La censura inflitta dal Consiglio di disciplina del Lazio a Maurizio Molinari, per alcune dichiarazioni rivolte a Francesca Albanese, riaccende il dibattito sul difficile equilibrio fra libertà di parola e obblighi professionali. L’avvocato del giornalista annuncia un imminente reclamo, mentre il panorama mediatico segue con attenzione la vicenda.
Il procedimento e la replica della difesa
Il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio ha deliberato, secondo quanto risulta alla nostra redazione, una misura di censura nei confronti di Maurizio Molinari. La sanzione, che la normativa professionale colloca al secondo livello di gravità, ha seguito l’iter previsto: valutazione degli esposti, analisi degli atti e deliberazione a maggioranza. L’oggetto del procedimento è rappresentato da dichiarazioni rese dal giornalista lo scorso luglio durante un programma mattutino di rassegna stampa, giudicate non in linea con i principi di correttezza e verifica dei fatti. Nulla, al momento, toglie che la decisione resti provvisoria sino all’esito dei rimedi impugnatori previsti dall’ordinamento.
La replica della difesa, affidata all’avvocato Maurizio Martinetti, si concentra su due passaggi. In primo luogo viene denunciata la diffusione di un provvedimento non ancora definitivo e pertanto non pubblicato sugli organi ufficiali dell’Ordine, circostanza ritenuta in contrasto con le norme a tutela dei dati personali. In secondo luogo il legale conferma che verrà presentato reclamo entro i termini stabiliti, confidando che l’organo di secondo grado rivaluti sia l’impianto probatorio sia il tenore delle parole pronunciate dal suo assistito. La strategia processuale punta, in sostanza, a dimostrare l’assenza di alcuna intenzione offensiva o lesiva della controparte.
Profili disciplinari e significato della censura
Nel quadro normativo che disciplina la professione giornalistica, la censura rappresenta un richiamo formale più incisivo del semplice avvertimento ma meno grave della sospensione temporanea o della radiazione dall’albo. Il provvedimento viene applicato quando si ritiene che il comportamento tenuto abbia compromesso i principi di veridicità, accuratezza e lealtà verso il pubblico. Non si tratta, dunque, di una mera annotazione ma di un atto che entra nel fascicolo personale e può incidere su eventuali successivi giudizi disciplinari. Il suo scopo principale è correttivo: orientare il giornalista a una maggiore prudenza e aderenza alle fonti.
Secondo voci interne all’ambiente regolatorio, la scelta di comminare la censura potrebbe essere stata favorita dal carattere pubblico delle dichiarazioni e dall’amplificazione che i nuovi canali digitali assicurano. Pur non incidendo immediatamente sull’iscrizione all’Ordine, la misura può avere ripercussioni reputazionali, soprattutto per chi, come Molinari, ricopre da anni ruoli di primo piano nell’informazione nazionale. Inoltre, eventuali reiterazioni di comportamenti analoghi potrebbero determinare in futuro sanzioni più pesanti. Da qui l’interesse della difesa a definire tempestivamente la questione instaurando un dialogo con gli organismi disciplinari competenti.
Le frasi al centro della polemica
Al centro del caso vi sono le parole pronunciate lo scorso luglio da Maurizio Molinari nei confronti di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati. Durante un commento sulle tensioni mediorientali, il giornalista avrebbe attribuito alla funzionaria valutazioni ritenute parziali e, secondo i ricorrenti, non supportate da fonti solide. In particolare, alcuni passaggi sono stati interpretati come offensivi nei confronti dell’imparzialità della relatrice, generando immediatamente una serie di esposti da parte di associazioni e singoli cittadini sensibili alla causa.
Nelle memorie depositate presso l’Ordine, i ricorrenti sostengono che quelle dichiarazioni veicolassero giudizi di fatto privi di riscontro documentale e che, in più punti, facessero uso di un linguaggio potenzialmente denigratorio. La difesa ribatte che si trattò di una legittima analisi giornalistica, caratterizzata da espressioni figurate e rientrante nella cornice della libertà di critica politica. Tale contrapposizione tra diritto di cronaca e tutela della reputazione costituisce il nodo centrale del procedimento, in un contesto internazionale già fortemente polarizzato sul tema israelo-palestinese.
