In diretta a Storie Italiane su Rai1, intervistato da Eleonora Daniele, Marcello Carbonaro, padre di Martina, la quattordicenne uccisa ad Afragola a maggio, ha raccontato il proprio dolore, ha puntato il dito contro l’ex fidanzato Alessio e ha lamentato scuse giunte soltanto in televisione dalla famiglia del ragazzo.
La testimonianza in diretta e il primo giorno di scuola senza Martina
Nel suo intervento televisivo, Marcello Carbonaro ha descritto con chiarezza il peso di un’assenza che diventa più acuta nel momento in cui riparte la vita quotidiana. Il primo giorno di scuola, ha spiegato, rappresenta per la famiglia la misura concreta di ciò che è stato perduto: una routine che non potrà più includere la figlia. L’eco di questa ricorrenza si trasforma in una ferita rinnovata, perché segna l’inizio di un calendario che riprende senza la presenza di Martina, ricordando a ogni passo la frattura provocata da quanto accaduto a maggio.
Il padre ha ribadito come, col passare del tempo, il dolore non si attenui. Anzi, ha sottolineato, la consapevolezza si fa più tagliente: sono trascorsi quasi quattro mesi dall’uccisione della figlia, eppure l’assenza continua a imporsi con la stessa durezza del primo giorno. La famiglia si ritrova così a misurare il tempo non più in attese e progetti, ma in ricorrenze che confermano la perdita e in giornate che scorrono segnate da un vuoto ormai definitivo, divenuto cifra con cui fare i conti ogni mattina.
L’accusa all’ex fidanzato e le risultanze dell’autopsia
Parlando dell’ex fidanzato Alessio, il genitore non ha lasciato spazio ad attenuanti, definendone la condotta in termini estremamente severi. Lo ha indicato come responsabile della tragedia, ricorrendo a espressioni nette che evidenziano la gravità dei fatti a suo carico. In particolare, ha richiamato l’azione violenta che avrebbe determinato la morte della quattordicenne, sottolineando la distanza tra la fiducia riposta in passato e la realtà emersa dopo quanto accaduto ad Afragola. Una frattura totale, ha lasciato intendere, tra ciò che si credeva di conoscere e ciò che poi sarebbe avvenuto.
Il quadro, per come ricostruito dal padre, si intreccia con le conclusioni dell’autopsia rese note nei giorni scorsi: la giovane sarebbe stata colpita quattro volte alla testa con un sasso. Si tratta di un dettaglio che, riferito in trasmissione, rende ancora più concreto l’orrore dell’aggressione e spiega la durezza delle parole utilizzate dal genitore. La crudezza di quei colpi – ha evidenziato – restituisce la misura della violenza subita dalla figlia e contribuisce a definire la sua valutazione senza concessioni sul comportamento attribuito ad Alessio.
La fiducia iniziale e il legame con la famiglia del ragazzo
Un passaggio centrale della testimonianza riguarda la fiducia che il padre aveva accordato al ragazzo e il rapporto di lunga data con la sua famiglia. Marcello Carbonaro ha ricordato di essere cresciuto accanto ai nonni di Alessio e di aver considerato inizialmente il giovane come una presenza tranquilla. Quando Martina lo aveva conosciuto, la valutazione in casa era stata cauta ma positiva. In questa cornice, il tradimento di quella fiducia pesa oggi in modo ancora più marcato, perché incrina non solo la percezione del ragazzo, ma anche il tessuto di relazioni costruito nel tempo con i suoi familiari.
Il padre ha ricordato inoltre di aver sempre richiamato il ragazzo alla prudenza, rammentandogli che la figlia era più giovane e che andava tutelata. Ha spiegato che Martina non era solita frequentare determinati ambienti e che aveva messo in guardia la ragazza, pur dichiarando che, a suo dire, sarebbe stata trascinata dal giovane in contesti non abituali per lei. In questa prospettiva, la perdita assume il profilo di una doppia lacerazione: quella di un genitore che vede infrangersi le proprie rassicurazioni e quella di un equilibrio familiare che riteneva protetto e affidabile.
Le provocazioni percepite e le scuse soltanto in televisione
Un ulteriore elemento riferito dal padre riguarda i rapporti con la famiglia di Alessio. Ha precisato che non vi sarebbero minacce, ma atteggiamenti che egli interpreta come provocazioni, tali da riaprire continuamente la ferita. Secondo quanto raccontato, il silenzio mantenuto in pubblico e i comportamenti osservati nel privato alimenterebbero un clima di forte disagio. La sofferenza, in questo quadro, risulta aggravata dalla percezione di essere osservati e dal mancato riconoscimento, diretto e personale, del dolore subito.
Il padre ha poi denunciato l’assenza di scuse presentate di persona: a suo dire, sarebbero arrivate solo in televisione, mentre nessuno si sarebbe recato a casa loro. Ha sottolineato che persino la nonna del ragazzo – una figura che sostiene di conoscere da quando era bambino – non avrebbe fatto visita, interpretando questo comportamento come mancanza di umanità. In questo insieme di fatti, ha concluso, sta la cifra di una vicenda che continua a produrre dolore: non solo per ciò che è accaduto, ma anche per ciò che non è accaduto, ovvero un gesto di vicinanza umana atteso e mai ricevuto.
