La due giorni di Lecce ha riacceso i riflettori sulla necessità di ripensare le nostre città: dal livello europeo alle amministrazioni locali, esperti e rappresentanti istituzionali hanno discusso di rigenerazione, normative obsolete e nuove priorità ambientali, delineando un quadro trasformativo che cerca di mettere al centro le comunità oltre gli schemi del passato.
La prospettiva europea sulla coesione urbana
Il videomessaggio di Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme della Commissione europea, ha fissato con chiarezza il baricentro del confronto. Il rappresentante di Bruxelles ha ricordato che le città sono il punto d’incontro tra tradizione e innovazione, luoghi dove si sperimenta prima che altrove la transizione verso nuovi modelli economici, sociali ed energetici. Per sostenere tale passaggio, ha spiegato, la politica di coesione è stata sottoposta a un profondo adeguamento a metà programma, consentendo agli Stati membri di riallocare le risorse in corso d’opera secondo cinque priorità ormai irrinunciabili: abitazioni accessibili, transizione energetica, resilienza idrica, competitività e difesa.
La prospettiva delineata dall’esecutivo europeo non si limita a una mera riprogrammazione finanziaria. Punto nevralgico è la volontà di predisporre una vera e propria “agenda delle città” capace di semplificare l’accesso ai fondi e di far arrivare la voce dei sindaci ai tavoli decisionali di Bruxelles. Fitto ha sottolineato in modo particolare come il fabbisogno di case dignitose e la gestione intelligente dell’acqua rappresentino due nodi strategici per la tenuta sociale ed economica delle aree urbane, soprattutto in quei territori mediterranei dove, accanto all’aumento dei redditi turistici, persistono fragilità infrastrutturali storiche.
La richiesta di riforma normativa avanzata dagli ingegneri
In aula, il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Angelo Domenico Perrini, ha spostato l’attenzione sul cuore delle regole che sovraintendono alla pianificazione urbana. Secondo il numero uno degli ingegneri italiani, intervenire con un semplice Decreto del Presidente della Repubblica è del tutto insufficiente: servono leggi organiche che rivedano testi normativi concepiti quando la comunità scientifica non parlava ancora di riscaldamento globale. Perrini ha definito “imperativo non più rinviabile” l’aggiornamento di quelle disposizioni, spesso datate alla prima metà del Novecento, affinché le città possano fronteggiare fenomeni nuovi come isole di calore, eventi meteo estremi e rapida mobilità delle persone.
L’ingegnere pugliese ha ricordato come la rigenerazione urbana italiana debba misurarsi con un tessuto storico, culturale e sociale che non ha eguali: intervenire su un centro antico o su un quartiere costruito all’indomani della guerra, ha detto, non può essere paragonato a “rigenerare un isolato di Miami”. La densità di memoria custodita nelle nostre pietre, la stratificazione di stili architettonici e il delicato equilibrio delle comunità locali impongono percorsi di progetto e di governance calibrati su scala territoriale, capaci di superare la logica del provvedimento emergenziale e di inserirsi in un più ampio disegno strategico nazionale.
Il ruolo del Consiglio nazionale degli ingegneri nelle “Traiettorie urbane e territoriali”
Il convegno di Lecce rientra in un ciclo più ampio battezzato “Traiettorie urbane e territoriali”, voluto dal Cni per creare occasioni permanenti di confronto tra professionisti, accademici e pubbliche amministrazioni. A introdurre i lavori è stata la consigliera Irene Sassetti, che ha posto l’accento sulla centralità della progettazione consapevole e sull’impatto che ogni trasformazione urbana produce nel vissuto delle persone. L’idea di fondo è far emergere buone pratiche replicabili, mettendo in rete esperienze che attraversano grandi metropoli, borghi storici, contesti industriali in riconversione e territori interni a rischio spopolamento.
Sassetti ha evidenziato la necessità di un ascolto rigoroso dei bisogni locali come premessa per ogni politica di rigenerazione, sottolineando che soltanto un’azione concertata fra amministratori, ordini professionali, università, associazioni e semplici cittadini può ingenerare cambiamenti tangibili. L’obiettivo, ha spiegato, è alzare la qualità della vita nei quartieri senza espellere i loro abitanti storici. Per questo il Cni sta predisponendo strumenti di supporto tecnico e piattaforme di dialogo che agevolino la costruzione di micro-progetti a forte impatto sociale, capaci di attrarre investimenti e di integrare mobilità, spazi pubblici e servizi di prossimità.
Visioni regionali e impegni per la mobilità sostenibile
Dal palco virtuale è arrivato anche l’intervento del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha attribuito alla rigenerazione il compito di ricucire il tessuto sociale oltre che di riqualificare l’edilizia. Il governatore ha riconosciuto nelle periferie urbane una sfida prioritaria e, al tempo stesso, un’opportunità per sperimentare modelli inclusivi capaci di valorizzare il patrimonio esistente. Ha invitato professionisti, istituzioni e comunità a elaborare progetti integrati in cui spazi pubblici, servizi fondamentali e occasioni di lavoro diventino leve di attrattività e di coesione, anziché restare compartimenti separati.
Proprio la mobilità sostenibile è stata indicata da Emiliano quale elemento propulsivo di questa strategia. La regione, ha spiegato, sta concentrando investimenti su infrastrutture multimodali, mezzi a basso impatto ambientale e servizi digitali in grado di ridurre il gap tra centro e quartieri marginali, ma anche di collegare aree interne e litoranee. L’obiettivo dichiarato è restituire ai cittadini la possibilità di spostarsi in modo rapido, sicuro ed economico, promuovendo al contempo una rete di connessioni fisiche e sociali che renda la Puglia più bella, moderna e, soprattutto, vivibile.