Scali paralizzati, passeggeri bloccati e sistemi di sicurezza in allerta: per ore gli aeroporti di Copenaghen e Oslo hanno sospeso ogni decollo e atterraggio dopo l’avvistamento di droni sopra le piste, salvo riaprire soltanto quando gli apparecchi si sono allontanati dal loro spazio aereo.
Chiusure temporanee e dirottamenti: la cronaca di una giornata convulsa
In tarda mattinata la torre di controllo danese ha individuato alcuni grandi velivoli senza pilota che sorvolavano a quote insolite in un’area dove ogni oggetto non autorizzato è vietato. L’allarme è scattato immediatamente: voli in arrivo costretti a prendere rotta verso scali di riserva, aerei già pronti al decollo rimasti in attesa sui piazzali e centinaia di viaggiatori congelati nei gate. Una scena analoga si è ripetuta poche ore dopo in Norvegia, quando due droni sono stati segnalati nei pressi dell’aeroporto di Gardermoen. La sala operativa di Oslo, dopo una rapida valutazione del rischio, ha disposto lo stop totale delle operazioni, deviando il traffico verso scali circostanti.
L’interruzione non si è protratta per l’intera giornata: in entrambe le capitali le piste sono tornate operative solo dopo che gli apparecchi si sono dileguati, senza alcun intervento di forza. «Non li abbiamo abbattuti perché a quel punto erano già fuori dal perimetro di sicurezza», ha chiarito il vice ispettore Jakob Hansen, ricordando che lo scalo danese era rimasto sorvegliato da reparti speciali dell’esercito e da tecnici dell’intelligence. A Oslo, la portavoce Monica Fasting ha confermato dirottamenti multipli ma nessun ferito, spiegando che la priorità è stata preservare l’incolumità di passeggeri e equipaggi.
Indagini incrociate tra Danimarca e Norvegia: gli interrogativi sul responsabile
Con gli scali tornati alla normalità, resta aperto l’enigma sull’origine dei droni. Le autorità di Copenaghen hanno avviato un’indagine congiunta con le controparti norvegesi, coinvolgendo unità di cyber-intelligence e reparti dell’aeronautica. Nessuno si sbilancia sulle ipotesi, ma l’attenzione è puntata sulle rotte e sulla sofisticazione degli apparecchi. Secondo gli investigatori, gli oggetti volavano in modo coordinato, mantenendo altitudini, velocità e traiettorie tali da eludere per ore il radar civile. Analizzare quei parametri, spiegano fonti investigative, potrebbe fornire la chiave per capire se dietro ci sia un gruppo criminale, un attore statale o un semplice provocatore di alto livello tecnico.
Il sospetto di un’operazione pianificata trova eco nelle dichiarazioni di Jens Jespersen, uno dei responsabili della polizia della capitale danese. In conferenza stampa, l’alto funzionario ha definito l’autore «un attore competente», riferendosi non solo alla stazza dei droni ma anche al tempo trascorso sopra l’aeroporto e alla precisione delle rotte seguite. Jespersen ha evidenziato come il numero di dispositivi individuati, le loro dimensioni e la scelta di colpire in ore di traffico sostenuto indichino una conoscenza approfondita delle procedure aeronautiche. Allo stato attuale, tuttavia, né la matrice né il movente risultano comprovati, e gli inquirenti mantengono aperto ogni scenario, compreso quello di un’azione di disturbo internazionale.
Le reazioni politiche e il timore di un’escalation
Il clima di apprensione ha spinto la premier Mette Frederiksen a diffondere una nota dai toni severi: l’episodio, ha scritto, rappresenta «l’attacco più grave mai sferrato finora contro le infrastrutture critiche danesi». La leader ha invitato i cittadini a prendere coscienza dei «tempi che stiamo vivendo» e a prepararsi a possibili minacce analoghe. Nel frattempo, il governo ha intensificato i controlli su porti, centrali e hub di trasporto, consapevole che gli aeroporti costituiscono solo una delle potenziali vie di vulnerabilità. Il messaggio politico è chiaro: Copenhagen intende mostrare fermezza senza però cadere in una spirale di allarme permanente.
Il caso scandinavo risuona in un contesto già infiammato dalle accuse di violazione dello spazio aereo lanciate contro Mosca da Polonia, Estonia e Romania. Non a caso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un post, ha parlato di «violazione russa» sorvolando però sui dettagli. Ancora più netta la posizione di Donald Tusk: il capo del governo di Varsavia ha ribadito la disponibilità ad abbattere qualunque oggetto ostile e ha chiesto il sostegno «univoco e totale» dei partner occidentali. Dichiarazioni che alimentano il timore di una possibile escalation e rendono urgente, per Copenaghen e Oslo, fare chiarezza sull’accaduto prima che l’incidente diventi il simbolo di un confronto sempre più duro ai confini orientali dell’Europa.
