Domani, nella storica Sala Nassiriya del Senato, la Fondazione Einaudi svelerà un Osservatorio dedicato a esplorare il diritto all’innovazione nell’era dell’intelligenza artificiale, ponendo al centro un confronto multidisciplinare capace di intrecciare profili giuridici, economici e costituzionali.
Una nuova piattaforma per il diritto all’innovazione
Quando l’idea di un organismo permanente sul tema dell’innovazione digitale ha preso forma, gli organizzatori hanno scelto di collocare il suo battesimo istituzionale nell’aula dove quotidianamente si discutono le grandi questioni del Paese. La presentazione dell’Osservatorio avverrà infatti nella Sala Nassiriya del Senato, cornice simbolica di un progetto che intende radicarsi nel cuore del dibattito politico, accademico e imprenditoriale. Il nuovo strumento di studio e proposta nasce con un mandato preciso: analizzare l’impatto dell’intelligenza artificiale su ogni segmento della società, dalle professioni alla sanità, dall’industria ai servizi, affinché la trama normativa non arrivi in ritardo rispetto al vortice di cambiamento che già attraversa le nostre vite.
Accanto a questa ambizione, l’Osservatorio dichiara fin dal principio la volontà di collocarsi su un crinale operativo, non meramente descrittivo. L’approccio scelto è esplicitamente multidisciplinare: giuristi, economisti, esperti di tecnologie emergenti e rappresentanti delle istituzioni siederanno allo stesso tavolo per indagare opportunità e criticità dell’IA. Il metodo, spiegano i promotori, sarà laico e privo di pregiudizi, orientato a produrre analisi rigorose ma anche proposte legislative concrete, utilizzabili da Parlamento e Governo nei prossimi passaggi normativi. Ogni studio, ogni documento, ogni audizione dovrà muoversi lungo la doppia direttrice della tutela dei diritti fondamentali e della promozione di uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo.
La visione di Giovanni Guzzetta
Al vertice del nuovo Comitato scientifico è stato chiamato Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata. Nel presentare il progetto, il costituzionalista ha ricordato che l’intelligenza artificiale rappresenta una svolta tecnologica «pari, se non superiore, alle grandi rivoluzioni del passato». I potenziali benefici, ha precisato, spaziano dal benessere individuale alla crescita complessiva del sistema produttivo. Ciò non toglie che, parallelamente, emergano rischi significativi, dai possibili abusi nella gestione dei dati fino all’esclusione di intere fasce sociali dai vantaggi offerti dalle nuove piattaforme digitali.
Nella sua lettura, il punto di equilibrio non può essere cercato né nell’allarmismo che dipinge scenari distopici né in un entusiasmo cieco, pronto ad accogliere qualsiasi applicazione senza vaglio critico. Servono prudenza e coraggio insieme, ha sostenuto il docente, traducendo questi principi in un’agenda di lavoro che prevede consultazioni periodiche con il mondo delle imprese, della ricerca e della pubblica amministrazione. Scopo finale: proporre norme capaci di governare la transizione digitale, evitando di soffocare l’iniziativa privata e, al contempo, garantendo che i vantaggi dell’IA vengano distribuiti in modo equo e trasparente.
Dal riconoscimento dei diritti esistenti alle nuove tutele digitali
Una delle piste di ricerca che l’Osservatorio intende percorrere riguarda l’interazione fra l’innovazione tecnologica e i diritti già inscritti nelle nostre carte fondamentali. Il compito, spiegano i promotori, non si esaurisce nel semplice adattamento di norme preesistenti: occorre individuare come privacy, libertà di espressione, tutela della persona e pari opportunità mutino quando le decisioni sono sostenute da algoritmi e processi automatici. In quest’ottica, la macchina pubblica dovrà interrogarsi su come garantire trasparenza, tracciabilità e controllo umano, a partire dai settori dove l’IA incide direttamente sui rapporti fra cittadino e Stato, come la sanità, la fiscalità e i servizi di welfare.
Al fianco di questo lavoro di aggiornamento, il Comitato scientifico immagina la nascita di nuove categorie di diritti, pensate per un mondo che, fino a pochi anni fa, apparteneva alla fantascienza. Identità digitale, diritto alla formazione continua sull’uso degli strumenti informatici e prelazione sull’accesso alle piattaforme che gestiscono pratiche amministrative sono solo alcuni esempi. Non si tratta di privilegiare pochi utenti evoluti, bensì di impedire che l’esclusione tecnologica diventi un nuovo fattore di disuguaglianza. L’Osservatorio si propone di delineare parametri chiari e indicatori misurabili, affinché istituzioni e imprese possano valutare in modo oggettivo il progresso verso un ecosistema realmente inclusivo.
