Lunedì 21 luglio, alle 18.45, Enrico Papi riporta in Tv la sua creatura più amata: Sarabanda. Il gioco musicale, rinnovato nella forma ma fedele allo spirito originario, occupa il preserale di Canale 5 e promette di trasformare ogni canzone in un viaggio collettivo fra ricordi, sfide e divertimento.
Papi rilancia Sarabanda nel preserale di Canale 5
Alle 18.45 di lunedì 21 luglio, la rete ammiraglia di Mediaset apre il preserale a Sarabanda, affidando di nuovo la conduzione a Enrico Papi. Si tratta di un ritorno che unisce nostalgia e sperimentazione: l’edizione, prodotta da Banijay Italia, rinuncia agli ospiti famosi per ridare centralità alla sfida pura tra appassionati di musica. Il format che per anni ha animato l’access prime time di Italia 1 varca così la soglia del preserale di Canale 5, fascia considerata strategica perché accompagna il pubblico al telegiornale. Papi racconta di sentirsi parte integrante dell’azienda, una responsabilità che arriva a ridosso dei suoi trent’anni di carriera dentro Mediaset.
La trasposizione sul nuovo orario non è l’unica novità: lo studio sfoggia colori più accesi, una grafica completamente ridisegnata e una regia che moltiplica la velocità del racconto pur mantenendo intatto l’impianto del quiz. Papi insiste nel definire il programma una ‘forma di intrattenimento meritocratica’: si accede solo dopo aver superato un provino che certifica competenza musicale e velocità di riflessi. In questo modo, spiega il conduttore, il denaro in palio perde l’aura della lotteria e diventa la ricompensa di una preparazione autentica. L’obiettivo dichiarato è far percepire a chi segue da casa di poter giocare davvero, senza sensazione alcuna di distanza dal palco televisivo.
Un gioco che vive di ricordi e partecipazione
Il cuore pulsante di Sarabanda resta la musica, elemento che secondo Papi dischiude in ciascuno di noi un archivio di episodi personali e collettivi. Ogni intro, ogni ritornello, può trasformarsi in un lampo che riporta alla mente un viaggio in auto, una festa d’estate, una telefonata interrotta troppo presto. Ecco perché il regolamento è rimasto lineare: individuare il titolo del brano prima degli avversari. Papi desidera che l’esperienza rimanga inclusiva; mentre i concorrenti premono i pulsanti in studio, chi sta nel salotto di casa continua a cucinare o a sistemare i bambini, ma non rinuncia a urlare la risposta un attimo prima che il jingle si spenga.
Il momento più adrenalinico arriva a fine puntata con il 7×30, 30 secondi per riconoscere sette canzoni senza inciampare. Uno vince, uno perde, nessun pareggio, nessuna zona grigia. La dinamica, dice Papi, costringe chi guarda a schierarsi come durante la finale di un grande evento sportivo: si tifa per l’outsider o per il campione di serata, ci si esalta davanti a un’impresa o si sospira quando il cronometro spegne i sogni. Il conduttore sottolinea che questa tensione emotiva rinnova ogni episodio, rendendo ciascuna sfida irripetibile e condannando la replica a restare semplice souvenir.
Le sfide in studio tra cinque concorrenti
In ogni puntata salgono sul podio cinque concorrenti, nessuno dei quali è un volto già noto al grande pubblico: la loro unica carta d’identità è la padronanza dell’universo delle hit. La gara si snoda attraverso prove progressive. In Playlist l’attenzione è tutta sulla velocità, perché il titolo va colto al volo ancora prima che le prime note si depositino nell’aria. Nel Pentagramma, invece, ci si misura con frammenti di testi italiani capaci di risvegliare istantaneamente cori da stadio o serenate improvvisate. La leggerezza del formato nasconde un livello di difficoltà che cresce mano a mano, senza concedere tregua.
Per chi ama il rischio puro c’è l’Asta Musicale, che premia il coraggio di puntare su una sola nota accompagnata da un indovinello: un mix che sa stregare gli spettatori più competitivi. Tutto conduce, infine, all’ormai celebre 7×30. L’ambientazione che accoglie le sfide è stata ristrutturata con luci calde e tonalità accese, ideate per mantenere alta la tensione ma anche per evocare quell’atmosfera giocosa tipica delle serate fra amici. Il risultato è un contesto quasi domestico in cui la competizione non cancella l’allegria, ma la esalta.
Il pubblico di oggi e la ricerca di una comfort zone
Con la collocazione nel preserale, Canale 5 affida a Papi il compito di intercettare un pubblico che, in quell’ora di transizione fra giornata lavorativa e cena, chiede rassicurazione ancor prima che sorpresa. Il conduttore è convinto che il telespettatore di oggi voglia sentirsi cullato, come lo ha definito lui stesso: la tv deve offrire uno spazio in cui rilassarsi, partecipare senza ansia e magari lasciarsi scappare un sorriso. Sarabanda si propone di diventare quella comfort zone grazie a pezzi italiani e internazionali capaci di suscitare malinconie dolci o entusiasmi istantanei.
Secondo Papi, la forza evocativa di un ritornello supera qualunque artificio scenico. Basta un giro di chitarra per catapultare gli ascoltatori in un’estate passata o nell’abbraccio di chi non c’è più: emozioni che la televisione, se è onesta, deve solo incorniciare senza volerle dominare. Così il programma lascia che la musica guidi il ritmo, mentre il conduttore modula battute e silenzi per accompagnare lo spettatore, non per sovrastarlo. L’obiettivo finale è restituire a ogni serata l’atmosfera di un revival personale condiviso con milioni di altri sconosciuti.
La strada percorsa e le lezioni di resilienza
Enrico Papi racconta di aver iniziato senza scorciatoie, guadagnando visibilità dopo anni di gavetta e sperimentazioni. La pausa forzata di qualche stagione fa – decisione che lui stesso definisce coraggiosa e rischiosa – gli ha insegnato che abbandonare il campo non è sempre la strategia giusta. È tornato, ha riconquistato il proprio spazio e oggi ammette che non rifarebbe quel passo indietro. La consapevolezza di aver superato ostacoli senza protezioni rafforza la sua determinazione a rimanere in prima linea nel settore.
Durante l’intervista, il conduttore si sofferma su un pensiero per i figli: desidera trasmettere loro la certezza che il successo, in qualunque settore, è il risultato di una fatica quotidiana, non di scorciatoie. “Sudo ancora ogni giorno”, sintetizza, ricordando a se stesso e al pubblico che la conquista più grande non è arrivarci, ma restarci. Questo spirito, conclude, alberga anche nello show: ogni concorrente deve dimostrare, nota dopo nota, di meritare il proprio posto, regalando al pubblico un esempio concreto e immediato di tenacia.