Washington mette sul tavolo nuovi balzelli commerciali: Donald Trump promette, nell’arco di due giorni, una comunicazione ufficiale all’Europa mentre preannuncia tariffe monstre su rame e farmaci, destinate a ridisegnare gli equilibri degli scambi mondiali.
Tariffe su rame e farmaci: il nuovo affondo di Washington
Rame in prima linea nell’agenda presidenziale. In una accessa riunione di governo, il capo della Casa Bianca ha svelato l’intenzione di imporre una tariffa del 50 % su ogni chilogrammo di metallo rosso che varcherà i confini statunitensi. La misura, dichiarata «necessaria» per tutelare l’industria interna, non scatterà da subito: servirà – spiega il presidente – un periodo di transizione così da consentire agli importatori di ricalibrare contratti e catene di fornitura. L’obiettivo dichiarato è riportare segmenti strategici di produzione sotto la bandiera a stelle e strisce.
<pSe il rame rappresenta il primo tassello, i riflettori si spostano rapidamente sui farmaci. Qui la stretta sarà più dura: dazi prospettati fino al 200 %. Trump assicura però una finestra di “un anno, forse un anno e mezzo” perché le multinazionali del farmaco trasferiscano stabilimenti e linee produttive negli Stati Uniti. Solo oltre quella scadenza scatteranno quelle che lo stesso presidente definisce «tariffe molto, molto alte», destinate a colpire le aziende ancora radicate all’estero.
Lettere in arrivo a Bruxelles e oltre
Mentre si annunciano nuove aliquote, a Bruxelles si attendono con crescente tensione le missive presidenziali. Trump ha spiegato che «mancano probabilmente due giorni» alla consegna della lettera che dettaglierà le tariffe da applicare a partire dal primo agosto. Dal suo punto di vista, una lettera equivale a un accordo: una volta recapitata, non ci sarà margine per ulteriori negoziazioni. Il presidente condensa così il messaggio: l’Europa dovrà adeguarsi, senza deroghe né rinvii.
Dietro la fermezza c’è l’irritazione per le politiche europee nei confronti delle aziende tecnologiche statunitensi. Trump parla di «dazi equi e contenuti», ma avverte che alcuni Paesi rischiano incrementi fino al 70 %. La minaccia, sottolinea, resta sul tavolo fintanto che Bruxelles non offrirà un trattamento più favorevole ai colossi digitali americani. È la traduzione diplomatica di un braccio di ferro che dura da mesi e che ora si avvicina a un punto di non ritorno.
Notifiche a Giappone e Corea: la roadmap asiatica
Non c’è solo l’Europa nel mirino. Nelle ultime ore sono partite lettere analoghe indirizzate a Giappone e Corea del Sud. Il presidente ha confermato che il recapito continuerà «anche domani e per un breve periodo di tempo». In palio c’è l’intero assetto commerciale con quegli alleati asiatici, storicamente strategici ma ora invitati a rinegoziare i termini di accesso al mercato statunitense. La tempistica serrata punta a evitare contromosse dilatorie e a cristallizzare, in tempi brevissimi, il nuovo quadro tariffario.
La data del primo agosto resta incisa nella pietra: da quel giorno, garantisce Trump, i dazi inizieranno a essere riscossi senza eccezioni. Nessuna proroga, nessuna concessione last minute. Il messaggio è arrivato con forza attraverso i canali social del presidente, dove è stato ribadito che lo schedule non subirà slittamenti. Gli esportatori asiatici, avverte, farebbero bene a prepararsi fin d’ora a un panorama commerciale profondamente mutato.
Brics nel mirino: l’avvertimento sul 10 %
Accanto alle misure settoriali e alle lettere bilaterali, Trump preannuncia un ulteriore ritocco: un dazio aggiuntivo del 10 % sui prodotti provenienti dai Paesi Brics. «Sono stati creati per danneggiarci», afferma senza mezzi termini, accusando il blocco emergente di voler erodere il ruolo del dollaro come valuta di riferimento. L’inquilino della Casa Bianca ribalta così la narrativa, promettendo di restituire colpo su colpo a chi, a suo avviso, punta a ridisegnare gli equilibri finanziari globali.
Il capo dell’esecutivo non nasconde il peso strategico di questa mossa. L’aliquota, se confermata, si aggiungerà al mosaico di dazi già annunciati, ampliando il perimetro della guerra tariffaria. Trump, con tono risoluto, lancia un messaggio al blocco: «Va bene se vogliono giocare a quel gioco, ma posso giocarci anch’io». Una dichiarazione che lascia intendere nuovi, futuri irrigidimenti se le potenze emergenti dovessero proseguire sulla strada di una de-dollarizzazione spinta.