Con le urne chiuse alle 15, lo scrutinio regionale marchigiano ha preso il via sotto lo sguardo attento di scrutatori, rappresentanti di lista e cittadini, tutti consapevoli che da queste schede dipende la guida politica dei prossimi cinque anni.
Affluenza in calo e fotografia dei seggi
La fotografia dell’affluenza scattata a conclusione della consultazione regionale restituisce un quadro netto: la percentuale dei votanti si è fermata al 50,01%, oltre nove punti in meno rispetto al 59,75% registrato nella precedente tornata del 2022. In valori assoluti hanno depositato la scheda nell’urna 662.845 marchigiani, un numero che, seppure significativo, sottolinea un minore coinvolgimento. Nei 1.572 seggi disseminati nei 227 Comuni del territorio, l’attività degli scrutatori è cominciata senza ritardi, mentre fuori dai plessi gli osservatori cercavano già di decifrare il segnale politico che un’affluenza in calo inevitabilmente lancia, soprattutto alla luce di una campagna elettorale condotta con toni accesi ma, evidentemente, non capace di attirare la totalità dell’elettorato potenziale.
All’interno di tale quadro complessivo emergono differenze territoriali significative. La circoscrizione con la partecipazione più alta è stata Pesaro e Urbino, dove il 52,38% degli aventi diritto si è recato alle urne, seguita da Fermo con il 51,22% e da Ancona che ha raggiunto il 50,41%. Sopra la soglia del 48%, ma comunque sotto la media regionale precedente, si collocano Ascoli Piceno con il 48,97% e Macerata che si ferma al 47,02%. Numeri che riflettono dinamiche locali differenti, in alcuni casi legate alla presenza di liste civiche molto radicate, in altri a un sentimento di distacco rispetto alla politica tradizionale.
Dati di dettaglio: circoscrizioni e capoluoghi a confronto
Quando si entra nel dettaglio dei capoluoghi, la mappa si arricchisce di ulteriori sfumature. Urbino svetta con un convincente 57,48%, segno di una comunità storicamente partecipe. Alle sue spalle troviamo Fermo al 56,30% e Pesaro al 54,07%, dati che confermano una maggiore mobilitazione lungo l’asse settentrionale della regione. Ascoli Piceno si attesta al 52,19%, mentre Ancona – capoluogo di regione – tocca il 51,16%. Chiude la graduatoria Macerata con il 50,91%, percentuale che, pur restando sopra la soglia della metà degli elettori, evidenzia un lieve disallineamento rispetto agli standard precedenti.
Il raffronto con la consultazione del 2020 accentua la percezione di uno scarto netto. In quell’occasione, Ancona aveva registrato il 60,50%, Ascoli Piceno il 57,70%, Fermo il 61,20%, Macerata il 56,60% e Pesaro e Urbino un significativo 62,30%. Il calo appare quindi trasversale agli schieramenti e apre più di un interrogativo sulle motivazioni che hanno trattenuto decine di migliaia di cittadini dal recarsi alle urne, nonostante una campagna impostata sulla vicinanza ai problemi quotidiani e sulla tutela dei servizi locali, temi al centro di numerosi dibattiti televisivi e incontri di piazza.
I candidati e le squadre che cercano la guida delle Marche
La contesa per la presidenza vede sul campo sei protagonisti, ciascuno portatore di un’idea di governo spesso antitetica rispetto agli avversari. L’uscente Francesco Acquaroli, sostenuto dalla coalizione di centrodestra, punta sulla continuità amministrativa, mentre l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci propone, per il centrosinistra affiancato dal M5S, un’agenda incentrata su sostenibilità e rilancio economico. A completare il quadro troviamo Claudio Bolletta (Democrazia Sovrana Popolare), Francesco Gerardi (Forza del Popolo), Lidia Mangani (Partito Comunista Italiano) e Beatrice Marinelli (Evoluzione della Rivoluzione), espressioni di sensibilità politiche che vanno dal socialismo sovranista al comunitarismo di base.
Parallelamente alla sfida per la carica di presidente si gioca la partita dei trenta seggi in Consiglio regionale, ambiti da 526 aspiranti distribuiti nelle cinque circoscrizioni. Il meccanismo di ripartizione, stabilito dalla legge elettorale marchigiana, attribuisce nove scranni ad Ancona, sette a Pesaro, sei a Macerata, quattro a Fermo e quattro ad Ascoli Piceno. Ne deriva una competizione che, al di là dei riflettori puntati sui due candidati di punta, coinvolge decine di liste e migliaia di sostenitori impegnati a presidiare i seggi più periferici, convinti che ogni preferenza possa risultare decisiva nell’equilibrio finale dell’assemblea legislativa.
