Una comunità accademica, il mondo dell’informazione e la società civile si danno appuntamento in Capitanata per interrogarsi sul linguaggio con cui i media raccontano e formano l’opinione pubblica: il 20 ottobre al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia e il 21 ottobre 2025 a Vieste va in scena il Festival “Le Giuste Parole”.
Una riflessione sulle parole che informano
Il Festival nasce nell’ambito del progetto Zona Franca, sostenuto da Fondazione Con il Sud e promosso dalla cooperativa sociale Il Filo d’Arianna, in sinergia con la cattedra di Didattica e pedagogia speciale della prof.ssa Giusi Antonia Toto. L’obiettivo dichiarato è mettere sotto la lente d’ingrandimento il linguaggio dell’informazione, evidenziandone possibili derive discriminatorie, sessiste o stigmatizzanti. Attraverso un programma che intreccia teoria e pratica, l’iniziativa vuole stimolare un confronto critico capace di tradursi in linee guida condivise, utili a orientare le scelte lessicali di chi, ogni giorno, ha il potere di raccontare i fatti. Il tema diventa così punto di partenza per una riflessione collettiva sul ruolo che le parole giocano nella costruzione dei pregiudizi o, al contrario, nell’apertura a narrazioni inclusive.
La due giorni si colloca in un territorio che da tempo sperimenta progettualità sociali e culturali, e prende forma in un contesto accademico d’eccellenza. La sede foggiana ospiterà masterclass, workshop e laboratori accreditati dall’Ordine dei Giornalisti, validi per l’aggiornamento professionale e il riconoscimento di crediti formativi. In questo modo, studenti e professionisti potranno confrontarsi ad armi pari, intrecciando saperi teorici e casi pratici. Il dialogo tra generazioni e competenze differenti diventa il motore di un processo che ambisce a superare gli steccati disciplinari, rendendo concreta la possibilità di un giornalismo etico, rispettoso e attento alle sfumature delle differenze di genere, di provenienza e di condizioni personali.
Due giornate per cambiare la narrazione
Il 20 e il 21 ottobre si susseguiranno incontri con studiosi, docenti e professionisti della comunicazione. Sul palco si alterneranno voci autorevoli come Leonardo Palmisano, Benedetta De Luca, Andrea Criscenti, Mauro Denigris, Vera Gheno, Stefania Troiano, Toni Mira, Michele Pennetti e Fabio Gervasio. I loro contributi spazieranno dall’analisi degli stereotipi di genere all’impatto sociale della disinformazione, passando per la responsabilità etica di chi produce contenuti editoriali. Ogni intervento sarà concepito come tassello di un mosaico volto a evidenziare l’importanza di un lessico più attento e consapevole, capace di valorizzare la dignità della persona prima ancora della notizia.
Non mancherà un laboratorio partecipativo dedicato alla stesura delle future linee guida: una sessione di sintesi che vedrà coinvolti relatori e partecipanti nella redazione di un documento condiviso. In quel momento, la teoria incontrerà la prassi, trasformando le riflessioni in impegni concreti per la professione giornalistica. L’idea è che ognuno, dal reporter al social media manager, possa uscire dall’appuntamento con strumenti operativi e una rinnovata consapevolezza. Il Festival, così concepito, si fa ponte fra formazione e azione, proponendosi di lasciare un’eredità tangibile al di là delle date in calendario.
Voci, competenze e obiettivi condivisi
A sottolineare il senso profondo dell’iniziativa interviene la presidente della cooperativa Il Filo d’Arianna, Barbara Patetta. Ella ricorda come, da anni, l’organizzazione lavori per smantellare narrazioni tossiche e promuovere una comunicazione priva di stereotipi, specie quando si affrontano temi delicati quali violenza di genere, molestie, discriminazioni e femminicidi. Per Patetta, il Festival diventa occasione per far emergere esperienze eterogenee, competenze multiple e prospettive differenti, tutte orientate a trasformare il linguaggio in uno strumento di rispetto delle diversità. L’incontro con professionisti e studiosi, in quest’ottica, rappresenta il passo necessario verso un’informazione che sappia tradurre la complessità in narrazione equilibrata.
Chiude il cerchio la riflessione della prof.ssa Giusi Antonia Toto, coordinatrice scientifica del Laboratorio di Scienze dell’Apprendimento che sostiene il Festival. Per la docente, restituire centralità al linguaggio significa dare nuovo slancio alla sua funzione educativa, culturale e sociale. Formare chi comunica vuol dire incidere direttamente sulle modalità con cui la società percepisce le differenze e costruisce inclusione. Con “Le Giuste Parole”, l’obiettivo è aprire un laboratorio permanente di consapevolezza e responsabilità, affinché la parola, una volta sottratta a logiche di polarizzazione e discriminazione, torni a essere strumento di comprensione reciproca e progresso collettivo.
