In meno di una settimana, Donald Trump ha inviato missive a Bruxelles, Città del Messico e Ottawa annunciando dazi fino al 35% dal prossimo 1 agosto, inasprendo bruscamente lo scontro commerciale con partner storici.
Lettere a Ottawa e Città del Messico: la stretta nordamericana
Il primo avvertimento è arrivato a Ottawa. Nella missiva resa pubblica su Truth Social, Trump comunica al premier canadese Mark Carney che dal 1 agosto 2025 ogni bene spedito negli Stati Uniti sarà gravato da una tariffa del 35%. Il messaggio contiene anche un monito: qualunque reazione tariffaria del Canada verrà semplicemente sommata al prelievo deciso da Washington, portando il conto oltre la soglia annunciata. In altre parole, la Casa Bianca chiede a uno dei suoi partner più vicini di scegliere fra allineamento immediato o un’ulteriore escalation commerciale, ribaltando la logica del libero scambio che ha governato per decenni i rapporti fra i due Paesi.
Parole altrettanto dure sono riservate alla presidente messicana Claudia Sheinbaum. Anche a Città del Messico viene dato appuntamento al 1 agosto: in assenza di un nuovo accordo, gli Stati Uniti applicheranno una tariffa del 30% su tutte le esportazioni dirette oltreconfine. Nella lettera, il presidente ricorda l’aiuto ricevuto per la sorveglianza del confine, ma lo definisce insufficiente finché, a suo dire, i cartelli continueranno a tentare di trasformare «tutto il Nord America nel parco giochi del narcotraffico». Il concetto è chiaro: sicurezza e commercio vengono intrecciati in un unico negoziato, chiudendo ulteriormente lo spazio per compromessi parziali.
L’ultimatum a Bruxelles: 30% sulle importazioni europee
La più attesa tra le missive è quella recapitata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, giunta a Bruxelles meno di quarantotto ore dopo l’annuncio pubblico dell’ex inquilino della Casa Bianca. Nel documento, diffuso integralmente sul social Truth, Trump ribadisce che dal 1 agosto ogni bene industriale o agricolo proveniente dall’Unione Europea dovrà superare un dazio del 30%. Il passaggio è giustificato con l’esigenza di «riequilibrare» una relazione definita «profondamente asimmetrica», sottolineando come l’Europa, a suo avviso, abbia beneficiato per decenni di condizioni di favore.
Il valore indicato segna un salto rilevante rispetto all’aliquota del 20% annunciata ad aprile e al precedente livello del 10% tuttora in vigore, che sarebbe dovuto già aumentare in settimana prima della decisione di rinviare tutto di un mese. Nel testo, l’amministrazione statunitense avverte che qualunque controdazio introdotto dai Ventisette si sommerà semplicemente al 30% imposto da Washington. Così l’ultimatum, oltre a cristallizzare lo stallo dei negoziati, comprime ulteriormente i margini d’azione dei responsabili commerciali europei, chiamati a ponderare una reazione che non alimenti una spirale ancora più costosa.
Scenari e prossimi passi nella disputa tariffaria
Le comunicazioni indirizzate a Europa, Messico e Canada non rappresentano un’iniziativa isolata. Dall’inizio della settimana, la Casa Bianca ha infatti spedito lettere analoghe a più di venti governi, avvertendoli che il 1 agosto segnerà un cambio di passo nella politica commerciale statunitense. L’approccio è identico: definire un tetto tariffario preciso, minacciare aumenti cumulativi in caso di ritorsioni e fissare un calendario strettissimo. In appena pochi giorni, Washington ha così costruito una rete di avvertimenti incrociati che, nei fatti, predispone il terreno a un’estate di tensioni economiche su scala globale.
Sebbene i destinatari valutino contromisure differenziate, l’orizzonte è comune: un inizio di agosto segnato da tariffe elevate che promettono di incidere sulle catene di approvvigionamento e sui prezzi finali. La posta in gioco non riguarda soltanto il volume degli scambi, ma il principio stesso di una cooperazione economica che, fino a ieri, pareva data per scontata. Per ora, i negoziati rimangono in sospeso; i governi coinvolti hanno poche settimane per decidere se accettare le condizioni statunitensi o rischiare un confronto capace di scuotere l’intero sistema commerciale internazionale.