Prime stime elettorali, scontro serrato tra Acquaroli e Ricci
Le prime proiezioni diffuse mentre lo spoglio avanzava hanno confermato le sensazioni dell’ultima settimana di campagna elettorale, segnalando un possibile vantaggio del presidente uscente ma senza margini tali da chiudere la partita con largo anticipo. Secondo i dati del Consorzio Opinio Italia per la Rai, elaborati su un campione pari al 6% delle sezioni, Francesco Acquaroli sarebbe al 51%, mentre Matteo Ricci si attesterebbe al 45,6%. Gli altri quattro contendenti rimarrebbero, complessivamente, sotto la soglia del 4%. Con un margine d’errore ancora consistente, l’esito finale appare quindi tutt’altro che scontato.
Una seconda rilevazione, firmata Swg per il TgLa7 e basata su una copertura del 18% del campione, attribuisce al governatore uscente il 52,2% contro il 44,5% dell’ex sindaco di Pesaro, lasciando agli altri candidati un complessivo 3,3%. L’intervallo statistico di ±1,2 punti rende plausibile sia la conferma di Acquaroli sia un recupero di Ricci nelle roccaforti più popolose. La differenza di poco più di cinque punti percentuali, se confermata, consegnerebbe però al centrodestra una vittoria netta, rafforzando la linea di continuità amministrativa iniziata cinque anni fa.
Tra percentuali e scenari futuri: la nostra lettura
Da testata indipendente quale è Sbircia la Notizia Magazine, e in collaborazione con l’agenzia Adnkronos che ha verificato per noi la congruità dei dati diffusi dalle fonti ufficiali, riteniamo che il primo messaggio emerso dalla consultazione sia la necessità di ricostruire un legame più saldo fra istituzioni regionali e cittadini. Il calo dell’affluenza non è soltanto una statistica, ma una spia di fiducia intermittente che chiunque siederà a Palazzo Raffaello dovrà affrontare con politiche credibili e un linguaggio meno polarizzante.
Allo stesso tempo la geografia del voto conferma una regione divisa tra aree costiere più dinamiche e zone interne che chiedono interventi mirati su infrastrutture e servizi essenziali. Che a prevalere sia la continuità o il cambiamento, il nuovo consiglio dispone di un orizzonte di cinque anni per trasformare l’energia, ancora palpabile nelle piazze elettorali di queste settimane, in misure concrete su lavoro, sanità, ambiente e cultura. Sarà il tempo, più delle analisi a caldo, a certificare la coerenza tra promesse e risultati.
Quando si conoscerà il risultato definitivo dello spoglio? Il completamento dello scrutinio dipenderà dalla velocità con cui i presidenti di seggio trasmetteranno i verbali ai tribunali. In base ai ritmi osservati nelle scorse tornate, la maggior parte delle sezioni dovrebbe essere conteggiata entro la tarda serata, mentre l’ufficialità potrebbe arrivare solo a notte inoltrata, una volta conclusi i controlli di congruità sui verbali. L’agenzia Adnkronos, con cui collaboriamo, garantisce un aggiornamento costante e puntuale dei dati, riducendo al minimo le aree d’incertezza.
Quale impatto avrà l’affluenza più bassa sulla legittimazione del prossimo governo regionale? Sebbene il dato al 50,01% rientri nella tendenza nazionale di un minor coinvolgimento, un presidente eletto con la metà degli aventi diritto al voto allontana comunque una parte consistente della popolazione dalla partecipazione attiva. Ciò significherà che, a prescindere dal colore politico, sarà indispensabile avviare politiche di ascolto, magari attraverso forum territoriali periodici, per ricollegare i cittadini alle decisioni pubbliche. La legittimazione formale non viene meno, ma quella sostanziale richiede impegno extra e trasparenza.
Che ruolo avranno i piccoli partiti e le liste civiche nel nuovo Consiglio regionale? Il sistema elettorale marchigiano prevede soglie d’accesso che, seppur contenute, richiedono comunque una presenza capillare sul territorio. Qualora le proiezioni sugli schieramenti minori si confermassero, poche ma decisive unità di rappresentanza potrebbero finire con il detenere la chiave per la formazione di maggioranze qualificate su temi cruciali come il bilancio o la programmazione sanitaria. In un contesto di confronto serrato, la voce delle liste civiche potrebbe quindi risultare determinante, favorendo compromessi su questioni pragmatiche e concrete.
