Milano, palco dell’ultima presentazione di Redemption, diventa l’occasione per svelare l’anima ribelle di Gabriele “Bebe” Moratti: la moda resta lo sfondo, ciò che davvero conta è il messaggio di libertà che vibra dietro ogni capo.
Una visione nata dalla musica
La scena si apre con Moratti seduto di fronte alla videocamera, cappellino all’indietro e t-shirt verde. Quel look spontaneo basta per coglierne il temperamento: istinto puro, zero formalismi, una mente che corre sempre alla prossima idea. La collezione spring-summer 2026, sfiorata soltanto per accenni – volumi architettonici, drappeggi che citano lo sfarzo degli anni Ottanta – per lui è già storia passata. Preferisce proiettarsi avanti, come se il presente fosse solo un trampolino verso la creazione successiva, e proprio questa frenesia creativa alimenta l’identità del marchio.
Alla domanda su chi sia la destinataria dei suoi abiti, la risposta arriva senza esitazioni. La ‘donna Redemption’ non è un’osservatrice delle tendenze ma la loro origine: potente, indipendente, pronta a dettare le proprie regole. «Una guerriera», la descrive; una presenza elegante ma indomita, capace di difendere diritti e opinioni scomode con la stessa naturalezza con cui indossa un abito da sera. In ciascuno, sostiene Moratti, giace quella scintilla da rockstar che rifiuta le convenzioni, nasce libera e si nutre di coraggio. A lei, e solo a lei, sono dedicate linee, tagli e tessuti.
Icone che fanno da bussola
Nell’immaginario dello stilista sfilano figure che hanno saputo trasformare la propria fragilità in forza scenica. Billie Holiday, con la sua voce che sfidava il razzismo, apre il corteo. Poi arrivano Aretha Franklin e Janis Joplin, quest’ultima etichettata come ‘ragazza più brutta del campus’ eppure destinata a sconvolgere il rock con una voce incendiaria. Patti Smith, androgina e poetica, completa la cornice di riferimenti femminili. Ciò che accomuna queste muse non è il genere musicale, ma la scelta di vivere controcorrente, un valore che per Moratti coincide con l’essenza stessa della moda.
A questo pantheon si aggiungono icone maschili che hanno scardinato ogni barriera di genere. Mick Jagger sceglieva camicie ereditate, mentre Jimi Hendrix saccheggiava mercatini vestendosi da pirata senza calcoli di marketing. Per Moratti il gesto di appropriarsi di capi ‘sbagliati’ crea l’uniforme più autentica: l’abito smette di indicare un genere e diventa pura espressione personale. I moodboard dello stilista, infatti, nascono spesso con volti maschili per poi tradursi in silhouette femminili, a dimostrazione di quanto labile sia il confine fra ribellione, sensualità e definizione di femminile.
Moda come atto di ribellione
Se nello scorso secolo la protesta si faceva strada con le spille da balia del punk, oggi – osserva Moratti – la società sembra aver perso il gusto della disubbidienza. I social, dice, replicano a specchio i nostri pregiudizi, atrofizzando il pensiero critico. L’arte, quando smette di destabilizzare, diventa semplice merce. Così la moda rischia di ridursi a merchandising, la musica a prodotto algoritmico, il cinema a sequel infinito. Per lui il compito della creatività resta quello di scioccare quanto basta per riaccendere il dialogo, altrimenti la cultura ristagna e si ricicla all’infinito.
Nella pratica, ogni collezione di Redemption viene calibrata su un genere musicale che riflette il clima politico del momento. Nel 2016 la musa era la Factory di Andy Warhol, habitat di diversità e collaborazione spregiudicata. L’anno seguente, dopo un esito elettorale statunitense non gradito, le passerelle si sono riempite di echi grunge, risposta frontale a un sistema percepito come troppo ‘corporate’. Poco prima della pandemia lo stilista ha virato sull’heavy metal, genere sorprendentemente pacifista che da ‘War Pigs’ a ‘One’ denuncia l’orrore bellico. Ogni stagione, insomma, traduce in tessuto un manifesto sonoro.
Colore, sensualità, identità
Nella recente collezione svetta il rosso: un pigmento costoso, vistoso, pensato come un gesto di sfida – «un invito a non restare nell’ombra», spiega lo stilista. Il viola richiama l’aristocrazia rock di Hendrix, mentre il giallo evoca per lui ricordi intimi, quasi privati. Ogni tonalità funziona come un messaggio in codice, più che come scelta estetica. Indossare quelle sfumature significa prendere posizione, mostrarsi, dichiarare un’appartenenza alla tribù dei non allineati. È un linguaggio cromatico che rifiuta la timidezza e pretende ascolto, tanto sul palcoscenico quanto nella vita quotidiana.
A volte Redemption viene liquidato come ‘solo sexy’. Moratti ribalta l’obiezione: sexy, dice, è sinonimo di esperienza sensoriale, la stessa che travolge chi assiste a un concerto quando la pelle si fa d’oca e lo stomaco si annoda. «La sensualità è un dialogo diretto con i sensi», sottolinea. Se un abito riesce a generare quella scossa emotiva, ha centrato il bersaglio. Non si tratta di mero ammiccamento, bensì di creare un ponte emotivo che renda lo spettatore parte attiva del racconto.
Scelte etiche e strategie di mercato
Il contraccolpo del Covid ha picchiato duro: il fatturato statunitense è crollato del 70%. Di fronte al bivio, Moratti ha scelto la via più impervia ma coerente, riducendo a due le uscite annuali per tagliare sprechi e salvaguardare il DNA del marchio. Meno stagioni, più qualità. Tutto è confezionato in Italia, in partnership con tessutai, modelliste e artigiani di altissimo profilo; un patrimonio di saper fare che, ricorda, «vale quanto qualsiasi campagna marketing». Questa scelta non è solo ambientale, ma anche culturale, perché difende una tradizione manifatturiera che rischierebbe altrimenti di svanire.
Oggi l’obiettivo è rinsaldare Europa e Stati Uniti seguendo regole chiare: niente pre-collezioni imposte dai department store e massima selettività nei canali di vendita. La Cina resta fuori per scelta strategica, mentre il Giappone fa storia a sé per sensibilità e tempi differenti. La coerenza, insiste lo stilista, vale più di qualsiasi espansione lampo. Preferiamo dire dei no adesso piuttosto che snaturarci domani, un mantra che guida ogni trattativa commerciale. Una politica che può sembrare controintuitiva nel breve periodo, ma che secondo Moratti garantirà sostenibilità e fedeltà al marchio nel lungo termine.
Oltre il profitto, prima l’umanità
Quando si parla di obiettivi personali, il discorso scivola su binari ben distanti dal mero fatturato. Moratti vuole lasciare un’impronta umana, non soltanto un bilancio in attivo. Disegnare abiti, come scrivere musica, serve a risvegliare coscienze, offrire emozioni, creare dialoghi. Celebrità come Lana Del Rey, Beyoncé o Lady Gaga hanno indossato Redemption senza cachet: «Il piacere è vedere l’abito vivere, non pagare per un endorsement», confida. Il lusso più grande resta la complicità con il proprio team e la possibilità di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
L’intervista si chiude su una nota quasi filosofica. Più della meta, conta il tragitto: la ricerca di tessuti, la discussione con i modellisti, la prova in atelier che accende lo sguardo di chi indossa per la prima volta un prototipo. «Il viaggio è ciò che dà sapore al nostro mestiere», ribadisce. E se domani una nuova idea potrà stimolare riflessione, coraggio o semplicemente un brivido di energia, allora sarà valsa la pena di continuare a cambiare pelle stagione dopo stagione.