Verso un equilibrio tra protezione e crescita
Secondo gli esperti coinvolti, l’attuale impianto normativo, tanto a livello nazionale quanto europeo, appare sbilanciato sulla dimensione della cautela. Un approccio comprensibile, alla luce delle inquietudini suscitate dall’automazione, ma che rischia di trasformarsi in un ostacolo a investimenti e sperimentazioni. La sfida, ribadiscono i promotori, è costruire un quadro di regole che sappia proteggere senza irrigidire. Ciò significa semplificare procedure inutilmente complesse, accrescere la certezza del diritto per le startup e definire criteri di responsabilità chiari, evitando che la complessità tecnica si traduca in zone d’ombra giuridiche dove sia impossibile attribuire compiti e colpe.
Per traghettare le istituzioni verso questo nuovo equilibrio, l’Osservatorio suggerisce di mettere in cantiere meccanismi di sperimentazione regolatoria, come sandbox e protocolli pilota, che consentano di testare soluzioni AI in ambienti controllati prima di un’adozione su scala. In parallelo, si auspica la creazione di percorsi di formazione destinati ai decisori pubblici, affinché possano valutare progetti complessi senza dipendere esclusivamente da consulenti esterni. Un’amministrazione competente, sottolineano i promotori, ha le carte in regola per negoziare standard elevati di sicurezza, pretendere trasparenza sugli algoritmi e, al tempo stesso, lasciare spazio all’estro creativo degli innovatori.
Opportunità legislative in Europa e in Italia
Il calendario politico offre occasioni concrete per tradurre queste riflessioni in norme operative. A Bruxelles, la Commissione europea sta mettendo a punto una proposta di legge, definita di «semplificazione omnibus», destinata a rivedere la regolamentazione sull’intelligenza artificiale e, di riflesso, il regime di tutela dei dati personali. La revisione, attesa nei prossimi mesi, potrebbe imprimere una svolta nel modo di concepire l’innovazione, passando da una logica puramente difensiva a un modello che incentivi lo sviluppo industriale. L’Osservatorio intende seguire passo dopo passo l’iter comunitario, offrendo analisi tecniche che aiutino i negoziatori italiani a far valere le esigenze del sistema Paese.
Anche sul fronte interno si profilano spazi d’intervento significativi. In Senato è iniziato l’esame del disegno di legge sulla concorrenza, un provvedimento nato per eliminare ostacoli alla crescita economica che, secondo l’Osservatorio, potrebbe diventare il veicolo ideale per inserire norme di stimolo all’IA. Le commissioni parlamentari avranno l’opportunità di ricalibrare obblighi e responsabilità, evitando duplicazioni e procedure onerose che, oggi, frenano la ricerca. Il gruppo di studio coordinato da Guzzetta metterà a disposizione dati comparati e simulazioni d’impatto, affinché i senatori possano valutare benefici e rischi delle diverse opzioni legislative con cognizione di causa.
Il richiamo al rapporto Draghi e il paragone con la stampa
Per rafforzare la propria posizione, l’Osservatorio richiama le conclusioni del rapporto Draghi pubblicato lo scorso anno, sottolineando come oneri regolatori sproporzionati sulla protezione dei dati rischino di frenare l’adozione di soluzioni AI. Gli esperti ricordano che l’obiettivo non è ridurre le tutele, bensì armonizzarle con la necessità di competere su scala globale. Secondo le proiezioni presentate, una normazione più snella potrebbe attrarre investimenti, stimolare l’occupazione qualificata e generare nuove filiere produttive. Allo stesso tempo, meccanismi di vigilanza più trasparenti permetterebbero ai cittadini di mantenere il controllo sulle proprie informazioni, rafforzando il rapporto di fiducia con le istituzioni.
In conferenza stampa, Guzzetta ha proposto un’immagine evocativa: così come la diffusione della stampa tipografica nel XV secolo aprì la strada a un’impennata di conoscenza collettiva, l’intelligenza artificiale potrebbe diventare lo strumento che accompagna ciascun individuo in un percorso accelerato di crescita culturale. Restare ai margini di questa rivoluzione significa esporsi al rischio di una nuova forma di analfabetismo, ha avvertito. Da qui la necessità di regole chiare ma non punitive, capaci di promuovere inclusione e non esclusione. Solo così, secondo l’Osservatorio, il Paese potrà cogliere pienamente i frutti della stagione digitale che si è appena aperta.
