La voce di Antonio Tajani scuote il dibattito internazionale, intrecciando i fronti di Ucraina e Medio Oriente. Le sue parole, pronunciate negli studi di Rai 3, offrono un quadro nitido delle tensioni globali e richiamano la necessità di scelte ponderate.
Trump, la Cina e il disincanto di Tajani
Secondo il titolare della Farnesina, il continuo scontro tra Washington e Pechino monopolizza ormai l’attenzione di Donald Trump. L’ex presidente statunitense, osserva Tajani, considera la Cina il rivale strategico più insidioso, ben più della Russia. Tale convinzione nasce dal «progetto globale» con cui Pechino, affiancata da Iran, Corea del Nord e Mosca, vorrebbe ridisegnare gli equilibri del pianeta, togliendo centralità agli Stati Uniti e all’insieme dei Paesi occidentali. Tajani lega questa analisi a una visione di lungo periodo, in cui la competizione tecnologica, economica e militare rischia di diventare lo spartito dominante della scena internazionale.
L’immagine dei leader riuniti a Pechino, immortalati accanto a missili, blindati e truppe schierate, rappresenta per Tajani un segnale eloquente. Non si tratta, chiarisce, di un gesto simbolico in favore della distensione, bensì della prova di una potenziale coalizione ostile ai valori occidentali. Il ministro precisa però che non ritiene l’India parte di questo disegno: Nuova Delhi, a suo avviso, conserva margini di autonomia e non abbraccia integralmente l’agenda di Pechino. In questa lettura, l’istantanea cinese conferma l’urgenza percepita da Trump, relegando il rischio russo a un piano subordinato.
Il ruolo di Putin e la diplomazia mancata
Nella stessa intervista, il ministro punta l’attenzione su Vladimir Putin, accusandolo di aver «preso in giro» Donald Trump. L’ex inquilino della Casa Bianca, ricorda Tajani, aveva investito energie per favorire un incontro diretto tra il presidente russo e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Il leader del Cremlino avrebbe però vanificato quella possibilità, lasciando Trump esposto a un gioco di prestigio geopolitico. Per il capo della diplomazia italiana, il fallimento di quel tentativo dimostra quanto sia difficile piegare la strategia di Mosca a logiche di mediazione, finché l’aggressione all’Ucraina resta uno strumento di pressione sull’Occidente.
Intervenendo a «Restart», Tajani aggiunge che la perseveranza di Putin nell’offensiva rende indispensabile tenere alta la guardia in Europa. Tuttavia, ripete, la minaccia russa non deve far perdere di vista il respiro più ampio della competizione con Pechino. Il doppio binario impone agli alleati atlantici di sostenere Kiev e, al contempo, predisporre una risposta coordinata a un asse che vede Cina, Iran e Corea del Nord procedere in tandem con la Russia. L’equilibrio fra questi impegni, ammonisce Tajani, sarà decisivo per il futuro assetto internazionale.
Medio Oriente, l’appello di Roma alla responsabilità
Dal teatro ucraino il discorso di Tajani si sposta sul conflitto fra Israele e Hamas. Il ministro esprime la speranza che il premier Benjamin Netanyahu scelga di fermarsi, scongiurando l’occupazione permanente di Gaza o della Cisgiordania. Per l’Italia, sottolinea, l’unica soluzione duratura passa dalla creazione di uno Stato palestinese capace di convivere accanto a quello israeliano. La costruzione di tale percorso richiede coraggio politico e una visione che superi la logica del “dente per dente”, scandisce il capo della Farnesina.
L’urgenza, evidenzia Tajani, riguarda innanzitutto la sorte degli ostaggi e dei civili intrappolati nelle zone di conflitto. «È necessario salvare vite innocenti ed evitare una carneficina», ribadisce, richiamando Netanyahu a un «senso di responsabilità» capace di arrestare le distruzioni indiscriminate. Il ministro descrive il presente come un crocevia morale: la comunità internazionale, conclude, non può distogliere lo sguardo né dall’Europa orientale né dal Medio Oriente, perché su entrambi i fronti si gioca la credibilità dei valori democratici.
