La controversia sul destino istituzionale di Alessandra Todde approda domani alla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sui conflitti di attribuzione sollevati dalla Regione Sardegna contro Stato e magistratura ordinaria. Sul banco degli imputati la legittimità della decadenza della governatrice, disposta per presunte irregolarità nei rendiconti delle spese elettorali.
La posta in gioco davanti alla Consulta
La trattazione in calendario domani a Palazzo della Consulta richiama l’attenzione nazionale, perché riguarda non un semplice contenzioso amministrativo, ma la stessa legittimazione popolare di un presidente di Regione. La Corte è chiamata a esaminare i conflitti di attribuzione promossi dalla Regione Sardegna contro Stato e Tribunale di Cagliari dopo la dichiarata decadenza di Alessandra Todde, eletta lo scorso 25 febbraio 2024, per presunte irregolarità nelle spese elettorali. In gioco c’è l’equilibrio fra autonomia speciale e disciplina statale in materia di controlli.
Col passaggio in aula pubblica, i giudici dovranno stabilire se la decadenza possa davvero derivare da una mera ordinanza amministrativa del Collegio di garanzia elettorale, decisione che, oltre a costare una sanzione di 40 mila euro, ha determinato lo scioglimento automatico del Consiglio regionale. Una scelta del genere, sostengono i ricorsi, comprimerebbe le prerogative del Presidente previsto dallo statuto speciale e svuoterebbe di significato il voto diretto espresso dagli elettori sardi, con ripercussioni politiche che vanno ben oltre l’isola.
I nodi giuridici: statuto regionale contro legge statale
La difesa dell’amministrazione regionale incentra la propria argomentazione su un punto dirimente: l’applicazione estensiva della legge 515/1993 in materia di finanziamento politico entrerebbe in rotta di collisione con le previsioni dello statuto speciale sardo, che riconosce al Presidente un rapporto fiduciario esclusivamente con il Consiglio. In altre parole, sostengono gli avvocati Omar Chessa e Antonio Saitta, non basta l’accertamento tecnico di un organo amministrativo per privare un eletto del suo mandato. Qualora la Consulta avallasse l’automatismo, si sancirebbe un precedente inedito nel sistema delle autonomie, trasferendo poteri di revoca da un organo politico assembleare a un ufficio tecnico, con evidenti ricadute su tutte le Regioni a statuto speciale. Un simile esito, avvertono i ricorsi, rischierebbe di trasformare il controllo sulle spese di campagna in uno strumento di commissariamento politico, capace di aggirare la volontà popolare e di alterare la durata naturale delle legislature regionali.
All’opposto, l’Avvocatura dello Stato insiste sulla natura meramente ricognitiva del provvedimento, ricordando che lo stesso statuto regionale rinvia alla legge dello Stato per quanto non disciplinato in modo esplicito. Secondo i legali Ruggero Di Martino e Fabrizio Fedeli, l’accertamento sulle spese di propaganda resta una questione di legittimità amministrativa, non politica, e dunque può essere affidato a un organo terzo senza ledere il principio di rappresentanza. La misura della decadenza, prosegue la memoria difensiva, si limiterebbe a dare esecuzione a sanzioni oggettive previste dal legislatore nazionale, indispensabili per tutelare la par condicio e la trasparenza della competizione. Se la Corte dovesse sposare tale ricostruzione, la governatrice verrebbe rimossa in via definitiva e si aprirebbe immediatamente la strada a nuove elezioni.
Il lungo percorso processuale fin qui
La sequenza degli atti che ha portato davanti ai giudici costituzionali è fitta di date: il 20 dicembre 2024 il Collegio di garanzia elettorale presso la Corte d’Appello di Cagliari ha emanato l’ordinanza contestata, notificata il 3 gennaio 2025. In quella sede, oltre alla penalità pecuniaria di 40 mila euro, si disponeva la decadenza della governatrice. Alessandra Todde reagì depositando, il 27 gennaio 2025, ricorso d’urgenza in Tribunale, chiedendo la sospensione dell’esecutività dell’atto. Quel tentativo, però, non ottenne l’effetto desiderato.
Il Tribunale di Cagliari, con sentenza 848 del 28 maggio 2025, ha infatti respinto il ricorso, confermando integralmente il provvedimento del Collegio. Pochi giorni dopo, la Regione Sardegna ha perfezionato un primo conflitto di attribuzione dinnanzi alla Consulta, depositato il 28 febbraio 2025, seguito da un secondo ricorso il 3 giugno 2025. In entrambi si ribadisce che soltanto il Consiglio regionale può rimuovere un presidente eletto, e che il giudice ordinario avrebbe ecceduto la propria giurisdizione pronunciandosi su un profilo politico-istituzionale.
Le prossime tappe e gli scenari possibili
Mentre la Corte costituzionale si accinge a dirimere il conflitto, la difesa di Alessandra Todde prosegue su un fronte parallelo. È già stato depositato l’appello davanti alla Corte d’Appello di Cagliari contro la sentenza di primo grado; l’udienza è fissata per il 21 novembre 2025. In quella sede si discuterà nel merito la legittimità delle presunte irregolarità nel rendiconto finanziario della campagna elettorale 2024, con la possibilità che l’organo di secondo grado, qualora accogliesse anche solo parzialmente le doglianze, sospenda l’efficacia della decadenza in pendenza del giudizio. La strategia processuale mira, dunque, a mantenere in vita l’esecutivo regionale almeno fino alla fine dell’autunno. A livello politico, intanto, le forze di maggioranza e opposizione misurano le proprie mosse, pronte a capitalizzare un’eventuale conferma o, viceversa, un ribaltamento della situazione per ricalibrare alleanze e candidature future.
Quanto alla decisione della Consulta, la camera di consiglio dovrebbe concludersi entro poche settimane dalla discussione, benché la pubblicazione della sentenza possa slittare a dicembre. Nel caso in cui i giudici costituzionali dessero ragione alla Regione, la decadenza verrebbe annullata e il Consiglio regionale riacquisterebbe la pienezza delle sue prerogative, potendo valutare autonomamente se avviare o meno una mozione di sfiducia. Se invece la Corte dichiarasse infondati i conflitti di attribuzione, la rimozione di Todde diverrebbe definitiva e, salvo improbabili colpi di scena a livello di giustizia civile, si aprirebbe la procedura per tornare alle urne al più presto. Una campagna elettorale lampo, in quel caso, rischierebbe di accendere di nuovo il dibattito sui limiti delle norme di finanziamento, riportando sotto i riflettori la necessità di un intervento legislativo chiarificatore.
