La partita per il futuro di Popolare di Sondrio resta aperta: gli azionisti retail, riuniti in Insieme per la Popolare, giudicano l’offerta di Bper poco generosa e carente di visione industriale. Il dibattito si accende mentre il mercato osserva, fra rialzi contenuti e dubbi su sinergie e sovrapposizioni territoriali.
Un premio che convince poco e arriva tardi
Quando giovedì sera Bper ha alzato il concambio, l’annuncio è sembrato più un atto dovuto che una mossa strategica. Fino a quel momento, sottolinea l’associazione dei piccoli soci, la proposta era addirittura inferiore alle quotazioni di Borsa e dunque, per qualsiasi investitore razionale, priva di attrattiva reale. Il nuovo schema – 1,45 azioni Bper più un euro in contanti, equivalente a 12,10 euro complessivi rispetto agli 11,74 euro di chiusura di Bps – si traduceva in un premio di circa il 3%. Un margine che il giorno successivo il mercato ha praticamente azzerato, riducendo la percezione di convenienza in poche ore.
Non stupisce, quindi, che le adesioni all’OPA siano rimaste esigue fino all’ultimo tratto del calendario. Secondo il racconto dei retail, un gigante come Unipol, azionista di rilievo in entrambe le banche e presente nei rispettivi consigli di amministrazione, si è trovato costretto a conferire i propri titoli solo per evitare un bilancio disarmante: meno dell’1% di adesioni a una settimana dalla chiusura. Per Insieme per la Popolare la conclusione è scontata: se l’acquirente crede davvero nella combinazione, dovrebbe spingersi oltre, almeno sopra quota 1,50 nel rapporto di concambio, dimostrando con i fatti il valore attribuito a una realtà che ha costruito in decenni la propria reputazione.
L’azionariato diffuso alza la voce
Sondrio gode di un azionariato orgogliosamente distribuito: circa un terzo del capitale è in mano a risparmiatori del territorio che, insieme, rappresentano un patrimonio di relazioni consolidato. È su questo perimetro che Insieme per la Popolare, realtà nata proprio per tutelare i piccoli soci, rivendica un ruolo di pungolo costante. In operazioni tanto delicate, spiegano, la pluralità di voci è garanzia di trasparenza. Non a caso, l’associazione sottolinea che ogni investitore retail deciderà in autonomia, ma ricorda anche come la propria presenza abbia finora stimolato un confronto più serrato con chi conduce l’offerta.
La dialettica si fa ancora più intensa alla luce del peso di Unipol, che detiene una partecipazione di maggioranza relativa in entrambe le banche coinvolte. La presenza simultanea nei due consigli di amministrazione, sottolineano i piccoli azionisti, rende indispensabile un equilibrio di poteri che eviti possibili conflitti di interesse. I soci diffusi chiedono rassicurazioni, non solo sul prezzo ma anche sulla governante post-fusione. In sostanza, il messaggio è chiaro: senza un’attenzione autentica alle esigenze del territorio e del tessuto imprenditoriale lombardo, qualsiasi operazione rischia di perdere consenso prima ancora di iniziare.
Sinergie sulla carta, interrogativi sul campo
Chi analizza la proposta punta molto sulla matrice comune di Bper e Popolare di Sondrio, entrambe realtà nate nell’alveo del credito popolare e già cooperanti in alcune fabbriche prodotto, come Arca SGR, Arca Vita e Arca Assicurazioni. Per i piccoli azionisti, tuttavia, questa lettura appare riduttiva. Essi ricordano che l’apporto delle sinergie prospettate poggia in larga parte sui punti di forza di Bps, mentre il contributo della banca acquirente viene ritenuto marginale. Se l’obiettivo è creare valore, dicono, occorre dimostrare quale beneficio concreto arrivi da Modena a Valtellina e non il contrario.
Le perplessità si sono cristallizzate durante la visita a Sondrio dell’amministratore delegato Papa e del presidente Cerchiai. L’incontro, descritto dai presenti come poco affollato – una quindicina di persone per lo più scettiche – non ha contribuito a dissipare i dubbi. Gli azionisti retail lamentano di non essere stati nemmeno invitati, interpretando l’assenza di dialogo come un segnale di scarsa considerazione per il capitale umano che presidia la rete commerciale. Gli analisti definiscono l’operazione “ovvia”, mentre il manager Cimbri la bolla addirittura “soporifera”: due etichette che, anziché infondere entusiasmo, rafforzano la sensazione di un progetto nato più per logica di consolidamento che per genuina visione industriale.
Filiali sovrapposte e rapporto con la clientela
Uno dei punti più critici riguarda la geografia delle filiali. Un’analisi condotta dall’associazione evidenzia come una quota insolitamente ampia degli sportelli di Popolare di Sondrio sorga a breve distanza da quelli di Bper. Questa sovrapposizione mina il principio di complementarietà che di solito giustifica una fusione. Invece di ampliare la copertura, il rischio è di cannibalizzare la medesima platea di clienti. Per il tessuto imprenditoriale locale, abituato a rapporti personali e di lungo corso con il direttore di filiale, un simile scenario equivarrebbe a spezzare legami costruiti negli anni.
A questa preoccupazione si somma un dato di contesto: il modello di business bancario maggiormente remunerativo appare sempre più fondato sulla relazione e sulla conoscenza diretta del cliente. Tagliare o spostare personale specializzato, temono i soci, potrebbe trasformarsi in un boomerang che erode ricavi più di quanto prometta di generarne. Le integrazioni, ricordano, si giocano sul territorio, nei corridoi dove le imprese bussano per una linea di credito e non nelle slide dei consultant. E troppe fusioni, nel recente passato, hanno mancato gli obiettivi proprio perché questi aspetti vengono sacrificati sull’altare di sinergie calcolate a tavolino.
Sguardo oltre i confini e condizioni per voltare pagina
Nel dibattito riecheggia anche la suggestione di un partner straniero. Gli azionisti retail ricordano le indiscrezioni sull’interesse di ING, gruppo con dimensione globale e una storia di acquisizioni ispirate da solide logiche industriali. La domanda che rimbalza fra i corridoi di Sondrio è semplice: perché limitarsi al risiko domestico se esistono soggetti capaci di portare competenze internazionali e capitali freschi? Le imprese servite da Bps, fortemente export–oriented verso la Germania e il resto d’Europa, avrebbero da guadagnare un respiro più ampio.
Pur senza indicare una strada obbligata, Insieme per la Popolare ribadisce che valuterà ogni proposta con un criterio di lungo periodo: solidità finanziaria, compatibilità culturale, prospettiva di crescita per il territorio. Se quella di Bper resterà l’unica offerta, aggiungono, sarà indispensabile che l’istituto emiliano approfitti del tempo residuo per migliorare contenuti economici e garanzie occupazionali. L’esito, insomma, non dipenderà soltanto da qualche decimale nel concambio, ma dalla capacità di convincere migliaia di famiglie lombarde che il passaggio di mano non impoverirà il loro domani.