La pittura di Walter Davanzo ci accompagna in un itinerario interiore che attraversa epoche, ricordi e sensazioni condivise. Dal 18 settembre al 15 ottobre 2025, negli spazi di Spazio Thetis, la personale “Sulle tracce dell’infanzia”, curata da Saverio Simi De Burgis, invita il pubblico a un confronto vivo con il proprio passato, trasformato in materia visiva vibrante.
L’essenza di un ritorno
Il cuore di questo progetto non è la semplice rievocazione di un tempo andato, bensì la scoperta di un linguaggio capace di parlare a ogni visitatore. In ciascuna tela, Davanzo intreccia memorie personali e archetipi collettivi, costruendo un ponte che supera le biografie individuali. Le figure infantili, spesso colte in istanti di gioco o di attesa, emergono da pennellate che oscillano tra precisione e fluidità, ritmando uno spazio in cui si mescolano malinconia e slancio vitale. Più che un diario privato, la mostra si configura come un territorio emotivo condiviso, in cui le esperienze di ciascuno trovano un’eco inattesa e potente.
Non c’è traccia di nostalgia fine a se stessa; al contrario, la memoria viene investita di una funzione terapeutica. Il curatore sottolinea come ogni dipinto rappresenti un segno vivo, capace di richiamare un mondo lontano ma mai perduto. Questo processo di restituzione apre a una dimensione di dialogo che mette in contatto passato, presente e un futuro possibile, invitando a riflettere su ciò che continuiamo a custodire, magari inconsapevolmente, nell’angolo più intimo della coscienza. È proprio in tale zona di condivisione che la pittura di Davanzo trova una ragione profonda, oltre le convenzioni e gli stilemi di genere.
Un percorso pittorico tra ricordo e sguardo contemporaneo
Sul piano stilistico, le opere rivelano un equilibrio sottile tra realismo fotografico e libertà espressiva. Il passato dell’artista come appassionato di fotografia affiora nella compostezza delle inquadrature, nella cura dei dettagli e nella nitidezza degli sguardi. Tuttavia, a questa base si sovrappongono tensioni cromatiche, deformazioni controllate e stratificazioni di materia che richiamano suggestioni espressioniste e surrealiste. Francis Bacon, Gerhard Richter, Marlene Dumas risuonano come riferimenti, ma non sono mai citazioni pedisseque: piuttosto, rimandi che ampliano il respiro del racconto, conferendo alla memoria individuale una risonanza universale.
Molte tele prendono avvio da vecchie fotografie scolastiche, trasformate in immagini di forte impatto emotivo: bambini in fila, grembiuli immacolati, sguardi curiosi o imbarazzati. In mano a Davanzo, questi frammenti diventano un “album collettivo” in cui chiunque può riconoscere un proprio gesto, un dettaglio, un’emozione. Il realismo si fa lirico, l’ironia stempera la malinconia, mentre la composizione rigorosa convive con improvvisi lampi gestuali. Il risultato è una tessitura visiva in cui il confine tra vissuto personale e immaginario condiviso si fa sottile, quasi impalpabile, generando un’esperienza immersiva capace di sorprendere e commuovere.
Le radici di un viaggio artistico
Autodidatta tenace, Davanzo ha trovato nella pittura la propria vocazione grazie all’incontro decisivo con Carmelo Zotti, che lo ha incoraggiato a dedicarsi con assoluta serietà alla ricerca artistica. Da quel momento, la sua traiettoria si è nutrita di viaggi in Sud America, Africa e in varie regioni d’Europa, con una lunga permanenza a Berlino negli anni Novanta. Ogni esperienza ha lasciato tracce nel suo immaginario: cromie assolate, contrasti urbani, ritmi di culture diverse, tutti elementi che riaffiorano in un linguaggio pittorico sempre più consapevole e stratificato.
Pur attraversando luoghi e influenze eterogenee, l’artista non ha mai smarrito il filo che lo lega alle origini. La memoria dell’infanzia rimane la sorgente primaria di ispirazione, non come mero ricordo, ma come nucleo creativo da cui scaturiscono domande sul senso di appartenenza e sulla continuità dell’esistenza. La tela diventa così strumento di scavo e di racconto, capace di accogliere segni di culture diverse senza tradire l’intimo legame con la propria terra. In questa tensione tra radici e orizzonti, Davanzo ha costruito un corpus di opere che trova oggi una tappa significativa nella rassegna veneziana.
Dialogo aperto con lo spettatore
La forza comunicativa di “Sulle tracce dell’infanzia” risiede anche nel modo in cui l’allestimento accoglie il pubblico. Le tele sono disposte secondo un percorso che alterna pause meditative a improvvise accelerazioni visive, innescando una dinamica di coinvolgimento emotivo. Lo spettatore non è semplice osservatore, ma interlocutore attivo: chiamato a colmare vuoti narrativi, a completare sguardi interrotti, a riconoscere in quelle figure l’eco della propria storia. Davanzo sembra suggerire che solo attraverso questo scambio la memoria si fa veramente viva e capace di rigenerarsi.
Guardare queste opere è un atto di ascolto. Ogni cromia o sovrapposizione materica non chiede spiegazioni accademiche, bensì disponibilità a lasciarsi attraversare da emozioni forse sopite. È in questa disponibilità che l’artista intravede la possibilità di un riscatto del ricordo: non un peso, ma una risorsa in grado di illuminare il presente e di offrire nuove prospettive sul futuro. Il valore terapeutico di cui parla il curatore si concretizza, dunque, in un’esperienza estetica che diventa anche esperienza esistenziale condivisa.
Dettagli della mostra
La rassegna si apre il 18 settembre alle 17.30 negli spazi di Spazio Thetis, all’interno dell’Arsenale di Venezia, sede espositiva che coniuga atmosfera industriale e suggestione storica. La sezione artistica di Thetis S.p.A. ospita la mostra all’interno dei suoi ambienti storici del Cinquecento, dove convivono esposizioni temporanee e una collezione permanente di grandi maestri contemporanei.
In concomitanza con la mostra, sono previsti momenti di approfondimento e visite guidate curate dallo staff della sede espositiva, con l’intento di fornire strumenti di lettura ulteriore e di ampliare la riflessione sul tema della memoria condivisa. Non si tratta di un’antologica, ma di una tappa significativa: un’occasione per verificare come Walter Davanzo sappia trasformare frammenti autobiografici, raccolti nel corso di decenni, in materia pittorica pulsante di vita. Un invito a tornare bambini, non per fuggire dal presente, ma per recuperare quello sguardo fresco e autentico capace di dare senso al tempo che stiamo vivendo.
