Più di cinquantamila nuove immissioni in ruolo, un esercito di cattedre che promette di cambiare il volto della scuola italiana, ma che, secondo i sindacati, non basterà a spegnere l’allarme del precariato. Il confronto tra governo e lavoratori si annuncia acceso e coinvolge numeri, strategie e prospettive di lungo periodo.
Le cifre dell’assunzione record
La tabella delle immissioni in ruolo presenta quest’anno una crescita senza precedenti: secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione, nel prossimo anno scolastico verranno assegnate 54.000 nuove cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado. Di queste, 13.860 riguarderanno il sostegno, area nevralgica per garantire il diritto allo studio degli alunni con disabilità, mentre 6.022 docenti prenderanno servizio per l’insegnamento della religione cattolica. La procedura di reclutamento scaturisce interamente dal concorso bandito nel 2024, concepito per snellire le graduatorie e offrire a migliaia di precari una stabilità attesa da anni.
Il dicastero descrive la misura come un’azione impattante per dimensioni e rapidità di attuazione. Giuseppe Valditara non esita a parlare di “numero record”, rimarcando che, da oltre due decenni, il settore non registrava un flusso di assunzioni così esteso in un unico passaggio. Il Ministero rivendica anche una scelta qualitativa: concentrare risorse sul rafforzamento della continuità didattica, soprattutto laddove gli studenti presentano maggiori fragilità. In altre parole, l’obiettivo dichiarato è creare un corpo insegnante stabile che accompagni le classi per l’intero ciclo, senza ripetuti avvicendamenti.
Il punto di vista del Ministro Valditara
Intervenendo sulla questione, Valditara ha sottolineato che il piano risponde a due priorità: ridare dignità professionale ai docenti che attendono la conferma e assicurare agli alunni, in particolare a quelli con bisogni educativi speciali, la continuità necessaria per costruire percorsi di apprendimento senza interruzioni. A suo giudizio, il pacchetto di immissioni rappresenta non solo un traguardo quantitativo, ma il segno tangibile di una strategia che colloca gli studenti “più fragili” al centro della politica scolastica, prevenendo il frammentarsi delle relazioni educative che, troppo spesso, penalizza proprio chi avrebbe maggior bisogno di stabilità.
Un passaggio dedicato è stato riservato all’insegnamento della religione cattolica: con 6.022 nuovi posti, il Ministero parla della più ampia stabilizzazione degli ultimi venti anni. Paola Frassinetti, sottosegretario all’Istruzione e al Merito, ha corroborato la linea, sostenendo che il Governo sta trasformando le intenzioni in atti concreti e misurabili. Investire in capitale umano, ha argomentato, significa dare consistenza quotidiana a una scuola che vuole crescere in competenza e in inclusione, superando la stagione dei proclami per concentrarsi su obiettivi verificabili fin dal primo giorno di lezione.
L’analisi dei sindacati e la questione del precariato
Di fronte all’entusiasmo ministeriale, le organizzazioni sindacali esibiscono calcoli di segno opposto. La Flc Cgil evidenzia che le immissioni effettive potrebbero fermarsi a poco più di 48.000, lasciando scoperti oltre 90.000 posti vacanti in organico di diritto tra docenti, educatori e personale Ata. La stessa sigla ricorda che, anche nel prossimo anno scolastico, i contratti di supplenza supereranno le 250.000 unità. Per il sindacato, dunque, l’operazione rischia di assomigliare a un tampone più che a una cura definitiva, poiché il divario numerico resta elevato.
L’organico di fatto, stimato in circa 160.000 posti autorizzati a livello nazionale, continuerà a poggiarsi su docenti temporanei. Secondo la Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil il quadro si complica ulteriormente sul versante degli educatori e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, un comparto che vale oltre un terzo dei lavoratori della scuola e che – sottolineano – è scomparso dal discorso pubblico. Il silenzio mediatico su costoro viene letto come la prova di un’attenzione selettiva che rischia di creare nuove disparità interne agli istituti.
Flc Cgil, Uil Scuola e Cisl Scuola: dati e richieste
Per il segretario generale di Uil Scuola, Giuseppe D’Aprile, il fenomeno del precariato non rappresenta più una fase transitoria, bensì un assetto strutturale del sistema. Cita le cifre: dal 2015 ai giorni nostri i contratti a termine sarebbero passati da 126.679 a quasi 286.000, più che raddoppiando in meno di dieci anni. D’Aprile riconosce che l’attuale tornata di assunzioni costituisce «un segnale positivo», ma avverte che, senza una riforma di sistema, il miglioramento rischia di dissolversi già all’inizio dell’anno seguente, producendo nuovi buchi di organico.
La segretaria di Cisl Scuola, Ivana Barbacci, condivide la diagnosi e amplia la prospettiva. Dopo aver ricordato che il recente decreto-legge sulla scuola prevede la creazione di elenchi regionali degli idonei nel 2026, la dirigente dichiara «difficile accettare l’ennesima procedura concorsuale» quando, già dal 2015, le sigle chiedono un doppio canale di reclutamento che valorizzi l’esperienza maturata in classe. Alla luce degli impegni legati al Pnrr, Barbacci confida comunque che si possa chiudere presto una stagione definita «assurda» per la continua proliferazione di concorsi.