In Italia, sempre più relazioni finiscono lasciando spazio a scelte di vita indipendenti: la musica di Melmeat diventa la colonna sonora di questo cambiamento, raccontando in prima persona cosa significhi davvero ricominciare.
Una generazione che riscrive le regole dell’amore e della casa
L’ultima rilevazione dell’ISTAT descrive un Paese in cui la parola “fine” è pronunciata con sempre maggiore frequenza. A partire dal biennio successivo alla pandemia, le separazioni legali e i break-up informali sono saliti fino a toccare livelli che le analisi definiscono inediti, complici mesi di convivenza forzata e un generale ripensamento delle priorità. Nel frattempo, i social network sono diventati una piazza sterminata di testimonianze, video esplicativi e guide su come riconoscere un rapporto tossico, segnando un cambiamento di sensibilità collettiva: oggi si accetta più facilmente di chiudere una relazione se questa intacca l’autostima o erode la salute mentale.
Parallelamente, l’Osservatorio Immobiliare Nazionale fotografa un fenomeno che un tempo sarebbe sembrato controcorrente: negli ultimi cinque anni la quota di under quaranta che acquistano un appartamento per viverci da soli è cresciuta del 23%. Questo scatto percentuale non è soltanto un dato statistico; è il segnale che una generazione abituata a navigare l’incertezza preferisce investire sulla propria autonomia invece di restare incastrata in equilibri insoddisfacenti. L’abitazione diventa così un presidio identitario, un confine fisico entro cui sperimentare la libertà ritrovata e riorganizzare ogni gesto quotidiano su priorità finalmente personali.
La parabola personale di Emiliano Melcarne
Sotto il nome d’arte Melmeat vive Emiliano Melcarne, pugliese d’origine e lombardo d’adozione, che per più di un anno ha scelto il silenzio. Ha interrotto concerti, cancellato prove in sala e affidato le sue giornate a sedute di psicoterapia, con l’obiettivo dichiarato di raccogliere i pezzi di un’identità scalfita da una relazione che, parole sue, lo «ha solo divorato». Quando si è sentito pronto, il musicista ha compiuto un gesto tangibile: ha firmato le carte per acquistare un appartamento tutto suo. Quattro mura ancora vuote, ma cariche di significato, che per lui rappresentano il palcoscenico definitivo su cui sperimentare una versione inedita di sé.
In quel periodo di apparente sospensione, l’artista ha imparato a riconoscere i confini tra l’amore e l’annullamento di sé. Le giornate trascorrevano tra appunti sparsi su un taccuino, lunghe passeggiate senza cuffie e la riscoperta di passioni lasciate a impolverare, come la lettura di romanzi d’avventura e la cucina di piatti tradizionali che ricordano la sua terra. Da questo esercizio di attenzione verso necessità semplici è germogliata la convinzione che amare davvero significhi, prima di tutto, prendersi cura della propria serenità. Così è nato il mantra che chiude il suo nuovo brano: «Ho iniziato a dire di no, voglio amarmi sempre di più».
Ricominciare: dal buio alla consapevolezza
«Ricominciare» è il risultato sonoro di un anno e mezzo di metamorfosi interiore. Scritto da Melmeat insieme a Daniele Piovani e messo a fuoco dal produttore Andrea Caldera negli studi North Waves, il brano segue una traiettoria narrativa in tre atti: un avvio cupo, quasi claustrofobico, che restituisce la sensazione di gelo interiore; un passaggio centrale in cui la melodia si apre e lascia filtrare la speranza; un finale deciso, alimentato da un ritmo essenziale che sostiene parole rigide come pietre. L’arrangiamento sceglie la via della sottrazione, evitando orpelli per lasciare spazio a frasi che non smussano la verità ma la espongono allo scoperto.
In apertura, la voce sussurra «Fuori è buio, dentro me si gela», un verso che fotografa senza filtri il momento in cui ci si sente bloccati in un labirinto affettivo. Poi, quasi all’improvviso, irrompe l’immagine di «un nuovo mondo» che invade il corpo, descritto come «pura polvere di felicità». Questa transizione è sostenuta da un interplay di chitarra e percussioni leggere che ricorda il battito del cuore quando riprende a correre per conto proprio. Nel punto culminante, l’artista non proclama vendette né rimpianti: si limita a documentare la presa di coscienza che ogni rinascita comporta, ribadendo l’urgenza, umanissima, di respirare serenità.
Quando i numeri incontrano le note
Che un brano pop possa diventare specchio di un trend sociale non è un caso isolato, ma nel caso di «Ricominciare» la coincidenza appare quasi scientifica. I dati diffusi negli ultimi tre anni indicano che tra gli under trentacinque il ricorso a un sostegno psicologico è cresciuto del 32%, segno di una coscienza nuova rispetto alla salute mentale. La canzone di Melmeat intercetta esattamente questo spostamento culturale: invece di limitarsi a dispensare slogan consolatori, offre l’immagine concreta di un uomo che, davanti al proprio disagio, sceglie di sedersi in terapia e lavorare su ciò che aveva trascurato.
Allo stesso modo, il gesto di firmare un rogito in solitudine si intreccia perfettamente con il balzo del 23% registrato tra i single homeowner under quaranta: cifre che raccontano corpi e biografie, non soltanto contratti. Acquistare casa, per molti Millennials, non rappresenta più un passaggio obbligato della coppia tradizionale, ma una tappa di autoaffermazione dopo aver tagliato vie relazionali divenute asfittiche. Il disco di Melmeat diventa dunque una sorta di colonna sonora per chi spalanca la porta di un appartamento ancora odoroso di pittura fresca, posiziona lo stereo sul pavimento e, prima di tutto, ascolta il proprio respiro.
Il potere di una soglia varcata
Ogni rinascita inizia con un passo oltre la soglia, e Melmeat lo fotografa con la lucidità di chi ha appena abbassato la maniglia. «Ricominciare» si arresta in quel punto preciso: il passato è ancora udibile come un rumore di stoviglie dall’altra stanza, ma non possiede più la forza di dettare il ritmo. La canzone non celebra traguardi compiuti, bensì il movimento stesso, il momento in cui il corpo decide di spostare il peso in avanti. È un invito a riconoscere che la stabilità non coincide con l’immobilità, bensì con la capacità di scegliere la direzione, un passo alla volta.
L’artista ricorda spesso che il suo percorso non si è compiuto in un lampo, ma grazie a micro-decisioni: riordinare la scrivania, telefonare a un amico senza motivo, rispolverare un disco amatissimo dell’adolescenza. Questi frammenti, sommati, hanno generato il varco attraverso cui è filtrata la luce. Ecco perché il brano evita picchi di retorica e predilige il tono pacato di chi si concede tempo. Ricominciare davvero non coincide con una data precisa; è piuttosto un esercizio quotidiano che richiede disciplina gentile, la stessa con cui si annaffia una pianta fragile confidando nel giorno in cui sboccerà.
