Il quadro che accompagna la prossima legge di bilancio si compone di cifre in evoluzione, attese per oggi con l’aggiornamento Istat, e di ambizioni politiche tese a ridurre la pressione fiscale senza piegare l’equilibrio dei conti pubblici. Sul tavolo, taglio delle tasse, rottamazione e nuovo rapporto con le banche.
Mercati in ascolto, spread in discesa
Il segnale più immediato di fiducia arriva dai mercati obbligazionari, dove il differenziale tra Btp e Bund si è assottigliato di fronte alla conferma della solidità del Paese da parte delle agenzie di rating. L’ultima a pronunciarsi è stata Fitch, che ha ribadito l’affidabilità del debito sovrano tricolore, invogliando gli investitori e riducendo il costo del finanziamento per l’erario. Una reputazione stabile consente al Tesoro di pianificare con maggiore serenità gli interventi in programma, sapendo che la platea di chi acquista interessi italiani continua a crescere. Il riflesso positivo dello spread si traduce in minori tensioni sui conti e in un margine negoziale più ampio con Bruxelles.
Gli analisti guardano inoltre con favore alla possibilità, giudicata sempre più concreta, che l’Italia esca già nel 2025 dalla procedura europea per disavanzo eccessivo, con dodici mesi di anticipo rispetto ai piani iniziali. Un passo che rafforzerebbe ulteriormente la credibilità del governo Meloni proprio nel momento in cui dovrà sedersi al tavolo con la Commissione per ottenere margini di manovra sugli investimenti in difesa e sicurezza, esclusi dai calcoli di spesa primaria netta. L’anticipo nella correzione del deficit non è solo un dato tecnico: rappresenta un segnale politico di affidabilità nei confronti dei partner continentali, capace di consolidare la reputazione del Paese dopo anni di sorveglianza contabile.
Verso la nuova fotografia dei conti nazionali
Il quadro numerico su cui si costruirà la legge di bilancio verrà ridisegnato dall’aggiornamento dei conti economici che Istat pubblica in giornata. Le eventuali revisioni su deficit e debito dell’anno in corso sono cruciali perché la normativa europea impone di proiettare le nuove grandezze anche sulle stime del 2025. Ogni decimale in più o in meno sposta centinaia di milioni di euro di spazio fiscale, determinando la reale portata degli interventi su cui il governo intende impostare la manovra. I tecnici del Tesoro incrociano le tabelle con prudenza, consapevoli che una sorpresa negativa ridurrebbe il perimetro delle misure promesse ai contribuenti.
A fare da bussola rimane la linea della disciplina, ribadita più volte da Palazzo Chigi: gli eventuali risparmi legati al minor esborso per gli interessi sul debito non potranno essere destinati a nuove spese ma dovranno confluire nell’abbattimento del passivo pubblico. L’esecutivo considera questa scelta una garanzia di serietà nei confronti dei mercati, un vincolo autoimposto che impedisce di disperdere risorse preziose in capitoli non prioritari. L’attenzione, piuttosto, si concentra sulle entrate aggiuntive derivanti da concordato preventivo, lotta all’evasione e proroga di alcune imposte una tantum, spazi che potrebbero sostenere il pacchetto di agevolazioni fiscali promesso al ceto medio.
Banche e contributo al ceto medio
Sul fronte delle coperture torna con forza l’appello del vicepremier Matteo Salvini al sistema creditizio nazionale. Dal palco di Pontida il leader della Lega ha ricordato che negli scorsi dodici mesi le banche italiane hanno registrato utili superiori a 46 miliardi di euro, una cifra che a suo avviso consente al comparto di sostenere, almeno in parte, lo sforzo pubblico volto ad alleggerire la pressione fiscale su famiglie e piccole imprese. «Aiutare i deboli deve restare una priorità», ha insistito Salvini, sottolineando che dividendi meno generosi non metterebbero in difficoltà i grandi azionisti.
Il ragionamento del ministro delle Infrastrutture è chiaro: un contributo straordinario, calibrato su utili record, potrebbe finanziare il taglio dell’aliquota del 35 al 33 per cento e la nuova rottamazione 5 dei debiti fiscali, senza appesantire il bilancio dello Stato. La proposta circola nei documenti preparatori e avrebbe il pregio di non entrare in conflitto con i parametri europei, perché si configurerebbe come entrata una tantum. Nelle prossime settimane i tecnici del Tesoro valuteranno con attenzione tempi, platea e modalità di prelievo per evitare contenziosi e, al contempo, garantire che le risorse arrivino in tempo per alimentare la manovra.
Giorgetti e la via della riduzione fiscale
Sul medesimo palco lombardo il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ricordato che il primo dovere di un ministro del Tesoro è spiegare agli italiani da dove provengono i fondi prima di ogni annuncio. Da qui la scelta di puntare su una «pace fiscale», quinto capitolo di rottamazione dei debiti, destinato a chiudere pendenze di piccola entità e a garantire incassi rapidi. Durante il suo intervento, Giorgetti ha ribadito che ogni euro speso senza copertura equivale a un euro di imposte future, principio sul quale costruisce la reputazione di severità gestionale rivendicata dal governo.
L’obiettivo più visibile, però, rimane la riduzione dell’aliquota intermedia sul reddito delle persone fisiche dal 35 al 33 per cento, mossa che secondo il dicastero potrà restituire respiro al ceto medio senza compromettere gli equilibri strutturali. La sfida è trovare un bilanciamento tra impulso alla crescita e rigore contabile, tema che lo stesso ministro definisce «non negoziabile». Gli uffici di via XX Settembre stanno incrociando scenari di spesa e proiezioni di gettito per calibrare la misura, consapevoli che un eventuale scostamento di bilancio è escluso e che l’Europa vigilerà attentamente sull’evoluzione del quadro macroeconomico.
Il banco di prova delle pensioni e del lavoro
Mentre il Mef affina le cifre, il ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone prepara un pacchetto di norme su salari, previdenza e welfare destinato a integrarsi con la manovra di fine ottobre. Tra le ipotesi più avanzate spicca l’anticipo pensionistico per le professioni usuranti, soluzione che avrebbe un impatto modesto sulle casse statali grazie a requisiti selettivi e finestre di uscita calibrate. Lo scopo è riconoscere la diversa gravosità dei mestieri senza mettere a repentaglio la sostenibilità dell’intero sistema, confermando l’impegno del governo a unire equità sociale e prudenza finanziaria.
Non meno ambizioso è il capitolo sulla previdenza complementare, che la ministra considera fondamentale per i lavoratori più giovani. L’idea è favorire l’adesione precoce ai fondi pensione integrativi tramite incentivi fiscali e maggiore educazione finanziaria, trasformando i neoassunti in «formiche» capaci di accantonare risorse lungo l’intero arco della carriera. Sul tavolo c’è la possibilità di collegare questi schemi a prestazioni sanitarie integrative e altri servizi di welfare, in modo da costruire un secondo pilastro robusto e flessibile. Anche in questo caso, la sostenibilità dei conti resta la bussola che guida ogni scelta normativa.
