Il potenziale del Mediterraneo, amatissimo dagli italiani, è tornato al centro del dibattito nazionale: per il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, riunito con istituzioni e imprese alla quarta edizione del Blue Forum, la vera sfida sta nel trasformare le criticità in occasioni di crescita e tutela per la nostra pesca.
Il mare come risorsa strategica per l’Italia
Per un Paese che vanta tre quarti del proprio perimetro bagnato dalle acque, il mare rappresenta molto più di un orizzonte geografico: è una piattaforma economica, culturale e ambientale che chiede nuove attenzioni. Da Unioncamere a Roma, dove si è tenuto il Summit Nazionale sull’Economia del Mare, il ministro Francesco Lollobrigida ha ricordato che la capacità di far fruttare questo patrimonio determinerà il futuro di intere comunità costiere. Solo un approccio integrato, capace di superare visioni settoriali, potrà trasformare le onde in un motore stabile di sviluppo.
Il responsabile del dicastero ha ribadito che la Blue Economy non può restare ingabbiata in schemi che ignorano le peculiarità nazionali. La volontà di difendere la propria identità produttiva, ha spiegato, passa dall’elaborazione di soluzioni che tengano conto sia della tutela degli ecosistemi sia delle esigenze di lavoratori e imprese. «Se sapremo sfruttare ancora meglio questa risorsa – ha rimarcato – potremo trasformare le difficoltà in opportunità, evitando di subire scelte calate dall’alto che, finora, hanno inciso negativamente sull’operatività delle nostre marinerie.»
Le conseguenze di decisioni europee poco lungimiranti
«Per troppo tempo – ha denunciato il ministro – l’Unione Europea ha scelto di ridurre lo sforzo di pesca senza disporre di evidenze scientifiche adeguate». Il risultato, secondo Lollobrigida, è stata una vera e propria desertificazione delle marinerie: in molti porti la presenza di pescherecci si è contratta tra il 40 e il 50 per cento, cancellando tradizioni secolari e sottraendo ricchezza alle località costiere. Laddove un tempo il rumore dei motori all’alba dava il ritmo alla vita, oggi si avverte un inquietante silenzio.
L’impatto di queste misure, ha proseguito, non si è limitato ai conti economici. L’abbattimento del numero di imbarcazioni ha generato effetti a catena che hanno coinvolto l’intero ecosistema mediterraneo. Quando diminuisce la presenza dell’uomo, la gestione responsabile degli stock ittici lascia il posto all’improvvisazione, ha osservato Lollobrigida, ricordando che la sovrapposizione di norme e restrizioni dalle maglie troppo strette spesso non garantisce gli obiettivi di conservazione. «Queste scelte – ha spiegato – hanno finito per danneggiare ambiente, occupazione e trasmissione del mestiere alle nuove generazioni».
Il negoziato di dicembre e la prima inversione di rotta
Durante l’ultima trattativa europea, svoltasi lo scorso dicembre, il governo italiano ha portato a casa, insieme alle principali associazioni di categoria, un compromesso definito dallo stesso Lollobrigida «un risultato straordinario». Per la prima volta, il tavolo comunitario ha bloccato la riduzione automatica dei giorni in mare, provvedimento che, negli anni, aveva eroso progressivamente la capacità produttiva delle flotte italiane. Il ministro ha ricordato come il sostegno corale dei pescatori abbia pesato nell’orientare la discussione verso criteri basati su dati chiari e condivisi.
«Abbiamo restituito speranza», ha dichiarato con decisione. L’accordo non si limita a congelare le limitazioni: apre la strada a un metodo di lavoro fondato su evidenze scientifiche, dialogo e rispetto delle specificità territoriali. Solo riconoscendo la centralità del mar Mediterraneo e delle sue comunità costiere si può ambire a un equilibrio fra protezione ambientale e redditività dell’attività peschereccia. La tappa di dicembre segna, nelle parole del ministro, un precedente che l’Italia intende rafforzare nei prossimi negoziati, ponendo le filiere blu al centro dell’agenda europea.
Strumenti di sostegno e modernizzazione del comparto
Sin dall’avvio del mandato, il dicastero guidato da Lollobrigida ha scelto di affiancare la pesca all’agricoltura, riconoscendo a entrambe dignità e necessità di interventi mirati. I bandi destinati al mondo rurale sono stati estesi alle imprese ittiche, garantendo risorse dedicate alla modernizzazione della flotta e al fermo definitivo delle unità obsolete. L’obiettivo dichiarato è favorire una transizione che non cancelli posti di lavoro ma accompagni il settore verso forme di produzione più efficienti, sicure e sostenibili, preservando al contempo la competitività delle aziende.
Parallelamente, il governo ha contrastato quei provvedimenti comunitari che minacciavano di relegare nel passato tecniche di pesca tradizionali radicate nella cultura mediterranea. «Non possiamo permettere che venga sacrificata – ha ribadito il ministro – una parte del nostro patrimonio identitario». Attraverso un dialogo serrato con Bruxelles, l’esecutivo punta a salvaguardare le metodologie tipiche italiane, dimostrando che innovazione e tradizione possono coesistere. Al centro rimane la consapevolezza che l’Italia, più di qualunque altra nazione europea, si definisce attraverso il suo rapporto quotidiano con il mare.