Dopo un biennio di prove con i colossi globali del food delivery, la storica hamburgeria frattese Black Burger sceglie di ricongiungersi con l’italiana Alfonsino Delivery, abbracciando un modello più vicino alla propria identità e inaugurando un nuovo capitolo che riflette le trasformazioni in atto nell’offerta di consegna a domicilio.
Una scelta maturata dall’esperienza sul campo
Quando nel 2023 Black Burger decise di affidarsi alle piattaforme globali, l’obiettivo era misurarsi con una platea più ampia e comprendere le dinamiche di un mercato dominato da algoritmi e standardizzazione. Ben presto, tuttavia, emersero problemi che andavano oltre i semplici numeri: consegne spesso slegate dai ritmi del locale, tempi di attesa variabili e, soprattutto, un livello di personalizzazione insufficiente per un prodotto costruito con cura artigianale. Sentire che l’esperienza del cliente sfuggiva di mano ha spinto la proprietà a interrogarsi sulla reale utilità di un sistema che, pur offrendo visibilità, non garantiva quel controllo qualitativo ritenuto imprescindibile.
Il bilancio di questi due anni, raccontano fonti vicine all’azienda, ha evidenziato costi operativi in crescita e un contatto sempre più labile con i destinatari finali dei panini. Lontani dal bancone, i responsabili del locale non potevano intervenire sulle criticità di consegne disperse o in ritardo, né gestire in tempo reale le eventuali insoddisfazioni. Risultava paradossale assistere a recensioni dettate più dal tragitto di uno scooter che dalla bontà della carne. A quel punto, ripensare le proprie alleanze è sembrato l’unico modo per restituire alla clientela l’attenzione che aveva decretato la fortuna di Black Burger sin dalla sua apertura.
Dietro le quinte del cambio di strategia
La ricerca di un partner capace di coniugare affidabilità tecnologica e dimensione umana ha riportato i titolari a guardare verso Alfonsino, realtà con la quale esisteva già una positiva sperimentazione. L’azienda campana, oggi quotata in Borsa, ha fatto della vicinanza territoriale un pilastro, proponendo un sistema che rinuncia all’eccesso di automazione in favore di un contatto diretto con il ristoratore. Non si tratta di semplici consegne, ma di un’estensione dello staff di sala, spiega chi ha seguito la trattativa: i rider vengono formati per preservare integrità e temperatura dei prodotti, mentre gli aspetti logistici sono modulati secondo le consuetudini di ogni cucina.
In questo schema, la misurazione del successo non passa soltanto da grafici e KPI, ma da parametri tangibili quali il sorriso del cliente quando apre la confezione o la regolarità con cui un panino arriva intatto sulla tavola di casa. Alfonsino mette a disposizione un’interfaccia dati completa, ma lascia al ristoratore la libertà di calibrare orari, zone e promozioni. Una cooperazione fatta di telefonate, consigli e aggiustamenti in tempo reale, capace di ridurre al minimo gli imprevisti. Non sorprende, dunque, che proprio questa elasticità abbia convinto Black Burger a salutare definitivamente i modelli omologati delle big tech.
Le voci dei protagonisti
I commenti ufficiali confermano la portata simbolica dell’accordo. Claudio Cipriani, Chief Administrative Officer di Alfonsino S.p.A., sottolinea che il ritorno di Black Burger non è una semplice riattivazione commerciale, bensì la dimostrazione di come valori condivisi possano resistere nel tempo. In un lungo intervento, l’executive rimarca il rispetto verso un brand che ha saputo mettere in discussione i propri strumenti pur di tutelare il cliente finale. Quando la visione coincide, aggiunge, la fiducia si consolida e genera valore sostenibile, evidenziando l’intento di costruire rapporti di lunga durata piuttosto che inseguire volumi effimeri.
Dall’altra parte, Giuseppe Auriemma, fondatore di Black Burger, racconta con pragmatica passione il motivo del dietrofront: non basta analizzare le metriche per definire efficiente un servizio, occorre che i panini arrivino caldi, curati e puntuali. Nel rimarcare come Alfonsino sia sempre stato qualcosa di più di un semplice vettore logistico, Auriemma insiste sul ruolo della componente umana: ogni consegna è un momento di verità, un frammento di relazione che va custodito con attenzione. Ritrovare questa certezza logistica – sostiene – significa restituire al marchio l’immagine autentica che lo ha reso un punto di riferimento a Frattamaggiore.
Un segnale per l’intera ristorazione campana
La decisione di Black Burger non rappresenta un caso isolato. In tutta la Campania – dove Alfonsino gode di radicamento capillare – un numero sempre crescente di ristoratori sta riducendo la propria dipendenza dai marketplace globali per abbracciare soluzioni più verticali. Il motore di questa migrazione è un sentimento comune: il desiderio di recuperare il controllo sull’esperienza, sull’immagine e sui margini. Le stesse multinazionali, pur garantendo grandi bacini di utenti, finirebbero per livellare identità diverse in un flusso anonimo, mentre operatori locali consentono di salvaguardare la singolarità di ogni cucina.
Il fenomeno, osservano gli addetti ai lavori, potrebbe inaugurare una stagione diversa nel food delivery italiano: meno basata su massimizzazione delle corse e più attenta a costruire fiducia. Se la scelta di un player indipendente premia realtà come Black Burger, diventa plausibile ipotizzare una ridistribuzione delle quote a vantaggio di partner che sappiano parlare la lingua del territorio. A conti fatti, il futuro non sembra una fuga dal digitale, bensì un suo uso consapevole, modulato sulle esigenze concrete di chi produce e di chi ordina.