Prossime mosse e scenari futuri
Una volta depositato il reclamo, il caso passerà a un diverso collegio disciplinare che, entro un termine ordinario di sessanta giorni, potrà confermare, modificare o revocare la sanzione. Se l’esito non fosse soddisfacente, la difesa potrebbe rivolgersi al Consiglio nazionale dell’Ordine, ultimo grado interno. Parallelamente, resta aperta la possibilità di ricorso al giudice ordinario, un percorso che, se intrapreso, dilaterebbe notevolmente i tempi ma potrebbe produrre effetti di natura risarcitoria o di annullamento del provvedimento, con possibili ricadute anche sul dibattito pubblico che nel frattempo non cessa di alimentarsi.
Stando alle verifiche svolte da Sbircia la Notizia Magazine in collaborazione con l’agenzia Adnkronos, l’eventuale conferma della censura non comporterebbe, di per sé, l’interdizione professionale di Molinari, ma ne accrescerebbe la visibilità in negativo, specie tra editori internazionali e ambienti accademici dove il suo nome circola da anni per conferenze e progetti di ricerca. Qualora il provvedimento venisse invece annullato, si aprirebbe il fronte inverso: la discussione sull’opportunità di aver avviato un’azione disciplinare per fatti ritenuti, da molti, espressione della libertà di opinione garantita dalla Costituzione e dagli standard europei.
Domande in pillole
Qual è il margine temporale per presentare il reclamo? Secondo l’attuale regolamento disciplinare, il giornalista destinatario di una sanzione dispone di trenta giorni dalla notifica per depositare motivi e documenti integrativi. In questo arco di tempo, la parte può chiedere di essere ascoltata, produrre nuove prove o allegare pareri di esperti. Trascorso il termine, la decisione diventa definitiva salvo casi di forza maggiore riconosciuti dall’Ordine. Pertanto, la tempestività risulta decisiva per evitare che la censura diventi un elemento stabile nel fascicolo professionale e nei database consultati dagli editori internazionali.
La censura può influire sul ruolo di opinionista di Molinari? Anche se non corrisponde a una sospensione, la censura incide sugli indici reputazionali considerati da emittenti televisive, case editrici e think-tank. Questi soggetti, soprattutto nei mercati anglosassoni, adottano protocolli di due diligence che valorizzano trasparenza e assenza di contenziosi aperti. Una sanzione disciplinare registrata dall’Ordine, dunque, potrebbe indurre i committenti a richiedere garanzie aggiuntive oppure a limitare la collaborazione, influenzando cachet, accesso a panel internazionali e citazionismo accademico. L’impatto effettivo, naturalmente, dipenderà dall’esito finale del procedimento e dalla narrazione che ne verrà fatta dai media.
Quali precedenti esistono per casi analoghi? La casistica mostra episodi in cui commentatori di rilievo hanno ricevuto censure per espressioni giudicate oltre il limite della critica leale, specialmente quando coinvolgevano figure istituzionali o minoranze. In diverse occasioni, il reclamo di secondo grado ha attenuato la sanzione trasformandola in semplice avvertimento, evidenziando la natura dinamica della giustizia disciplinare. Tuttavia, vi sono anche situazioni in cui la misura è stata confermata, fungendo da precedente per stabilire confini più netti fra polemica politica e diffamazione. Il caso Molinari si inserisce quindi in un sentiero già battuto ma ancora oggetto di interpretazioni evolutive.
Tra libertà e responsabilità: il punto di Sbircia la Notizia
Il percorso disciplinare di Maurizio Molinari riporta al centro una questione che, come osserviamo quotidianamente nella nostra redazione, accompagna ogni fase dell’informazione contemporanea: l’equilibrio tra la protezione del dibattito pubblico e il rispetto dei diritti individuali. L’esito del reclamo, qualunque esso sia, offrirà un ulteriore tassello a quel mosaico in continua evoluzione che definisce l’etica giornalistica. In un ecosistema mediatico dominato dalla velocità, la verifica dei fatti – svolta anche grazie alla sinergia con Adnkronos – resta l’unico presidio capace di preservare credibilità e fiducia.
Proprio per questo, ribadiamo l’importanza di coltivare un giornalismo che non si adagi sul sensazionalismo ma rimetta al centro il metodo: verifica indipendente, ascolto delle parti, contestualizzazione storica. Solo così l’informazione potrà continuare a svolgere il suo ruolo di bussola civica, senza cadere in semplificazioni che alimentano polarizzazioni. La vicenda odierna, più che un semplice fatto di cronaca professionale, è uno specchio delle tensioni che attraversano le nostre democrazie e un invito a ricercare costantemente quella zona franca in cui parola e responsabilità convivono.
