La nuova fatica letteraria di Fabio Bacà si inoltra in un territorio dove i riflessi dei social media accecano quanto seducono, consegnando al lettore un racconto denso di mistero e desiderio. Tra delitti irrisolti, ricchezze improvvise e un amore che reclama ogni libertà, L’era dell’Acquario invita a scavare sotto la patina abbagliante del presente.
Una protagonista sospesa fra desiderio e segreti
Chloe incarna le contraddizioni di un’epoca che confonde esposizione con emancipazione. Da quando ha scelto di monetizzare la propria immagine su OnlyFans, la giovane ostenta un benessere scintillante, fatto di abiti costosi e di like che fioccano a ogni scatto. Eppure, dietro l’allure della ragazza che sembra possedere tutto, si avverte una frattura profonda: un senso di colpa mai estinto e la paura che il successo non basti a mettere a tacere le ombre interiori. Le sue notti, affollate di follower digitali, sono più solitarie che mai, e la ricerca di un riscatto autentico diventa l’ossessione che muove ogni scelta.
La sua ascesa economica, lontana anni luce dai precetti di modestia predicati in passato, deriva da un pensiero ribelle raccolto in una citazione di sant’Agostino filtrata dalle labbra di Lucrezia: «Ama, e fa’ ciò che vuoi». Quel motto, preso come lasciapassare verso qualunque desiderio, le concede di celebrare la propria sensualità senza freni, ma l’effetto liberatorio si trasforma presto in catena. Chloe capisce che l’abbondanza, se esibita senza filtri, rischia di generare la stessa prigione da cui sperava di fuggire. Nella penombra dei riflettori digitali cresce dunque la voglia di verità, un anelito che la spinge a rompere la maschera prima che la maschera diventi volto.
Il passato che ritorna nella neve
La trama orchestrata da Fabio Bacà ruota attorno a un ricordo che la protagonista vorrebbe seppellire sotto coltri di luce artificiale: un cadavere rinvenuto in un bosco gelato e la voce di un sopravvissuto che sostiene di aver visto l’aldilà. Quel frammento, custodito con ostinazione, agisce come una mina inesplosa nel presente: basta un dettaglio, un odore di resina o la foschia di una mattina d’inverno, per far tremare l’equilibrio precario che Chloe si è costruita. Nel romanzo l’enigma non ha mai una forma definita; si insinua, sfugge, cambia volto.
A complicare ulteriormente la partita interviene la figura ingombrante del padre, su cui grava l’ombra di un crimine infamante. Chloe, dilaniata fra la volontà di protezione filiale e il sospetto, sente il terreno cedere a ogni passo. Gli indizi si accumulano, ma è come nell’ironica lezione della «lettera rubata» di Poe: ciò che tutti cercano è in realtà sotto gli occhi di chiunque, solo troppo evidente per essere visto. In un crescendo di tensione, la ragazza comprende che l’unico modo per sciogliere il nodo è affrontare quello sguardo paterno che da sempre la atterrisce e la seduce.
Lo sguardo di Bacà e l’eco dell’utopia hippie
Il titolo L’era dell’Acquario evoca immediatamente gli inni psichedelici di Hair e l’ideale collettivo di un futuro basato su armonia, pace e trasparenza. Bacà ribalta quella prospettiva, mostrando un presente in cui la luce auspicata dagli hippie si è trasformata in una vetrina impietosa, più che in un’alba liberatoria. Oggi galleggiamo tutti dentro un gigantesco acquario digitale, convinti di aver conquistato la verità solo perché la pubblichiamo in tempo reale; ma l’acqua è torbida, e la visibilità non coincide con la comprensione.
La narrativa di Bacà si distingue per un registro raffinato, mai compiaciuto, capace di mescolare ironia, suspense e un’analisi lucidissima dei meccanismi di potere che legano sesso, denaro e consenso. Il romanzo procede come un’indagine interiore in cui ogni rivelazione genera un contrappeso morale: la ricchezza strappa felicità o produce vuoto? La libertà di amare tutto giustifica davvero qualsiasi azione? Chloe scopre che la risposta si nasconde nell’attimo in cui la luce dei riflettori si spegne, e il silenzio permette di ascoltare ciò che resta di se stessi.
Una voce già imprescindibile nella narrativa italiana
Fabio Bacà, nato a San Benedetto del Tronto e oggi residente ad Alba Adriatica, consolida con questo libro un percorso iniziato con Benevolenza cosmica e proseguito con Nova. Opere diverse per ambientazione e registro, ma accomunate dalla ricerca di un punto di contatto fra destino personale e forze che lo trascendono. La sua prosa, magnetica e precisa, non indietreggia davanti alle contraddizioni contemporanee; anzi le illumina con una lente che sa essere spietata e al tempo stesso profondamente empatica.
Con L’era dell’Acquario lo scrittore marchigiano conferma un talento sempre più riconoscibile: l’abilità di unire introspezione psicologica e ritmo narrativo, dando vita a romanzi che si leggono come thriller ma risuonano come confessioni collettive. Il lettore termina il libro con la sensazione di aver attraversato un rito di passaggio: gli specchi si sono infranti, eppure la ferita riflette finalmente un bagliore di autenticità. Ecco perché l’opera si impone come lettura imprescindibile per chiunque voglia comprendere dove sta andando il nostro desiderio di verità.
