Apprensione, sollievo, di nuovo apprensione: le ore successive alla caduta di Jannik Sinner a Wimbledon scorrono in bilico fra la gioia del successo e il timore per il suo gomito sinistro, divenuto improvvisamente l’ago della bilancia dell’intero torneo.
Il punto degli specialisti sull’articolazione più sollecitata
La prima voce autorevole a intervenire è quella del medico fisiatra Andrea Bernetti, segretario generale della Simfer e docente all’Università del Salento. Interpellato sulla dinamica dell’incidente, lo specialista chiarisce subito che la maggior parte delle lesioni al gomito dei tennisti nasce da sovraccarico – il celebre “gomito del tennista” – ma il caso di Sinner fa storia a sé, poiché provocato da un impatto violento e improvviso. La distinzione non è accademica: tra un processo infiammatorio cronico e un trauma acuto cambiano prognosi, terapie e tempi di recupero.
In questo momento, racconta il professore, tutto ruota attorno agli esami strumentali programmati nelle prossime ore. Radiografie e risonanze dovranno svelare se parliamo di una semplice contusione o di una lesione più insidiosa di legamenti e tessuti molli. L’articolazione del gomito, nel tennis moderno, è la cerniera che permette di trasformare lo slancio delle gambe in velocità di palla: se viene meno, il servizio – e con esso metà del gioco – si svuota di potenza e controllo. Non sorprende quindi lo stato di ansia che circonda il numero uno azzurro.
Meccanica del gomito nel gesto del servizio
Quando un tennista impatta la palla, la cosiddetta catena cinetica prende avvio dai piedi, attraversa le anche, il tronco e la spalla, per concentrarsi infine nel gomito, prima di esplodere nel polso e nelle dita. Il gomito agisce come un anello che deve rimanere saldo, perché ogni cedimento meccanico si traduce in dispersione di energia e in dolore. L’area interessata non è soltanto ossea: capsula, legamenti e muscoli devono cooperare in perfetto equilibrio per resistere a forze che, nel servizio, possono superare velocità impressionanti.
Sotto il profilo anatomico, il contributo dell’olecrano e della relativa fossa impedisce lo scivolamento delle superfici articolari quando il gomito è quasi completamente disteso o, all’opposto, fortemente piegato. Nei gradi intermedi, tuttavia, subentrano i tessuti molli: fra questi spicca il legamento collaterale ulnare, determinante nel contrastare lo stress in valgo tipico del tennis. Se tale struttura risulta stirata o parzialmente lesionata, il giocatore sperimenta una perdita di stabilità e, soprattutto, un dolore che rende impossibile imprimere la giusta accelerazione alla racchetta.
Quali rischi per la carriera e i prossimi match
Per lo staff tecnico di Sinner la variabile chiave sarà il rapporto fra rischio e rendimento. Continuare il torneo con un gomito sofferente potrebbe innescare un ciclo vizioso: per proteggere l’articolazione il giocatore riduce la velocità del servizio, modifica la meccanica e, così facendo, sovraccarica spalla e polso. Gli specialisti sanno che il dolore non è soltanto un segnale d’allarme; è anche il primo fattore che scompone la tecnica di un atleta d’élite, aprendo la porta a un infortunio secondario ancora più serio.
La parola finale spetterà agli esami, ma anche alle sensazioni che lo stesso campione saprà ascoltare durante il riscaldamento di domani. Se il braccio reggerà senza duole, potremo rivederlo in campo con il consueto piglio aggressivo; diversamente, l’unica scelta prudente sarà lo stop. Il fisiatra Bernetti invita all’ottimismo moderato: i primi segnali non indicano danni gravi, tuttavia l’esecuzione di un servizio a oltre duecento chilometri orari non concede sconti. Migliaia di tifosi trattengono il fiato, consapevoli che da quell’articolazione passa il sogno di un’intera stagione.