La domanda abitativa in Italia si estende sempre più oltre i confini amministrativi delle metropoli, ridisegnando la mappa dei traslochi. Il 2024 conferma questo spostamento verso i comuni di cintura, fenomeno che coinvolge città diverse per storia e dimensioni, ma accomunate da dinamiche simili e da una crescente ricerca di nuove opportunità residenziali.
Una fotografia nazionale dei trasferimenti residenziali
Il bilancio dell’Agenzia delle Entrate per il 2024 tratteggia un mercato in lieve, ma solida espansione. Nei soli comuni capoluogo sono state registrate 224.275 transazioni residenziali, in aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente; identico tasso di crescita si rileva nei 495.303 scambi conclusi nei territori non capoluogo, testimonianza di una vitalità diffusa che non si esaurisce nei centri maggiori. Capoluogo e provincia procedono quindi di pari passo, disegnando un equilibrio in cui la componente quantitativa si spartisce con più equità fra poli centrali e aree periferiche, a beneficio di un mercato sempre più bilanciato.
Il raffronto con la rete di agenzie affiliate al Gruppo Tecnocasa conferma la tendenza con numeri ancora più significativi. Nel complesso delle grandi città, la quota di residenti che ha scelto di acquistare casa nell’hinterland è salita dal 23,1% al 24,6% in un solo anno, mentre nel 2019 era ferma al 18%. In altre parole, un acquisto su quattro, effettuato da chi vive stabilmente in un grande centro, oggi travalica i confini comunali per approdare nei comuni limitrofi. Di pari passo, la percentuale di chi rimane all’interno della cerchia urbana scende al 64,3%, minimo storico della serie, segno tangibile di un riequilibrio ormai strutturale.
L’equilibrio tra grandi centri e comuni di cintura
Alle motivazioni economiche si sommano spinte legate allo stile di vita. Le metropoli attraggono per servizi, opportunità di lavoro e offerta culturale, ma il costo medio al metro quadro e la congestione urbana spingono un numero crescente di famiglie verso soluzioni più sostenibili. Il pendolarismo, ormai consolidato, permette di lavorare in città pur vivendo a pochi minuti di treno o di tangenziale, usufruendo di spazi più ampi e rifugi più verdi. Collegamenti efficienti e maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale trovano così riscontro nei numeri delle compravendite.
Non va dimenticato che nel 2019 i residenti che acquistavano senza spostarsi dal capoluogo erano il 74,4% del totale. La flessione di oltre dieci punti percentuali evidenzia un riequilibrio marcato fra centro e hinterland. Per molti nuclei familiari la casa fuori città non rappresenta un ripiego, bensì un approdo desiderato, reso praticabile da infrastrutture più rapide e dalla differenza di prezzo che, in molte aree, raggiunge proporzioni a doppia cifra.
Milanesi, romani, torinesi e napoletani: percorsi differenti, stessa direzione
Il fenomeno assume varie sfumature se si focalizza l’attenzione sulle quattro metropoli più popolose. A Milano la quota di residenti che ha acquistato casa oltre la cerchia comunale sale al 28,5% dal 21,2% del 2019; Roma raddoppia quasi, passando dal 7,6% al 13,8%; Napoli balza dal 16% a sfiorare il 27%; Torino compie l’avanzata più decisa, dal 24,5% al 41,8%. Ritmi differenti, stessa direzione: l’hinterland diventa scelta primaria e non più alternativa di ripiego.
A spingere Milano e Roma fuori dai confini cittadini è soprattutto la dinamica dei valori immobiliari. Nel capoluogo lombardo i prezzi sono aumentati del 37,1% in sei anni, mentre nei comuni limitrofi la corsa si ferma al 17,5%; a Roma le quotazioni medie restano comunque elevate. Per Torino, invece, prevale la ricerca di una migliore qualità della vita e di spazi più ampi, mentre Napoli mostra un mix di vantaggi economici e desiderio di maggiore metratura, particolarmente evidente tra le giovani famiglie.
Prezzi al metro quadro e scelte di convenienza
La geografia dei prezzi spiega gran parte di queste decisioni. Milano resta la città più cara con 4.462 euro al metro quadro di media, seguita da Roma a 3.169. All’estremo opposto, Palermo si ferma a 1.136, Bari a 1.654 e Genova a 1.121 euro. Il divario è talmente ampio che, a parità di spesa, un bilocale nel capoluogo lombardo può equivalere a una villetta bifamiliare in alcune aree meridionali. Il fattore affordability diventa quindi l’ago della bilancia che ridisegna le mappe urbane.
Dove il mattone resta accessibile, la spinta centrifuga perde intensità. Ecco perché a Palermo solo il 7,4% dei residenti sceglie la provincia, a Bari il 10,8% e a Genova l’11,2%. Nel capoluogo ligure incide inoltre la natura turistica di molti comuni di cintura, caratterizzati da quotazioni superiori a quelle cittadine. Nonostante ciò, il 2024 segnala un lieve aumento di spostamenti verso la provincia, indizio che il processo di riequilibrio è ancora in atto, seppure a ritmi più lenti.
I contesti dove il richiamo della città resta forte
L’analisi di Verona, Firenze e Bologna dimostra che il rapporto tra capoluogo e provincia non segue uno schema uniforme. Nelle prime due realtà, la percentuale di residenti che oltrepassa i confini comunali risulta in calo rispetto al 2019: il centro mantiene un forte fascino grazie a servizi culturali, università di prestigio e un ecosistema di piccole imprese che rendono conveniente rimanere in città. L’appeal urbano non è dunque monolitico, ma dipende dalla capacità delle singole città di rigenerarsi dall’interno.
Bologna costituisce un caso a sé: pur registrando una contrazione rispetto agli anni passati, continua a esibire una mobilità tra le più elevate. Il 43,4% dei residenti ha acquistato in provincia, il 16,8% in altre province emiliane e il 2,7% in altre regioni. Una storica dinamicità del mercato studentesco, un sistema ferroviario capillare e un tessuto produttivo diffuso trasformano l’intera area metropolitana in un aggregato funzionale, capace di superare le tradizionali barriere amministrative.
Nota metodologica e chiusura
Il perimetro dell’analisi, definito dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, si limita alle compravendite relative all’abitazione principale, escludendo le operazioni di investimento e le seconde case. Questa scelta metodologica garantisce una fotografia aderente ai reali bisogni delle famiglie italiane, sgombrando il campo dalle distorsioni che potrebbero derivare dalla stagionalità turistica o dal puro trading immobiliare.
Alla luce di tali numeri, il mercato residenziale italiano si conferma in transizione, senza strappi violenti ma con una costanza che ridefinisce confini e priorità. Prezzi, infrastrutture e qualità della vita si ergono a cardini di ogni scelta. Il 2024 chiude quindi con un settore maturo, in grado di leggere le esigenze dei residenti e di tradurle in nuove geografie domestiche, dove la città dialoga con la propria cintura in un continuum sempre più integrato.
