Quattro missili balistici Trident II hanno solcato il cielo sopra l’Atlantico, lanciati da un sottomarino d’attacco della Marina statunitense nell’ambito di un ciclo di prove compreso tra il 17 e il 21 settembre, al largo della Florida.
Un orizzonte illuminato sul versante atlantico
La sequenza di collaudi si è aperta quando il sottomarino classe Ohio ha lasciato in immersione le acque profonde antistanti la costa orientale della Florida. Senza emergere, l’unità ha sganciato in rapida successione i quattro ordigni balistici, affidandoli ad una traiettoria che li ha portati a precipitare in un’area di caduta prestabilita dell’oceano. Grazie al cielo perfettamente sereno, la scia luminosa di uno dei lanci è stata notata persino in Porto Rico, dove video e fotografie amatoriali hanno immortalato l’evento, trasformandolo in un bagliore notturno che ha catturato l’attenzione di migliaia di osservatori distanti centinaia di chilometri.
Prima che venisse premuto il pulsante di lancio, la Marina aveva diffuso NOTAM e NOTMAR, avvisi indispensabili a tenere lontani aeromobili e naviglio civile dall’ampia zona di sicurezza istituita attorno al punto d’impatto. Ogni fase si è svolta secondo il collaudato protocollo dello Strategic Systems Programs, l’ufficio che da decenni orchestra questo tipo di sperimentazioni. Con la quadrupla prova di settembre il conteggio dei test riusciti del Trident II D5 raggiunge quota centonovantasette, un numero che testimonia, più di qualsiasi dichiarazione, la continuità di una campagna sperimentale iniziata nel momento in cui l’arma è entrata in servizio operativo.
Obiettivi tecnici e distanza dalla cronaca internazionale
Secondo i responsabili del programma, lo scopo primario di ogni lancio resta la verifica puntuale dell’affidabilità e della precisione del sistema d’arma, parametri che vengono controllati con rigore scientifico attraverso un fitto reticolo di sensori e telemetrie. L’esercitazione, precisano fonti militari, non ha alcun legame diretto con i repentini cambiamenti dello scenario geopolitico; si inserisce invece in un calendario stabilito con largo anticipo, pensato per mantenere la credibilità della deterrenza strategica indipendentemente dalle tensioni che di volta in volta occupano le prime pagine dei notiziari.
Non passa inosservato, tuttavia, il fatto che i lanci siano avvenuti pochi giorni prima delle dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin in materia di armamenti nucleari. Il tempismo ha inevitabilmente generato discussioni sul web, eppure il comando statunitense ribadisce che il calendario era fissato da tempo e che simili coincidenze non alterano la natura di un’attività destinata, in prima istanza, a garantire la disponibilità operativa dello strumento strategico. Sul fronte interno, queste prove rappresentano un messaggio di rassicurazione circa la tenuta tecnologica del deterrente sottomarino.
Architettura e potenziale del vettore strategico
Il Trident II D5 misura circa tredici metri in lunghezza e oltre due di diametro, un cilindro a tre stadi in materiale composito che integra propulsori a combustibile solido capaci di imprimere al missile un’accelerazione vertiginosa fin dai primi secondi dopo l’espulsione dal tubo di lancio. Ogni esemplare, il cui valore unitario oscilla attorno ai trenta milioni di dollari, è il risultato di un progetto avviato negli anni Ottanta e costantemente perfezionato per rispondere alle esigenze di prontezza e di precisione dettate dal mutare del contesto strategico globale.
L’aggiornamento completato nel 2017 ha esteso la vita operativa del D5 fino al 2040, garantendone la compatibilità con l’evoluzione dei sistemi di bordo e con i futuri requisiti di missione. Il vettore può imbarcare fino a dodici testate nucleari indipendenti, proiettate su bersagli separati grazie alle capacità MIRV. Un sottomarino Ohio ne alloggia fino a venti, mentre un’unità Vanguard britannica ne trasporta sedici: un carico che, nell’insieme, fornisce un potenziale di deterrenza capace di coprire vaste aree del globo con un preavviso minimo.
Parole dallo Strategic Systems Programs
Nelle ore successive ai lanci, il vice ammiraglio Johnny R. Wolfe, che guida lo Strategic Systems Programs, ha sottolineato che la componente balistica subacquea costituisce il cardine della sicurezza nazionale statunitense sin dagli anni Sessanta. Ricordare costantemente all’opinione pubblica che il sistema è pronto a reagire, ha affermato il comandante, serve a preservare la stabilità internazionale attraverso la credibilità. Le prove di settembre, a suo giudizio, confermano che la tecnologia risponde alle aspettative con un grado di affidabilità ritenuto essenziale in un contesto di tensioni persistenti.
In parallelo, lo stesso team sta consacrando risorse significative allo sviluppo del sistema strategico subacqueo di prossima generazione, il cui obiettivo è assicurare che la deterrenza marittima resti efficace ben oltre la metà del secolo. Pur non entrando nei dettagli del progetto, Wolfe ha evidenziato che le lezioni acquisite dal D5 confluiranno nella nuova architettura, la quale dovrà garantire tempi di risposta ridotti, flessibilità d’impiego e compatibilità con gli avanzamenti tecnologici che inevitabilmente plasmeranno il panorama strategico dei prossimi decenni.
