Per quasi due giorni l’Afghanistan resta avvolto da un silenzio digitale assoluto: le connessioni Internet e parte dei servizi telefonici si sono improvvisamente interrotte, isolando 43 milioni di persone dal resto del mondo.
Connessioni spente e voci nell’ombra
Da quarantotto ore nelle case, nei mercati e negli uffici di Kabul e di molte altre città afghane i modem lampeggiano invano. Il blackout è arrivato senza un annuncio ufficiale, ma si è diffuso in modo progressivo all’alba di due giorni fa: prima la navigazione web ha cominciato a rallentare, poi si sono fermate le chiamate VoIP e infine i telefoni cellulari hanno perso il segnale dati. Il risultato è un vuoto di comunicazione che spezza le relazioni familiari, blocca i flussi di notizie e ferma la circolazione di informazioni vitali.
Nostri contatti civili sul territorio riferiscono che l’interruzione non riguarda soltanto la rete domestica: le sale server degli operatori sono state spente, i cavi in fibra ottica risultano inattivi e i ponti radio che collegano le province del nord con il resto del Paese tacciono. In assenza della rete, persino le procedure aeroportuali hanno subìto ripercussioni: alcuni voli in partenza e in arrivo nella capitale sono stati cancellati, mentre le agenzie di viaggio non possono verificare in tempo reale i piani di imbarco. Il caos logistico cresce di ora in ora.
Impatti economici e sociali di un clic mancante
Il vuoto digitale ha immediatamente colpito il mondo degli affari. Le piattaforme bancarie online, unico strumento rimasto alle imprese per trasferire fondi internazionalmente da quando le sanzioni hanno ridotto il contante circolante, non risultano raggiungibili. I pagamenti elettronici restano in sospeso, mentre i piccoli commercianti temono di non riuscire a rifornirsi di beni essenziali. Kandahar, Herat e le province rurali testimoniano la stessa paralisi: bancomat disattivati, terminali POS spenti, lunghe file davanti agli sportelli fisici che ancora operano sotto scorta armata.
Ma l’economia è solo una parte del problema: l’isolamento lacerante si avverte nelle famiglie divise dalla diaspora. Chi vive all’estero tenta senza successo di telefonare, di inviare un messaggio su applicazioni di chat cifrate o di caricare credito sui cellulari dei parenti rimasti in patria. Il silenzio che ne deriva viene percepito come un segnale di pericolo, alimentando ansia e senso d’impotenza. Secondo operatori umanitari, la comunicazione radio militare sembra l’unico canale ancora attivo, ma non è accessibile alla popolazione civile.
Il fronte talebano e la «moralità»
Il nuovo isolamento non giunge inatteso. Già nei mesi scorsi il governo guidato dai Talebani aveva avvertito che ogni forma di contenuto giudicato “contrario ai valori islamici” sarebbe stata repressa con fermezza. Quel monito, dapprima percepito come mera propaganda interna, si è trasformato ora in un blackout sistematico. Fonti di intelligence regionale, con cui Sbircia la Notizia Magazine ha potuto confrontarsi grazie alla collaborazione con Adnkronos, confermano che un comitato speciale sta valutando tecniche di filtraggio capillare del traffico dati.
Allo stesso tempo, funzionari provinciali non meglio identificati parlano dell’intenzione di creare un “sistema di connettività alternativo” dedicato ai servizi essenziali: sicurezza, sanità, finanza pubblica. La misura, spiegano, servirebbe a garantire il controllo totale su ciò che gli utenti possono o non possono vedere. Se si concretizzasse, Haibatullah Akhundzada – guida suprema del movimento – dimostrerebbe di voler sostituire Internet aperta con una rete domestica ritenuta più ‘pura’. Resta ignota però la reale fattibilità tecnica di un progetto simile in un territorio montuoso e carente di infrastrutture.
Una rete indebolita prima dell’oscurità
La stretta non è arrivata in un giorno. Da settimane, riferiscono testimoni, le prestazioni di banda larga erano peggiorate: video che non caricavano, pagine che si aprivano dopo minuti, picchi di latenza inspiegabili. Gli analisti di infrastrutture digitali, consultati da Sbircia la Notizia Magazine, hanno registrato una graduale disconnessione di più reti autonome, segno che l’operazione di spegnimento è stata pianificata con cura. Le prove di chiusura generale – commentano – sarebbero state effettuate provincia per provincia per testare la resistenza dell’opinione pubblica.
