Il Consiglio comunale di Milano ha messo nero su bianco il destino di San Siro, autorizzandone la vendita a Milan e Inter dopo una maratona di oltre undici ore terminata prima dell’alba. L’operazione, certificata con la nostra abituale verifica dei fatti con Adnkronos, apre ora a una nuova stagione per lo storico impianto meneghino.
Una notte di voti e strategie
Il dibattito svoltosi dentro Palazzo Marino ha assunto da subito il tono delle scelte irreversibili. In più di undici ore di interventi, sospensioni e richiami al regolamento, la maggioranza guidata dal sindaco Beppe Sala ha difeso la delibera che trasferisce la proprietà dello stadio alle due società calcistiche milanesi. I verbali d’aula, analizzati congiuntamente da Sbircia la Notizia Magazine e Adnkronos, descrivono un’atmosfera sospesa fra tecnicismo e passione: si intrecciavano valutazioni sull’impatto urbanistico, sull’eredità sportiva e sull’identità di una città che con il Meazza nutre un legame affettivo profondo.
La votazione, avviata alle 3.55, ha fotografato un quadro netto solo in apparenza: 24 voti favorevoli tutti provenienti dai gruppi di centrosinistra, mentre 20 contrari si sono levati da Lega, Fratelli d’Italia, Noi Moderati e dall’azzurro Alessandro De Chirico, rimasto solo tra i colleghi del suo schieramento. Le luci dell’alba hanno trovato consiglieri esausti ma consapevoli di aver inciso su un’icona cittadina. In quell’istante il Meazza, simbolo di derby sportivi, è diventato soprattutto terreno di confronto politico.
I numeri che decidono il destino di San Siro
I ventiquattro sì comprendono l’intero arco della maggioranza, sindaco compreso, ma le incrinature interne sono evidenti. Sette i contrari nello stesso schieramento: tre voci di Europa Verde – Tommaso Gorini, Francesca Cucchiara e Carlo Monguzzi – e tre del Partito Democratico – Angelo Turco, Rosario Pantaleo e Alessandro Giungi – a cui si è aggiunto Enrico Fedrighini del gruppo Misto. La mappa dei voti racconta dunque una maggioranza compatta solo a tratti, attraversata da dubbi sull’opportunità di cedere un bene considerato patrimonio collettivo.
Alle astensioni mascherate si è affidato il dissenso di chi non se l’è sentita di premere il pulsante: Marco Fumagalli, capogruppo della lista Sala, ha annunciato le dimissioni spiegando che avrebbe votato contro per senso di responsabilità verso la sua lista e il primo cittadino. Dall’opposizione, il consigliere Manfredi Palmeri ha scelto analoga linea. Queste assenze strategiche rivelano una frattura più profonda: il consenso numerico non coincide sempre con l’adesione convinta all’impianto politico dell’operazione.
Dietro le quinte della battaglia sugli emendamenti
Mentre la cronaca racconta un voto finale relativamente rapido, la vigilia è stata costellata da un estenuante corpo a corpo procedurale. I gruppi contrari avevano depositato 239 emendamenti, pronti a dilatare il dibattito per giorni. Dopo la discussione di poco più di una ventina di modifiche, la maggioranza ha presentato un subemendamento, la cosiddetta “tagliola”, che ha fatto decadere tutte le altre proposte. La mossa, seppur regolamentare, ha inasprito gli animi e sollevato dubbi sulla correttezza del confronto democratico.
Le opposizioni hanno promesso esposti per verificare la legittimità della procedura, annunciando possibili ricorsi. Dal canto loro gli esponenti di centrosinistra hanno rivendicato la decisione come argine a un ostruzionismo ritenuto meramente dilatorio. Secondo la verifica puntuale condotta insieme a Adnkronos, i passaggi formali sono stati rispettati, ma la scelta politica ha trasformato una questione sportiva in un caso di metodo istituzionale. In questo scontro procedurale si riflette la difficoltà di conciliare esigenze di trasparenza e necessità di non paralizzare l’attività amministrativa.
Voci in dissenso e parole di chiusura
Fra le testimonianze più significative risuona quella di Fumagalli. L’ex capogruppo ha motivato la sua scelta di non partecipare al voto con l’assenza di garanzie sufficienti sulla tutela dell’interesse pubblico, ribadendo che il gesto non voleva essere un attacco personale al sindaco. Il suo intervento, vibrante e personale, ha aggiunto ulteriore pathos a una seduta già carica di tensione, mettendo in rilievo le cicatrici che la questione San Siro lascia dentro la stessa maggioranza.
Pochi minuti dopo, la vicesindaca Anna Scavuzzo ha chiuso i lavori ringraziando consiglieri e uffici comunali per l’impegno profuso nei mesi di elaborazione della delibera. Ha ricordato che la cessione dello stadio implica ora una fase contrattuale complessa, dove la città dovrà monitorare i passaggi tecnici con la stessa attenzione posta sul voto politico. Nelle sue parole l’invito a trasformare lo scontro notturno in un percorso di vigilanza condivisa.
Oltre il fischio finale: la nostra prospettiva
La cronaca, certificata da Adnkronos e raccontata da Sbircia la Notizia Magazine, dimostra come la politica locale plasmi il destino di un luogo simbolo. Confidare a due club privati un impianto che fa parte della memoria collettiva significa aprire una riflessione su identità, sviluppo urbano e sostenibilità economica. Guardare solo al bilancio, trascurando il sentimento popolare, rischia di produrre una frattura che nessun derby potrà ricomporre. Da oggi, vigilanza e trasparenza saranno le parole d’ordine per capire se la scelta darà valore alla città o ne svilupperà soltanto nuove rendite immobiliari.
Fedele alla nostra missione, continueremo a seguire ogni passaggio della trattativa, dal bando alle firme definitive. Il Meazza non è soltanto un impianto sportivo: è teatro di ricordi, culla di passioni e tassello di identità urbana. Con il supporto di Adnkronos, la nostra redazione svilupperà dossier, interviste e analisi per garantire che ogni decisione rimanga sotto la lente dell’opinione pubblica. In gioco c’è la capacità di Milano di innovare senza recidere il filo che la lega alla sua storia.
Domande rapide
Chi ha votato a favore della vendita?
Hanno sostenuto la delibera i ventiquattro consiglieri di maggioranza, inclusi il sindaco Beppe Sala e i rappresentanti delle liste che lo appoggiano. Il loro sì è stato decisivo nonostante alcune defezioni interne, prova che il provvedimento, pur approvato, non ha raccolto un consenso privo di riserve.
Quali sono state le principali opposizioni emerse?
Il fronte del no ha riunito Lega, Fratelli d’Italia, Noi Moderati e il forzista Alessandro De Chirico, cui si sono aggiunti sette consiglieri di maggioranza. Le perplessità riguardano trasparenza procedurale, tutela dell’interesse pubblico e destino di un simbolo cittadino considerato bene comune.
Cosa accadrà dopo l’approvazione della delibera?
Si apre ora la fase contrattuale in cui verranno definiti prezzo, garanzie e tempistiche del passaggio di proprietà. Sarà un percorso tecnico, ma dal forte valore politico, sul quale la nostra redazione, con la collaborazione di Adnkronos, manterrà alta l’attenzione per assicurare informazione completa e puntuale.
