Durante la World Manufacturing Convention 2025 di Hefei, la ricerca cinese ha mostrato un balzo in avanti concreto: un prototipo capace di trasformare la polvere lunare in mattoni utili per costruzioni sulla superficie del nostro satellite. Un annuncio che riscrive il modo di immaginare le future missioni di lunga durata.
Mattoni lunari: l’idea che cambia il gioco
Il palcoscenico della World Manufacturing Convention 2025 ha visto il Deep Space Exploration Laboratory svelare un dispositivo che, per la prima volta, mette in pratica l’estrazione di materiali da costruzione direttamente in ambiente extraterrestre. La macchina, ancora in fase concettuale ma già funzionante nei test, impasta la regolite con pura energia solare, regalando un’alternativa concreta alla costosa spedizione di carichi dalla Terra. Il sogno di basi permanenti autosufficienti guadagna così un alleato tecnologico tangibile che potrebbe abbreviare tempi e costi delle missioni.
La struttura del dispositivo richiama l’essenzialità ingegneristica che contraddistingue i progetti destinati allo spazio profondo. Al cuore dell’apparecchio trova posto un riflettore parabolico di grandi dimensioni, capace di catturare l’irradiazione della nostra stella e convogliarla, attraverso speciali fibre ottiche, verso una camera di reazione. Hefei diventa così teatro della dimostrazione di una catena produttiva completamente alimentata dal Sole, priva di combustibili, in cui ogni watt risparmiato è un passo in più verso l’autonomia lunare duratura e sostenibile nel prossimo futuro.
La fisica del sole imprigionato in un riflettore
Quando la luce viene concentrata oltre tremila volte la normale intensità, accade qualcosa che sulla Terra osserviamo soltanto nei laboratori di metallurgia estrema. È esattamente questa la potenza che il riflettore disegnato dal DSEL riesce a incanalare lungo i suoi filamenti di vetro ad altissima trasparenza. Il raggio, una volta giunto nella camera di fusione, sviluppa temperature che superano i 1.300 gradi Celsius, più che sufficienti per sciogliere la polvere lunare e trasformarla in una massa viscosa pronta a essere modellata.
La fase successiva è una danza millimetrica di raffreddamento e pressatura: il materiale fuso viene colato in stampi che riproducono il formato di robusti blocchi da costruzione. Una volta solidificati, questi elementi sopportano le escursioni termiche e l’irraggiamento del suolo selenico, rivelandosi ideali per strade di collegamento e strutture protettive. Ciò significa che ogni grammo di regolite diventa risorsa preziosa, riducendo dipendenze logistiche e spalancando scenari di cantieri extraterrestri mai davvero ipotizzati con tale concretezza dal punto di vista economico e operativo.
Una visione che guarda al 2035 e oltre
In parallelo alla dimostrazione tecnica, gli scienziati hanno ricordato l’obiettivo strategico che guida l’intero progetto: l’allestimento della Stazione Internazionale di Ricerca Lunare. La tabella di marcia prevede un primo complesso di moduli sulla regione del Polo Sud del nostro satellite entro il 2035, area illuminata per lunghi periodi e ricca di ghiaccio d’acqua. Questo avamposto, se alimentato da mattoni prodotti in loco, potrà ospitare laboratori, depositi e infrastrutture di supporto fondamentali per esperimenti di lunga durata e missioni scientifiche continue.
Già nei primi anni Quaranta è previsto un ampliamento della base con nuovi segmenti abitativi, centrali energetiche più estese e un hub orbitale per lo scambio di personale e materiali. Una crescita modulare, spiegano i responsabili del progetto, che diventa economicamente sostenibile soltanto se la componente edilizia resta sul posto. Utilizzare la regolite significa alleggerire i lanci, accorciare i tempi di approvvigionamento e, in ultima analisi, creare un ecosistema industriale autosufficiente a oltre 380.000 chilometri dalla Terra in permanenza.
Oltre la Luna: altre meraviglie svelate a Hefei
Il convegno non si è limitato ai mattoni lunari. Sotto i riflettori sono comparsi un scudo termico riutilizzabile e ultra-leggero per razzi di nuova generazione, una piattaforma di litografia computazionale capace di aprire strade inedite nella produzione di chip avanzati e un sistema di interfaccia cervello-computer non invasivo che promette applicazioni tanto mediche quanto industriali. A completare il quadro, un framework tecnologico universale per robot intelligenti destinato a standardizzare hardware e software nel settore nei prossimi cicli di sviluppo globale.
Gli organizzatori hanno sottolineato come queste innovazioni, pur appartenendo a campi differenti, convergano verso un obiettivo comune: rendere la produzione industriale più flessibile, sostenibile e autonoma dalle risorse terrestri tradizionali. Dalla protezione degli stadi di lancio alla miniaturizzazione elettronica, ogni tassello contribuisce a ridisegnare l’equilibrio tra uomo, tecnologia e spazio. Hefei, per qualche giorno, si è trasformata in un crocevia di futuri possibili dove ricerca, impresa e visione strategica si sono date appuntamento per plasmare l’avventura umana oltre i confini del nostro mondo.
