Roma prova a rialzarsi dopo il violento scoppio che ha sconvolto via dei Gordiani: i primi dati sullo stato di salute dei feriti e sulla qualità dell’aria delineano un quadro meno drammatico del temuto, anche se permane l’allerta e la procura continua a lavorare per chiarire ogni responsabilità.
Aggiornamento medico sui pazienti ustionati
La squadra clinica del Centro Grandi Ustioni dell’Ospedale Sant’Eugenio ha sciolto ieri mattina il silenzio sulle condizioni del paziente meno grave, quello che aveva riportato ustioni di terzo grado sul 25 per cento del corpo. L’uomo, intubato nelle fasi iniziali per garantire il controllo delle vie aeree, è stato estubato con successo e respira autonomamente; i parametri emodinamici restano stabili, così come la funzione renale e la pressione arteriosa. Sin dalle prime ore, i medici hanno messo in atto un protocollo di stabilizzazione cutanea basato su medicazioni avanzate, infusioni calibrate di fluidi ed elettroliti e monitoraggio continuo delle funzioni vitali, ritenendo decisiva la rapidità dell’intervento nel miglioramento delle prospettive di recupero.
Il decorso clinico del ferito più grave, che ha riportato ustioni estese al 55 per cento della superficie corporea, si sta svolgendo secondo una tabella terapeutica ancora più complessa. I chirurghi, guidati da Giuseppe Spaltro, hanno avviato fin dalle prime ore sedute di escarolisi enzimatica per asportare selettivamente i tessuti necrotizzati e ridurre il carico batterico. Questo passaggio preliminare serve a preparare il terreno ai successivi innesti cutanei e a contenere i rischi di sepsi, nemici invisibili ma spietati in pazienti così vulnerabili. L’equilibrio respiratorio è assicurato da ventilazione meccanica protettiva, mentre l’assetto metabolico viene sostenuto con nutrizione iperproteica, indispensabile per affrontare le enormi richieste energetiche della rigenerazione tissutale.
L’intervento di trapianto cutaneo programmato
La prima tappa chirurgica è fissata per martedì 8 luglio, quando l’équipe del Sant’Eugenio tenterà un trapianto omologo di pelle, procedura che prevede il trasferimento di tessuto da un donatore compatibile sulle aree più compromesse del secondo paziente. I chirurghi lavoreranno su campi operatori multipli, alternando prelievi e innesti in un’unica seduta che potrebbe durare diverse ore. Il tempo sarà alleato ma anche arbitro spietato: ogni minuto di ischemia tissutale va ridotto per aumentare le chance di attecchimento. Strumenti a microvascolarizzazione controllata, colle biologiche e membrane protettive costituiranno il kit di emergenza al servizio dell’obiettivo primario, ovvero ristabilire una barriera cutanea funzionale e ridurre l’essudazione.
Il recupero postoperatorio non sarà meno impegnativo: il paziente verrà tenuto in camera sterile, con monitoraggio continuo della temperatura cutanea per intercettare eventuali segni precoci di rigetto o infezione. Gli anestesisti calibreranno analgesia e sedazione in funzione della tolleranza all’innesto, mentre lo staff infermieristico provvederà a medicazioni atraumatiche programmate. Ogni piccolo traguardo, dall’attecchimento di pochi millimetri di epitelio alla riduzione dell’essudato, sarà celebrato come un passo in avanti verso la ricostruzione di una vita normale. Fino a quando la prognosi non potrà essere sciolta, l’équipe preferisce mantenere la massima cautela e sottolineare che la strada resta lunga, ma l’andamento clinico attuale consente un cauto ottimismo.
Monitoraggio ambientale: livelli di diossina rientrati
Sul fronte ambientale arrivano notizie incoraggianti: le ultime analisi dell’Arpa Lazio segnalano che la concentrazione di diossine-TEQ nell’aria di via dei Gordiani è scesa a 0,1 picogrammi per metro cubo, contro il picco di 1 pg/m3 registrato a poche ore dall’incendio. Si tratta di un valore in linea con quello che l’Organizzazione mondiale della sanità considera tipico dei contesti urbani, pur tenendo conto delle variabili locali. Nella pratica quotidiana questo significa che, salvo condizioni meteo avverse, il quartiere non presenta più un’esposizione anomala a sostanze di comprovata tossicità e gli abitanti possono tornare a svolgere le attività all’aperto con accorgimenti minimi.
Benché le normative italiane non fissino un limite specifico per le diossine nell’aria ambiente, gli esperti evidenziano che valori superiori a 0,3 pg/m3 sono spesso indice di una sorgente emissiva ancora attiva. L’aver riscontrato quote dieci volte inferiori lascia dunque supporre che la nube tossica si sia già dispersa e che l’episodio di contaminazione si possa considerare concluso. Un margine di prudenza, tuttavia, resta imprescindibile: Arpa ha confermato ulteriori campionamenti a distanza di 48 ore per escludere eventuali fluttuazioni. Intanto, i vigili del fuoco mantengono un presidio tecnico sul sito, pronti a intervenire qualora riemergessero focolai nascosti all’interno della struttura semidistrutta.
Indagini giudiziarie e prossimi passi
Parallelamente, la Procura di Roma ha accelerato il lavoro investigativo iscrivendo a modello 21 i primi nominativi che potrebbero avere un ruolo nella catena di responsabilità. Le ipotesi di reato contestate al momento sono disastro colposo e lesioni, ma non si esclude che presto si aggiungano violazioni ambientali specifiche. L’attenzione degli inquirenti è rivolta in particolare alla catena di manutenzione del distributore, alle procedure di sicurezza sui serbatoi di metano e allo stato dei dispositivi antincendio. In questa fase, ogni documento acquisito – dai registri delle revisioni alle certificazioni degli impianti – viene passato al setaccio per chiarire se l’esplosione fosse prevedibile e, soprattutto, evitabile.
Nei prossimi giorni i magistrati ascolteranno dipendenti, residenti e automobilisti rimasti coinvolti, incrociando le loro testimonianze con le immagini registrate dalle telecamere stradali installate lungo il perimetro dell’area di servizio. Gli specialisti della polizia scientifica stanno intanto elaborando una mappa tridimensionale dell’area, utile a ricostruire la dinamica dei vapori infiammabili e l’esatto punto d’innesco. Solo una convergenza di prove tecniche e dichiarazioni potrà restituire un quadro realmente robusto, tale da trasformare le ipotesi in accertamenti e le ipotesi di reato in eventuali capi d’imputazione. L’obiettivo, fanno sapere da piazzale Clodio, è concludere la fase istruttoria entro l’estate per evitare che le prove deperiscano nel tempo.