla gestione dello spazio scenico, ridotto all’essenziale: poche sedie, qualche oggetto, la luce che scolpisce i volti. Il loro obiettivo non è imitare, ma incarnare le storie di Anna, di una figlia accanto alla madre malata e di una donna sopravvissuta alla violenza, restituendo al pubblico la complessità di emozioni che abitano l’intimità femminile.
Sezione Autori: testi che interrogano il presente
Il percorso della sezione dedicata alla scrittura inedita si apre con Valentina Fantasia e il suo “Questo muro è costruito sul mio cuore”, un atto unico che dà voce al quotidiano in Cisgiordania e alle fratture intime che la separazione territoriale produce. Sulla stessa linea di critica sociale si colloca Carlotta Carpentieri con “Mama coca”, tragicommedia in forma di flusso di coscienza che smaschera le nevrosi di una società sempre più immateriale e digitale. A bilanciare, tre artisti impegnati insieme nella scrittura e nell’interpretazione: Solène Bresciani in “Confessioni sospese”, viaggio interiore sulle orme di Alfonsina Storni; Myiriam Nissim con la commedia nera “Open windows”, dedicata a una decisione estrema; e Andrea Taronna, autore di “Ranocchio”, ironica confessione su timidezza, vita e sentimenti.
Ciò che accomuna i cinque lavori è la volontà di sovvertire le aspettative: qui la scrittura non si limita a descrivere, ma diventa strumento di resistenza civile o di confessione personale. Non a caso molti testi adottano strutture non lineari, spingendo lo spettatore a ricomporre i frammenti narrativi come in un puzzle. Il risultato è un teatro che rifiuta l’evasione fine a se stessa e chiede partecipazione critica, un teatro che cerca il pubblico non per essere applaudito, bensì per essere discusso.
Giuria, premi e orizzonti futuri
Le performance saranno giudicate da una Giuria Onoraria composta da professionisti dello spettacolo, critici e giornalisti, presieduta da Luisa Guarro. Accanto a lei siederanno Cristiano Esposito, Fabiana Fazio, Salvatore Felaco, Sara Missaglia, Edgardo Bellini, Giuseppe Borrone, Maurizio Capezza e Tania Sabatino. Il loro compito andrà oltre la semplice valutazione tecnica: dovranno cogliere l’originalità della scrittura, la capacità interpretativa e la coerenza fra gesto e parola. Ogni voto, ogni sguardo, ogni appunto contribuirà a tracciare il futuro artistico dei concorrenti, confermando l’importanza di un confronto diretto fra generazioni teatrali.
Trend emergente delle passate edizioni, il dialogo tra generazioni si concretizza anche nei riconoscimenti messi in palio: oltre ai 500 euro destinati ai vincitori di ciascuna sezione, è previsto un Premio Speciale che assicurerà a uno dei finalisti un posto nel cartellone del Centro Culturale Artemia di Roma. Un traguardo che può tradursi in tournée, nuove collaborazioni e visibilità nazionale. Investire in produzione e circuitazione è la sfida più urgente per il teatro contemporaneo, e questo premio tenta di offrire un piccolo ma concreto passo in quella direzione.
La visione dei direttori artistici
Alla vigilia della finale, i due direttori artistici, Pietro Tammaro e Mauro Palumbo, hanno ricordato la natura “quotidiana e condivisa” del teatro e la sua capacità di parlare contemporaneamente al territorio e al mondo. «Il teatro è un’esperienza radicata in un tempo e in un luogo, ma sa spingersi oltre quei confini», hanno dichiarato, sottolineando come il Premio “Serra-Campi Flegrei” nasca proprio dalla volontà di tenere aperto un dialogo costante tra comunità, autori e interpreti che ogni anno si rinforza ulteriormente.
Guardando al futuro, Tammaro e Palumbo puntano a consolidare il percorso di scouting: workshop, residenze di scrittura e progetti in collaborazione con le scuole superiori di Napoli sono le prossime tappe in cantiere. L’obiettivo è rendere stabile un ponte fra la creatività che nasce nei quartieri e i palcoscenici nazionali, dimostrando che l’innovazione non è privilegio dei grandi centri di produzione ma può germogliare ovunque vi sia passione. Il vero premio, sostengono, «sarà vedere questi giovani continuare a rischiare e a crescere sulle tavole di legno che tanto amiamo».
