Sull’erba di Church Road non tira più lo stesso vento: Jannik Sinner ha piegato in tre set Novak Djokovic, conquistando la sua prima finale a Wimbledon, dove incrocerà di nuovo la racchetta con Carlos Alcaraz. In meno di due ore, l’azzurro ha riscritto i rapporti di forza, spalancando un capitolo inedito nella storia del tennis italiano.
L’ascesa travolgente di Jannik Sinner
Il successo sul Centre Court ha consegnato all’altoatesino un posto tra i giganti del torneo, coronando un cammino impeccabile costruito su servizio potente, risposta anticipata e un’attitudine glaciale nei momenti critici. Il 6-3, 6-3, 6-4 imposto a Djokovic non è stato soltanto un punteggio severo: è la fotografia di un dominio tecnico e mentale che ha ribaltato le due sconfitte subite qui nel 2022 e nel 2023. Con questa vittoria Sinner diventa il secondo italiano in finale ai Championships dopo Matteo Berrettini e, soprattutto, firma la quinta finale Slam della carriera, la terza nell’arco di una stagione che lo conferma al centro dell’élite mondiale.
Sulle tribune, padre e fratello hanno assistito a un match in cui ogni colpo dell’azzurro ha trasmesso sicurezza. Sinner ha servito con percentuali altissime, si è mosso con leggerezza e ha avuto il coraggio di osare nei pressi della rete. L’unico momento di difficoltà, un rapido break subìto nel terzo parziale, è stato annullato con la stessa determinazione con cui, a inizio anno, aveva trionfato in Australia e poi si era ripetuto a Parigi fino al penultimo atto. L’azzurro arriva così a un passo dal coronare il sogno di un’intera nazione, pronto a sfidare l’amico-rivale spagnolo nella cornice più prestigiosa dell’erba.
Le difficoltà di Novak Djokovic e il cambio di gerarchie
Per Djokovic, sette volte re di Wimbledon, questa semifinale ha mostrato un volto inedito: quello di un campione provato da un problema alla coscia che ne ha limitato gli spostamenti laterali. Il fuoriclasse serbo, 38 anni, ha riconosciuto a mente fredda di aver sofferto le accelerazioni di Sinner, evitando però di accampare scuse e riservando parole di stima al rivale. “Quando sono fresco posso ancora giocare un grande tennis, ma quest’anno le partite al meglio dei cinque set sono state davvero impegnative”, ha ammesso in conferenza stampa, promettendo di tornare per un altro assalto all’erba londinese.
La sconfitta segna comunque una svolta generazionale: dopo anni di dominio dei Fab, il panorama attuale vede Sinner e Alcaraz imporsi con regolarità negli Slam. Djokovic, pur rimanendo una figura-simbolo, deve ora fare i conti con energie limitate e avversari più giovani, decisi e fisicamente integri. L’incontro ha evidenziato come il serbo non sia più l’unico riferimento tecnico-mentale del circuito; quel ruolo, almeno sull’erba, potrebbe ormai passare di mano. Per il pubblico londinese, la scena è parsa il sipario su un’epoca e l’alba di un nuovo ciclo.
Carlos Alcaraz, venti successi di fila sull’erba londinese
Nella semifinale della parte alta del tabellone, Alcaraz ha dovuto arginare la tenacia di Taylor Fritz, piegandolo 6-4, 5-7, 6-3, 7-6 dopo 2 ore e 49 minuti d’intensità. Decisivo, nel tie-break del quarto set, un filotto di quattro punti consecutivi che ha spento le velleità dello statunitense. Con l’88 % di punti vinti sulla prima di servizio, lo spagnolo ha confermato di possedere un’arma letale nei momenti di massima pressione, tanto da allungare a venti la striscia vincente sul prato di Southwest London.
A 22 anni, il numero due del ranking disputerà la sesta finale Slam, potendo inseguire la doppietta Parigi-Londra per il secondo anno di fila. “Sono orgoglioso di come ho mantenuto la calma”, ha confidato a bordo campo, sottolineando il caldo asfissiante e la difficoltà di domare le accelerazioni di Fritz. Con ventiquattro vittorie consecutive complessive, Alcaraz si presenta all’ultimo atto con l’aura del campione che ha già imparato a convivere con la pressione e a trasformarla in carburante per nuovi traguardi.
Un duello destinato a segnare l’era moderna
Il testa a testa fra Sinner e Alcaraz conta già dodici capitoli: lo spagnolo conduce 8-4 e ha vinto gli ultimi cinque scontri diretti, incluso quello che a giugno gli è valso il Roland Garros. Ma l’azzurro può aggrapparsi al ricordo dell’unico incrocio sull’erba di Wimbledon, gli ottavi del 2022, quando impose il suo tennis in quattro set. Da allora Alcaraz non ha più perso un match nel torneo, dettaglio che aggiunge pepe all’appuntamento di domenica.
Entrambi arrivano in finale con un bagaglio di fiducia alimentato da percorsi senza sbavature: Sinner ha ceduto un solo set in sei turni, Alcaraz appena due. Lo scenario è quello di un confronto di stili, mentalità e carisma che potrebbe sancire chi dei due è pronto a ereditare il bastone del comando del tennis maschile. Il pubblico britannico spera in uno spettacolo all’altezza della battaglia di Parigi; i due protagonisti promettono di spingersi oltre i limiti, consci che ogni punto sarà un tassello di storia.
La vigilia della finale femminile
Prima della resa dei conti tra Sinner e Alcaraz, il Centre Court celebrerà la nuova regina di Wimbledon. La 23enne Amanda Anisimova, testa di serie numero 13, vivrà la sua prima finale Slam contro Iga Swiatek, quarta del ranking e già vincitrice di cinque Major, ma mai della coppa dorata londinese. L’americana si affida alla freschezza di un tennis offensivo, incurante delle gerarchie, mentre la polacca insegue il tassello mancante di un palmarès già ricchissimo.
Il pronostico dei bookmaker pende dalla parte di Swiatek, eppure il fascino del prato può sovvertire ogni previsione. La vigilia si consuma nell’attesa di un possibile cambio di paradigma, in cui una giovane outsider prova a negare alla campionessa più titolata l’unico trofeo che ancora le sfugge. Il sipario finale è pronto ad aprirsi: nel giro di quarantotto ore l’erba sacra di Wimbledon incoronerà sia la sua regina sia il suo nuovo re, chiudendo nel modo più emozionante possibile la 138ª edizione dei Championships.