Un’équipe multidisciplinare dell’Azienda ospedaliero-universitaria delle Marche ha scritto un capitolo nuovo nella diagnosi del cancro alla prostata, realizzando la prima indagine italiana con sistema Pet/Rm e tracciante 18F-Piflufolastat, specifico per l’antigene prostatico Psma.
A passo spedito verso diagnosi più tempestive
L’indagine, eseguita la scorsa settimana su tre uomini già in sorveglianza clinica, ha unito in un’unica seduta il tomografo Pet digitale con una Risonanza magnetica 3 Tesla. Il duplice flusso di dati ha generato immagini “fuse” ad altissima definizione, permettendo di individuare focolai tumorali di dimensioni minime con una precisione che, finora, le tecniche convenzionali non potevano garantire. Gli specialisti hanno parlato di risultati straordinari, capaci di anticipare la diagnosi e di incidere in modo concreto sul percorso terapeutico dei pazienti.
Il cuore dell’innovazione risiede però nel 18F-Piflufolastat, un radiofarmaco progettato per legarsi esclusivamente alle cellule che esprimono l’antigene specifico prostatico. Grazie a questo legame selettivo, l’esame illumina solo il tessuto coinvolto dal tumore, eliminando interferenze e falsi positivi tipici di traccianti meno mirati. Ciò significa diagnosi più nette, referti più chiari e scelte terapeutiche meglio calibrate, soprattutto in fasi in cui il semplice innalzamento del Psa non basta a definire il quadro clinico. L’approccio risulta quindi determinante tanto nella diagnosi iniziale quanto nel controllo post-operatorio, quando il timore di una recidiva biologica impone grande attenzione.
Dietro le quinte della sinergia clinica
A orchestrare questa prova di forza tecnologica e scientifica sono stati due reparti che, all’interno dell’Aou Marche, collaborano da tempo in modo serrato. Il Dipartimento di Scienze radiologiche guidato da Andrea Giovagnoni e il servizio di Medicina nucleare diretto da Fabio Fringuelli hanno unito competenze, personale e turni di lavoro per assicurare che ogni fase – dal dosaggio del radiofarmaco alla lettura delle immagini – seguisse protocolli condivisi. Un gioco di squadra che ha trasformato un’idea pionieristica in pratica clinica reale.
La scelta dei candidati, infatti, non è lasciata al caso. Il reparto di Urologia diretto da Andrea Benedetto Galosi fornisce una valutazione preliminare scrupolosa, analizzando ogni innalzamento del Psa e ogni sospetto di recidiva biochimica. Solo dopo un confronto collegiale vengono inviati al percorso Pet/Rm quei malati che possono trarre massimo beneficio dall’esame. Due pazienti, ad esempio, presentavano un semplice rialzo degli indici bioumorali; il terzo, invece, mostrava i segni di una possibile ricomparsa della malattia, condizioni ideali per testare il potenziale del nuovo protocollo.
Vantaggi operativi e impatto sociale
Dal punto di vista organizzativo, il sistema integrato offre benefici tangibili anche al di fuori della sala diagnostica. La procedura si svolge in regime ambulatoriale, con tempistiche sovrapponibili a quelle di una Pet/Tc tradizionale, ma consente al paziente di rimanere sullo stesso lettino per l’intera durata dell’esame. Eliminare trasferimenti da un macchinario all’altro riduce stress, artefatti da movimento e ottimizza l’utilizzo delle risorse ospedaliere, aprendo la strada a un servizio più accessibile, soprattutto per chi arriva da fuori regione e ha necessità di contenere i tempi di permanenza.
L’efficacia combinata di strumentazione e radiofarmaco si riflette in indici di sensibilità e specificità molto elevati. Le immagini ottenute non soltanto localizzano la neoplasia primaria all’interno della prostata, ma rivelano anche eventuali micro-metastasi che abbiano raggiunto linfonodi o altri organi. Di conseguenza, il team marchigiano ha predisposto un calendario di sedute con frequenza quindicinale, così da assorbire rapidamente la lista d’attesa già in formazione. Nell’immediato saranno coinvolti casi selezionati, con l’obiettivo di estendere la metodica alla più ampia popolazione possibile.
Visione per il futuro e testimonianze interne
Alla presentazione dei primi dati era presente anche il direttore generale Armando Marco Gozzini, che ha sottolineato come iniziative di questo tipo incarnino la missione di un ospedale pubblico: garantire eccellenza clinica senza mai perdere di vista la dimensione umana. «Ogni giorno – ha ricordato – i nostri professionisti dimostrano che dedizione e competenza possono convivere con un’attenzione autentica verso chi soffre». Secondo Gozzini, la nuova Pet/Rm rappresenta un tassello fondamentale nel percorso di crescita dell’azienda marchigiana, capace di attrarre pazienti e talenti da tutta Italia.
Giovagnoni e Fringuelli, artefici diretti dell’esame, parlano già di una «svolta destinata a cambiare le linee guida». I due medici puntano a rendere la procedura parte della routine clinica, soprattutto per i pazienti sottoposti a intervento chirurgico o radioterapia che necessitano di un follow-up serrato. La possibilità di unire in un solo atto imaging morfologico e metabolico – ribadiscono – non è soltanto un vantaggio tecnico, ma un aiuto concreto per decidere se, quando e come intervenire di nuovo. L’obiettivo dichiarato è ampliare progressivamente le indicazioni, consolidando il primato nazionale conquistato dalle Marche.
