Scoprire che Costantino Vitagliano ha attraversato un lungo tunnel di sofferenza fisica sconvolge chi ne conserva l’immagine brillante e sicura di sé: la sua presenza televisiva di oggi rivela un uomo rinato, deciso a raccontare senza filtri la sua lotta contro un’implacabile malattia autoimmune che lo ha messo drammaticamente alla prova nell’ultimo anno e mezzo.
Nuove prospettive dopo la tempesta
Nel salotto di La volta buona, trasmissione guidata da Caterina Balivo, l’ex protagonista di Uomini e Donne ha rotto il silenzio in una data per lui simbolica, questo giovedì 25 settembre. Davanti a un pubblico che ancora associa il suo volto agli anni dell’effervescenza televisiva, Vitagliano ha voluto chiarire subito la portata della sua sfida: le cure non finiranno, ma il peggio è alle spalle. “Oggi so che la mia vita non è appesa a un filo”, ha dichiarato, rivelando quanto sia cambiato il modo di guardare ai progetti futuri, alle relazioni e perfino ai gesti quotidiani una volta considerati banali.
L’ottimismo, ha spiegato il cinquantenne modello milanese, nasce da una ristrutturazione radicale della terapia. Fino a pochi mesi fa ingeriva quotidianamente un grammo di cortisone, farmaco che lo rendeva irascibile e lontano dall’equilibrio emotivo necessario per affrontare una battaglia lunga. Adesso la posologia si è ridotta a qualche iniezione ogni trenta giorni, soluzione che mantiene sotto controllo l’infiammazione senza compromettere il tono dell’umore. Questo alleggerimento farmacologico, ha aggiunto, sta restituendo spazio alla progettualità: nuove idee professionali, più tempo da dedicare alla figlia e, soprattutto, la sensazione concreta di poter pianificare vacanze e appuntamenti senza l’ombra costante dell’emergenza.
La corsa in ospedale e la diagnosi inattesa
Non sempre, però, la malattia si è presentata in termini gestibili. Il racconto torna a quella notte in cui un dolore anomalo al ventre spinse Costantino al pronto soccorso; poche ore più tardi i medici individuavano una voluminosa massa infiammatoria lungo l’aorta addominale, portata a un inquietante diametro di trentasei centimetri. Le parole pronunciate dai sanitari – rischio di collasso in manciate di secondi qualora la parete si fosse lacerata – gli riecheggiano ancora in testa. “Mi hanno detto che sarei potuto morire prima di rendermene conto”, ricorda, descrivendo quel momento come l’istantanea che ha demolito ogni certezza costruita nei decenni precedenti.
Seguì un ricovero di quaranta giorni, tempo necessario a una lunga serie di esami per individuare la natura precisa dell’infiammazione autoimmune che aveva trasformato un organismo sano in un campo di battaglia. Ogni mattina, tra prelievi e controlli, il volto riflesso nel vetro della stanza d’ospedale gli appariva irriconoscibile; a scomparire non erano soltanto i lineamenti segnati dalla disidratazione, ma soprattutto la sicurezza di sempre. Eppure proprio in quella cornice asettica è germogliata la determinazione a non fuggire: “Se devo curarmi per tutta la vita, lo farò scegliendo di vivere, non di sopravvivere”, ha confidato ricordando i dialoghi con il personale sanitario che ancora oggi considera una famiglia allargata.
Un rapporto complicato con la bilancia
Il confronto con lo specchio, per chi ha fatto del proprio aspetto un elemento professionale, può diventare brutale quando arrivano malattie debilitanti. Costantino ha perso oltre 30 chili nel giro di poche settimane, massa che per un uomo alto come lui rappresentava quasi un terzo del peso abituale. Rientrato a casa dopo la degenza, si è trovato davanti un corpo asciugato a tal punto da sembrare quello di un estraneo: muscoli svuotati, abiti che scivolavano, tonicità scomparsa. Ritrovare un po’ di sé significava anche tornare a mangiare con fiducia, dormire senza timori e accettare che i progressi sarebbero arrivati lentamente, un etto alla volta.
Oggi la bilancia segna venti chili in più rispetto al momento più drammatico e, sebbene ne manchino ancora dieci per eguagliare il peso pre-malattia, l’ex tronista legge questo numero come la prova tangibile di una rimonta in corso. Non si tratta solo di calorie e diete, sottolinea, ma di recuperare forza mentale: allenarsi in palestra con cautela, camminare con la figlia, sedersi a tavola senza l’incubo di non digerire. Rivedersi simile alla versione di ieri, pur con qualche cicatrice in più, gli ricorda che al futuro si arriva un passo dopo l’altro, non con la frenesia di chi vuole bruciare le tappe.
Affrontare i giudizi online
Dentro questa traiettoria di rinascita si insinua però la ferocia dei social network. In rete, racconta, non sono mancati utenti pronti ad accusarlo di esibizionismo, insinuando che andasse in televisione solo per intercettare compassione o visibilità. In altri casi lo hanno invitato a “smetterla di lamentarsi” o addirittura messo in dubbio la veridicità delle diagnosi. Ferite che, ammette, oggi fanno più male di un tempo: “Prima avevo il cinismo di scrollarmi tutto di dosso, adesso la fragilità mi rende più permeabile”. La soluzione? Un clic sul pulsante “blocca”, senza replicare né giustificarsi, per proteggere il percorso di cura dal rumore di fondo.
Vitagliano non pretende di convincere chi lo critica, ma intende tutelare la propria tranquillità psicologica, necessaria quanto i farmaci nel mantenere sotto controllo l’infiammazione. In pubblico preferisce concentrarsi sui messaggi di vicinanza ricevuti da fan e colleghi, testimonianze che lo spronano a continuare ad alzarsi ogni mattina con un orizzonte di normalità. “Il mondo digitale può essere malato quanto la patologia che combatto”, riflette con amaro realismo, aggiungendo però che quelle stesse piattaforme gli permettono di sensibilizzare migliaia di persone sull’importanza di non sottovalutare i segnali fisici e di affidarsi tempestivamente ai medici.
