In Puglia sta per nascere un gigante dei cieli destinato a cambiare il trasporto di componenti energetiche e, forse, a inaugurare nuove frontiere in ambito militare. Il progetto WindRunner, concepito dalla statunitense Radia e assemblato a Grottaglie, promette di riscrivere i confini della logistica grazie a un volume di carico senza precedenti.
Ambizioni e dimensioni mai viste
La fisionomia del WindRunner parla da sola: fusoliera lunga 109 metri, apertura alare di quasi 80, e una stiva che supera di oltre dieci volte il volume utile di un Boeing 747. Il carico, per la prima volta, entra frontalmente a livello del suolo, eliminando gru e rampe e accogliendo pale eoliche monoblocco lunghe fino a 105 metri. A rendere ancora più sorprendente l’impresa, la capacità di rullare e decollare da piste non asfaltate di 1,8 chilometri, in prossimità dei cantieri dove le turbine verranno erette.
Le scelte ingegneristiche non privilegiano la portata in tonnellate, bensì lo spazio interno: un concetto che rovescia la tradizione del trasporto aereo e risponde a un’urgenza concreta. Oggi, i limiti di autostrade, viadotti e porti costringono a costosi smontaggi e devianti percorsi speciali; con il WindRunner quei vincoli scompaiono. Spingendo la logistica al limite, il velivolo porta i componenti là dove servono, senza compromessi e senza rallentare la transizione energetica, creando un corridoio diretto tra impianti produttivi e siti remoti di installazione.
Il ruolo di Grottaglie e la filiera italiana
Se il progetto ha trovato casa in Grottaglie, non è per caso. Il sito pugliese, dove Leonardo realizza la sezione centrale e posteriore del 787 Dreamliner, è un concentrato di competenze nei materiali compositi e di linee produttive completamente automatizzate, popolate da circa 1.200 addetti. La presenza di un’infrastruttura aeroportuale già predisposta alle lavorazioni su larga scala – e destinata a trasformarsi in spazioporto per voli suborbitali – ha offerto a Radia il terreno ideale per radicare la propria base europea.
La catena di fornitura parla in larga misura italiano: Leonardo curerà la fusoliera, Magroup Magnaghi Aerospace firmerà i carrelli d’atterraggio, mentre Aernnova e altri partner europei completeranno la squadra. Secondo le stime, circa il 70 per cento dei componenti verrà prodotto nel continente, con l’Italia in posizione centrale. Il governo regionale ha già iniziato a mappare le aziende del territorio per ampliare la rete di subfornitori, convinto che l’indotto possa estendersi ben oltre l’aerospazio e coinvolgere settori metalmeccanico, elettronico e servizi avanzati.
Una tabella di marcia che sfida il tempo
Il calendario di sviluppo è tanto serrato quanto ambizioso. Radia punta a completare la progettazione e a portare il WindRunner in volo entro il 2029, per avviare le operazioni commerciali già nel 2030. Una prima maquette verrà presentata al Paris Air Show del 2025, con l’obiettivo di dimostrare la maturità concettuale davanti a investitori, stakeholder istituzionali e operatori dell’energia interessati a ridurre tempi e costi di installazione delle turbine di nuova generazione in contesti spesso ostili e geograficamente isolati del pianeta.
La distanza temporale è breve, e alla sfida tecnica si somma quella regolatoria: certificare un aeromobile di simili proporzioni implica prove strutturali, collaudi in volo e omologazioni senza precedenti. Ogni fase dovrà essere sincronizzata con le esigenze del mercato eolico, il cui ritmo di crescita non permette ritardi. Per questo Radia ha pianificato sin dall’inizio una sviluppo modulare, basandosi su componenti e processi già validati nel settore aeronautico, così da ridurre i rischi di programma e accelerare la transizione verso la produzione di serie.
Ricadute economiche e potenziali usi duali
Per la Puglia e per l’intero Paese, la campata industriale del WindRunner equivale a un impulso occupazionale stimato in migliaia di posti, oltre a investimenti miliardari in infrastrutture, ricerca e formazione. Cantieri, officine, centri di manutenzione e servizi di supporto potrebbero sorgere attorno al nuovo polo di Grottaglie, attirando competenze da tutta la filiera aerospaziale e manifatturiera nazionale. Si prefigura un laboratorio diffuso in cui tradizione meccanica e innovazione digitale convergono, con effetti moltiplicativi sull’economia regionale e sull’intero sistema produttivo italiano.
L’interesse del Dipartimento della Difesa statunitense, già formalizzato in un accordo di cooperazione, apre un capitolo ulteriore. Il velivolo, concepito per trasportare volumi elevatissimi senza smontaggio, potrebbe rivelarsi utile in missioni umanitarie o in operazioni strategiche dove i tempi sono critici. Il paragone con il compianto Antonov An-225 “Mriya” sorge spontaneo, ma qui l’accento non è su peso e portata, bensì sulla flessibilità di configurazione. In questa convergenza fra industria, energia e difesa, l’Italia si trova in prima linea, pronta a pilotare l’innovazione globale.
