Il premier israeliano attacca il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di vari Paesi occidentali. Decine di delegazioni escono dall’aula; proteste a New York. Sullo sfondo, frizioni con Trump su eventuali annessioni e contatti diplomatici in corso.
Nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu del 26 settembre, Benjamin Netanyahu ha promesso che Israele «deve finire il lavoro» contro Hamas a Gaza, ribadendo che i «resti finali» del gruppo sarebbero asserragliati a Gaza City. Ha attaccato inoltre la scelta di Regno Unito, Francia, Canada, Australia e altri di riconoscere lo Stato di Palestina, sostenendo che invii «il messaggio che uccidere gli ebrei paga». In platea, walkout di numerose delegazioni e molti seggi vuoti.
Le frasi chiave del discorso
- «Finire il lavoro» a Gaza e messaggio agli ostaggi: «Non vi abbiamo dimenticati nemmeno per un secondo». Netanyahu ha detto di aver fatto diffondere il discorso verso la Striscia con altoparlanti al confine; il governo ha anche rivendicato un’iniziativa per veicolarlo via telefoni, ma non ci sono conferme indipendenti dell’efficacia.
- Riconoscimento dello Stato di Palestina. Il premier ha definito «un marchio d’infamia» le decisioni di vari alleati occidentali, affermando che «molti leader pubblicamente ci criticano, ma in privato ci ringraziano».
- Iran e sicurezza regionale. Passaggi dell’intervento hanno richiamato la necessità di impedire una «resurrezione» del programma nucleare di Teheran nel giorno in cui al Palazzo di Vetro si prepara il ritorno delle sanzioni Onu all’Iran dopo il fallimento del tentativo russo‑cinese di rinvio.
- Scenografia e “props”. Mappe (“THE CURSE”), cartelloni con domande a scelta multipla, un badge con QR code su 7 ottobre e ostaggi: elementi visivi usati per amplificare il messaggio.
L’aula (quasi) vuota e la piazza fuori
Prima e durante l’intervento, decine di delegazioni hanno lasciato l’emiciclo; molti posti sono rimasti vacanti e, secondo cronache di agenzia, Usa e Regno Unito erano rappresentati da funzionari di rango inferiore. Nel frattempo migliaia di manifestanti hanno marciato da Times Square verso l’Onu contro la guerra a Gaza.
Attenzione alle clip virali: circolano sui social video di walkout non sempre relativi alla seduta 2025; in alcuni casi si tratta di immagini del 2024 ripubblicate senza contesto, come verificato da Reuters Fact Check.
Le reazioni e cosa c’è sul tavolo
- UE e Paesi occidentali. In aula e nei bilaterali, diversi leader hanno criticato la campagna israeliana a Gaza e difeso il riconoscimento della Palestina come strumento per salvare la prospettiva “due Stati”. Nel dibattito è intervenuto anche il premier irlandese Micheál Martin con parole molto dure.
- Trump–Netanyahu. Il presidente Usa ha affermato che i colloqui su Gaza con i Paesi della regione sono «intensi» e proseguiranno; ha anche detto che non consentirà a Israele di annettere la Cisgiordania. Netanyahu non ha menzionato l’annessione nel discorso: nodo potenzialmente sensibile in vista del loro incontro alla Casa Bianca (lunedì 29).
- Emirati Arabi Uniti. A margine dell’Assemblea, il ministro degli Esteri emiratino Abdullah bin Zayed ha sollecitato Netanyahu a porre fine alla guerra e ha ribadito l’impegno per una soluzione a due Stati; Abu Dhabi ha avvertito che eventuali annessioni in Cisgiordania sarebbero una red line.
Dati di contesto
Il 7 ottobre 2023 l’attacco guidato da Hamas ha ucciso circa 1.200 persone in Israele, con oltre 250 ostaggi. La risposta militare israeliana ha causato oltre 65.000 morti nella Striscia, secondo le autorità sanitarie locali; Israele respinge le accuse di genocidio, rivendicando l’autodifesa contro Hamas.
Che cosa cambia (tre scenari)
- Fase negoziale: i contatti citati da Washington potrebbero consolidarsi in un’intesa su cessate il fuoco e ostaggi; resta da verificare la distanza sulle condizioni di Hamas (fine della guerra e ritiro) e la tenuta della coalizione israeliana.
- Status quo di guerra: Israele prosegue l’operazione a Gaza City per “finire il lavoro”, con pressioni crescenti da alleati arabi (Uae) e europei.
- Shock geopolitico: il ritorno delle sanzioni Onu all’Iran irrigidisce Teheran e gli attori regionali, rendendo più complesso ogni compromesso su Gaza e Libano.
Le 5 cose da sapere
- Il messaggio: Netanyahu promette di concludere l’operazione a Gaza e parla agli ostaggi.
- Il contesto politico: ondata di riconoscimenti dello Stato di Palestina da parte di alleati occidentali, criticati da Israele.
- L’aula e la piazza: walkout di molte delegazioni; proteste di massa a New York.
- Il dossier Iran: da oggi atteso snapback delle sanzioni Onu; Netanyahu chiede «vigilanza».
- I prossimi passi: incontro con Trump lunedì e incontri arabi (Uae) per tentare un percorso di de‑escalation.
Domande frequenti
Quante delegazioni hanno lasciato l’aula?
Le agenzie parlano di decine di delegazioni e numerosi seggi vuoti; in diversi casi i Paesi hanno mantenuto in sala funzionari di livello non apicale.
È vero che il discorso è stato diffuso in Gaza sui telefoni?
Il governo israeliano lo ha affermato; agenzie e reporter sul campo non hanno riscontri sull’effettiva diffusione via dispositivi, mentre è confermato l’uso di altoparlanti al confine.
Qual è la posizione Usa sull’annessione della Cisgiordania?
Donald Trump ha detto che non permetterà un’annessione; il tema potrebbe essere al centro del colloquio con Netanyahu.
Che cosa comporta il ritorno delle sanzioni Onu all’Iran?
Ripristino di embargo sulle armi, limiti su missili e arricchimento, oltre a congelamenti di beni: un passaggio che irrigidisce il quadro regionale.