Nel contempo, nei palazzi governativi di Kabul avrebbe preso forma un gruppo di lavoro incaricato di catalogare siti, app mobili e persino contenuti in lingue straniere da bloccare. Ai provider internazionali è stato chiesto di consegnare dati sugli utenti, ma la richiesta è rimasta in parte senza risposta. Senza cooperazione tecnica dall’esterno, il blackout totale si è rivelato la strada più rapida per bloccare l’«immoralità» digitale. E così, con lo spegnimento dell’ultima dorsale, l’Afghanistan ha compiuto un salto indietro di oltre vent’anni.
Appelli internazionali e prospettive future
Le organizzazioni per i diritti umani lanciano l’allarme: l’opacità informativa apre la porta ad abusi impossibili da documentare. Una nota inviata alle redazioni – visionata da Sbircia la Notizia Magazine in collegamento con Adnkronos – parla di «conseguenze devastanti per l’accesso all’assistenza medica, all’educazione a distanza e alle reti di sostegno delle donne». Leader della diaspora afghana, intervenendo in spazi audio su un popolare social network, denunciano «un silenzio assordante» e invitano la comunità internazionale a trovare soluzioni di connettività satellitare che aggirino i blocchi.
All’orizzonte, tuttavia, restano più domande che risposte. Il Paese, già segnato da crisi economica ed isolamento politico, potrebbe trovarsi a gestire un’emergenza prolungata senza gli strumenti di coordinamento resi possibili dal web. Se la chiusura dovesse protrarsi, la migrazione ulteriore di competenze e capitali digitali appare inevitabile. Nel contempo, partner regionali osservano con preoccupazione: la stabilità dei confini e la lotta ai gruppi jihadisti richiedono un flusso costante di informazioni, non un deserto di linee mute. La pressione diplomatica potrebbe intensificarsi nei prossimi giorni.
Domande rapide
Cosa sappiamo con certezza sulla causa del blackout? In assenza di un comunicato ufficiale, gli elementi più solidi derivano da analisi tecniche indipendenti raccolte da Adnkronos e verificate con i nostri contatti sul campo, che rivelano una disattivazione simultanea di nodi Internet critici. Tutto lascia intendere che la decisione sia stata deliberata dalle autorità talebane come misura di controllo sociale, piuttosto che il risultato di un guasto infrastrutturale o di un attacco esterno. Al momento non emergono evidenze di sabotaggio da parte di gruppi armati.
Quali sono gli effetti immediati sulla popolazione civile? Le ripercussioni si avvertono soprattutto tra chi dipende dai trasferimenti di denaro delle famiglie all’estero, nei centri medici che trasmettono telemetria ai partner internazionali e negli istituti scolastici che avevano avviato programmi di didattica mista. Non potendo accedere a piattaforme di pagamento, migliaia di famiglie non riescono a comprare carburante né medicine. Ai bordi delle città si moltiplicano i generatori diesel, ma costano caro e inquinano l’aria, aggravando problemi sanitari già drammatici.
Che cosa può fare la comunità internazionale? Gli esperti raccomandano un approccio multilivello: pressione diplomatica presso gli Emirati dove transitano apparati di telecomunicazione diretti in Afghanistan, finanziamento di reti satellitari comunitarie che possano essere installate rapidamente da ONG autorizzate, e soprattutto sostegno economico ai giornalisti indipendenti costretti a operare dall’esilio. Il timore di interferenze geopolitiche rende i Paesi confinanti restii a intervenire apertamente, ma gli accordi di cooperazione regionale sulla sicurezza potrebbero offrire un canale formale per chiedere la riattivazione dei servizi essenziali.
Il nostro sguardo avanti
La chiusura della Rete in Afghanistan ci ricorda quanto fragile sia il diritto alla comunicazione in un’epoca in cui, altrove, diamo per scontato lo streaming in alta definizione e i pagamenti con un tocco. Sbircia la Notizia Magazine, in partnership con Adnkronos, continuerà a verificare ogni novità proveniente da fonti attendibili, senza cedere alle narrazioni semplificate. Dare voce a chi non ne ha più, proprio quando il silenzio rischia di avvolgere tutto, è la ragione stessa del nostro lavoro giornalistico.
