Ogni settimana sulle coste italiane sbarcano adolescenti soli che affrontano il Mediterraneo sperando in un futuro diverso; a loro è dedicata una nuova sinergia tra Roma, Berna e l’Agenzia Onu per i Rifugiati, impegnata a trasformare numeri allarmanti in percorsi di protezione reale e su misura.
Una collaborazione che nasce da numeri in crescita
Nel solo primo semestre del 2025, il Sistema Informativo Minori del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha registrato l’ingresso di 6.205 minorenni non accompagnati, pari al 18 per cento di tutti gli arrivi via Mediterraneo avvenuti nello stesso periodo. Sommando questo flusso agli ospiti già presenti si arriva, al 30 giugno, a 16.497 ragazzi e ragazze sotto tutela dello Stato italiano. Dietro queste cifre ci sono storie di viaggi estenuanti, di famiglie lontane e di prospettive da ricostruire passo dopo passo.
A fronte di questa crescita costante, il Ministero dell’Interno, la Segreteria di Stato della Migrazione svizzera e l’UNHCR hanno siglato il programma «Enhancing Reception and Protection Services for Unaccompanied Children in Italy». L’iniziativa si colloca all’interno di un accordo bilaterale tra Italia e Svizzera sul tema migratorio e punta a rafforzare le strutture di primo e secondo livello, a formare operatori specializzati e a garantire ai minorenni un’accoglienza allineata agli standard internazionali. Elemento decisivo del progetto è il coinvolgimento diretto delle comunità locali, chiamate a collaborare con le istituzioni nella costruzione di percorsi d’inclusione.
Le azioni concrete sul territorio e il centro di Como
La giornata di lavoro che ha visto il 31 luglio 2025 protagonista l’ambasciatore svizzero in Italia Roberto Balzaretti si è svolta nel centro di accoglienza per minorenni di Como, una delle 34 strutture inserite nel nuovo programma. Insieme a lui erano presenti la Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, Chiara Cardoletti, e il viceprefetto Roberto Leone, in arrivo dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. La visita ha offerto l’occasione di toccare con mano il modello operativo che il progetto intende replicare in altre aree sensibili del Paese.
La struttura lariana, gestita con il supporto di Save the Children, offre colloqui di orientamento legale, sostegno psicosociale e attività ricreative pensate per restituire un senso di normalità ai giovani ospiti. Gli operatori sono presenti ogni giorno e, oltre ad accompagnare i ragazzi, raccolgono informazioni sui loro profili, indispensabili per individuare eventuali vulnerabilità e calibrare meglio i percorsi di inclusione. È un approccio che coniuga cura immediata e pianificazione a lungo termine, trasformando l’accoglienza in un trampolino di opportunità concrete e misurabili.
Obiettivi e pilastri del nuovo programma
Battezzato con un nome inglese che ne evidenzia la vocazione internazionale, il progetto poggia su quattro assi portanti. Il primo riguarda il rafforzamento del coordinamento istituzionale tra livello centrale e amministrazioni locali, così da evitare sovrapposizioni e rendere più rapide le risposte. Il secondo prevede interventi mirati in Lombardia, Puglia, Basilicata e Campania, territori finora privi di un sostegno continuativo da parte di organizzazioni internazionali. L’obiettivo è costruire un filo diretto tra porti di sbarco, prefetture e strutture di accoglienza, riducendo al minimo i tempi di vulnerabilità.
Il terzo pilastro coinvolge nuovamente Save the Children, chiamata a mettere in campo equipe di psicologi, educatori e mediatori linguistici capaci di offrire un sostegno completo: dall’ascolto dei traumi all’informazione sui diritti, fino alla progettazione di attività ludiche che favoriscano l’integrazione. Il quarto, infine, punta sulla formazione continua degli operatori dei centri di prima accoglienza. Una migliore professionalità è considerata la chiave per garantire standard omogenei lungo tutta la penisola e ridurre le disuguaglianze di trattamento tra un territorio e l’altro.
I rischi delle fughe e la risposta istituzionale
Numerosi minorenni, pur accolti senza restrizioni sulla libertà personale, scelgono di allontanarsi poche ore o giorni dopo l’ingresso nel sistema. Nei primi sei mesi del 2025 se ne sono contati 2.572, letteralmente spariti dal radar delle autorità. Questa scelta li espone a reclutamento da parte di trafficanti e reti criminali, pronti a sfruttare la loro vulnerabilità. La scomparsa di un bambino comporta non solo pericoli immediati ma anche la perdita di ogni possibilità di tracciarne i passi e di garantirgli i diritti fondamentali.
Sul punto lo stesso Roberto Balzaretti ha ricordato che l’assenza di prospettive alimenta la fuga e aggrava la sofferenza dei più giovani, mentre per l’Unione Europea la gestione dei minorenni stranieri rappresenta una responsabilità condivisa. Le istituzioni italiane, attraverso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, stanno quindi sperimentando procedure più veloci per la presa in carico, unite a un monitoraggio costante degli allontanamenti. Senza un intervento tempestivo, ogni ritardo può tradursi in rischio irreversibile di sfruttamento e marginalità.
Voci dal progetto: Italia, Svizzera e UNHCR
Alla fine della visita a Como, la rappresentante dell’UNHCR Chiara Cardoletti ha spiegato che ogni bambino arrivato in Italia «merita un’accoglienza sicura e dignitosa, indipendentemente dal Paese d’origine». Pur evitando le parole pronunciate, il concetto è chiaro: fin dal primo giorno devono esserci spazi adeguati all’età, supporto psicosociale e attività educative. Secondo Cardoletti, quando la progettazione parte dall’ascolto del vissuto dei ragazzi, si crea un’alternativa concreta all’abbandono delle strutture e allo sfruttamento. Un ringraziamento particolare è stato rivolto alla Confederazione Svizzera per aver messo a disposizione risorse che, oltre a sostenere l’Italia, testimoniano un gesto di solidarietà europeista.
Dalla sponda italiana, il prefetto Rabuano, capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, ha sottolineato che esperienze come quella avviata con Berna e UNHCR arricchiscono il quadro normativo nazionale, potenziando la professionalità degli operatori chiamati a individuare con rapidità ogni fragilità. Per le autorità svizzere, ha ribadito Balzaretti, sostenere un Paese confinante significa anche tutelare i propri interessi: stabilizzare i flussi e proteggere i minorenni è un investimento in sicurezza condivisa. Il dialogo istituzionale diventa così una linea di protezione che attraversa i confini.
