Dagli scali ferroviari ai centri storici, le piazze italiane tornano a ribollire dopo l’assalto alla nave umanitaria diretta a Gaza, trasformando strade e binari in terreno di protesta. Da Torino a Milano, la mobilitazione in sostegno del popolo palestinese si fa ogni giorno più intensa e determinata.
La rabbia delle piazze italiane dopo l’attacco in mare
Il colpo inferto alla Global Sumud Flotilla nelle acque internazionali al largo di Creta ha scatenato una reazione immediata e capillare. Droni hanno colpito un’imbarcazione carica di aiuti diretta a Gaza, innescando un’onda emotiva che, nel giro di poche ore, ha travolto diversi capoluoghi. Gli attivisti parlano di “aggressione ingiustificabile” e chiamano a raccolta la cittadinanza, ricordando che «la solidarietà non può essere disarmata». La notizia ha ridestato l’attenzione di chi da mesi segue con angoscia l’escalation in Medio Oriente, spingendo i sindacati di base a proclamare uno sciopero generale e un invito alla “mobilitazione permanente” in difesa dei civili sotto assedio.
In questo scenario, la protesta non si limita più a presidiare piazze o a scandire parole d’ordine. Le manifestazioni si intrecciano con rivendicazioni più ampie, dal blocco delle forniture di armi destinate a Israele alla denuncia di quello che gli organizzatori definiscono «silenzio istituzionale sulle vittime». Le strade risuonano di slogan che chiedono coerenza alla politica italiana, accusata di aver reagito con più solerzia di fronte a qualche vetrina infranta che non di fronte alle migliaia di morti a Gaza. «Non ci accontenteremo di singole navi cariche di cerotti», ripetono i portavoce al megafono, denunciando «l’ipocrisia di chi firma la vendita di armamenti e poi si dice pacifista».
Tra cori di dissenso e binari fermati: il pomeriggio infuocato di Torino
Nel capoluogo piemontese, oltre un migliaio di persone si è radunato in piazza Castello, muovendosi poi in corteo verso la stazione di Torino Porta Susa. Qui i manifestanti hanno attraversato i binari, fermato un convoglio e paralizzato per più di un’ora il traffico ferroviario. Sui muri interni della stazione sono apparse scritte in rosso e nero: “Morte al sionismo”, “Gaza Free”, “Infuria, difendi, ribellati”. Alcuni attivisti hanno tentato di affiggere manifesti con la frase “Giù le mani dalla Global Sumud Flotilla” direttamente sulle carrozze del treno. Il frastuono dei tamburi, il rullare dei cori “Free Palestine” e l’eco di “Blocchiamo tutto” hanno avvolto i binari, trasformandoli in un vero anfiteatro di dissenso.
Dal megafono, la voce degli organizzatori ha ricordato che la protesta di lunedì scorso «non era che l’inizio». «Quella odierna – hanno gridato – è una battaglia che non conosce compromessi». Secondo gli attivisti, “il popolo italiano si è finalmente svegliato con una coscienza che non si farà più sedurre da mezze misure”. Lo striscione di testa proclamava “Intifada pure qua se non cambierà”, mentre il corteo, dopo aver lasciato i binari, ha proseguito tra le vie del centro, impegnandosi a non arretrare finché non sarà interrotta qualsiasi complicità con le operazioni militari israeliane.
Milano in marcia
Nel capoluogo lombardo la giornata si è aperta in piazza della Scala, con un presidio promosso dalla Cub. Da lì il corteo ha imboccato le vie del centro sulle note di “Bella Ciao”, avanzando verso piazza Castello sotto un mare di bandiere palestinesi. «Se non cambierà, bloccheremo la città» è stato lo slogan più ripetuto, accompagnato dai cori «Netanyahu criminale» e «Meloni complice del genocidio». L’atmosfera, seppur determinata, non ha registrato tensioni significative: le forze dell’ordine hanno seguito il flusso senza interventi, mentre gli organizzatori sollecitavano «un’adesione ancora più massiccia» allo sciopero generale convocato fra due giorni.
Dal microfono, Pietro Cusimano, rappresentante dell’Usb, ha criticato duramente l’esecutivo: «Hanno dato più rilevanza a dieci vetrine rotte che a 60mila morti», ha detto, rilanciando la necessità di “bloccare tutto” finché non verranno sospese le forniture di armi. La rabbia espressa in piazza – secondo i promotori – è destinata a crescere, alimentata dalla sensazione che il governo stia sottovalutando la portata morale e politica di quanto avviene a Gaza. Le voci dei giovani fermati durante gli scontri di lunedì circolano fra i manifestanti, che ne chiedono l’immediato rilascio e promettono nuove iniziative di mobilitazione permanente nei prossimi giorni.
