La caduta di Matteo Franzoso sulle nevi cilene costringe il mondo dello sci a guardarsi allo specchio: il presidente dello Sci Club Sestriere, Alessandro Garrone, reclama un immediato cambio di rotta sulla sicurezza.
Una scia di incidenti che non può più essere ignorata
Dal drammatico volo di Franzoso, avvenuto il 13 settembre sulle piste di allenamento di La Parva, in Cile, affiora un dato inquietante: in meno di dodici mesi tre giovani atleti azzurri sono stati travolti da incidenti gravissimi durante semplici sedute di preparazione. La cronologia è impietosa: nell’ottobre scorso la ventenne Matilde Lorenzi ha perso la vita in Val Senales, a marzo è toccato al diciottenne Marco Degli Uomini sullo Zoncolan. Ora il ventiseienne ligure lotta per sopravvivere dopo l’impatto contro una staccionata in legno.
Bastano pochi secondi per cambiare una carriera intera: l’azzurro, trasportato in elicottero all’ospedale di Santiago del Cile, è stato intubato e posto in coma farmacologico per un grave trauma cranico. La sua battaglia clinica si svolge lontano da casa, ma il segnale arriva forte sino alle Alpi. Garrone, manager e dirigente sportivo, evidenzia che la statistica si sta trasformando in emergenza strutturale e invita le istituzioni sportive e civili a varare senza indugio protocolli più rigorosi prima che la prossima caduta riscriva un elenco già troppo lungo.
Il profilo di un talento forgiato a Sestriere
Prima di ritrovarsi immobile in un letto di rianimazione, Franzoso aveva scritto pagine luminose di sci sin da quando, bambino, affrontava i primi pali nel comprensorio della Via Lattea sotto i colori dello Sci Club Sestriere. Dai titoli regionali alle vittorie nazionali nelle categorie Pulcini, Children e Aspiranti, il suo passaggio fra i portoni è sempre stato accompagnato da una determinazione feroce. Nel 2017 l’ingresso nella Squadra Osservati, l’anno dopo il salto nella Nazionale C: tappe che lo hanno accreditato fra le promesse più solide del movimento alpino italiano.
In Coppa Europa la conferma è arrivata con la vittoria nel SuperG di Zinal, seguita da una serie di piazzamenti fra i primi dieci che ne hanno scandito la crescita. Il quarto posto nella discesa dei Mondiali Juniores di Narvik ha mostrato la sua attitudine alle discipline veloci, mentre il debutto in Coppa del Mondo a Val Gardena nel 2021 lo ha catapultato nel circo bianco dei grandi, dove ha disputato diciassette gare. Sacrificio, spirito di squadra e una leadership silenziosa completavano un bagaglio tecnico già robusto.
L’urgenza di regole all’altezza della velocità
Le velocità raggiunte oggi dagli sciatori delle discipline veloci superano talvolta i 140 chilometri orari, ma le norme che presidiano i pendii non hanno tenuto lo stesso passo. Garrone osserva che tecnologie, materiali e preparazioni atletiche hanno spinto i limiti sempre più in là, mentre molti tracciati d’allenamento restano protetti da semplici reti o, peggio, da barriere di legno. Non è più tollerabile, sottolinea, pensare a questi campi come strutture di serie B rispetto alle piste di Coppa del Mondo.
La richiesta è netta: predisporre standard minimi vincolanti per ogni stazione che ospiti squadre, stabilire protocolli di controllo periodici e, se necessario, sospendere gli allenamenti quando le condizioni non soddisfano i parametri di sicurezza. Secondo il dirigente piemontese, i costi eventuali devono essere considerati un investimento e non un ostacolo: il prezzo dell’inazione ormai si misura in vite spezzate e in carriere interrotte. La credibilità stessa dello sci alpino, avverte, dipende dall’esito di questa sfida regolamentare.
Materiali e protezioni: la frontiera della prevenzione
Accanto alle piste, anche i materiali che accompagnano l’atleta devono evolversi. Sci con raggi sempre più lunghi e solette velocissime impongono l’adozione di protezioni specifiche: caschi di nuova generazione, airbag integrati, sistemi di assorbimento degli urti installati ai bordi del tracciato. Garrone sollecita i produttori a collaborare con le federazioni per definire linee guida stringenti, affinché il progresso tecnologico non resti confinato al cronometro ma riguardi in primo luogo l’incolumità di chi scende. Un salto di qualità che, nelle sue intenzioni, dovrebbe diventare requisito d’omologazione per ogni competizione ufficiale.
Sul versante dell’attivismo, l’esperienza maturata dalla Fondazione Matilde Lorenzi dimostra che la spinta dal basso può accelerare processi finora lenti. Tuttavia, rimarca il presidente dello Sci Club Sestriere, l’impegno dei singoli non basta: serve un tavolo comune dove federazioni, enti locali, gruppi sportivi militari e aziende del settore condividano risorse e responsabilità. L’obiettivo è rompere il circolo vizioso “incidente–commozione–oblio” che paralizza ogni riforma e trasformare il grido d’allarme di queste settimane in misure concrete prima che la cronaca aggiunga un altro nome all’elenco.
