Rio de Janeiro accoglie oggi il vertice delle dieci economie emergenti mentre l’allarmante ritorno dei dazi scuote i mercati e la platea internazionale nota due sedie vuote: quelle dei presidenti di Cina e Russia. Nel clima di incertezza, i Brics cercano di mostrarsi compatti davanti a sfide commerciali e politiche.
Una risposta collettiva alle tensioni commerciali
Il documento preparatorio che circola tra le delegazioni, visionato in via confidenziale, mette per iscritto una censura frontale alle misure protezionistiche volute da Donald Trump. I dieci Paesi sottolineano che i dazi «indiscriminati» violano le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, minano la stabilità delle catene di approvvigionamento e rischiano di soffocare la ripresa globale. Per sostenere la loro tesi ricordano di rappresentare circa la metà della popolazione del pianeta e oltre il 40 per cento del prodotto mondiale, un capitale politico che, se canalizzato con coerenza, potrebbe influire in modo rilevante sui negoziati multilaterali.
La condanna ai dazi, tuttavia, arriva da un consesso che negli ultimi dodici mesi ha cambiato pelle. L’ingresso di Indonesia, Iran, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ha portato il Brics a quota dieci, rendendolo più vasto di quanto avessero immaginato i fondatori del 2009. Proprio questa crescita repentina, sostengono diversi osservatori, rischia di trasformare una promettente convergenza economica in una complessa somma di interessi divergenti. Ai nuovi tavoli di Rio emergono infatti contrasti sul commercio, sul modello di sviluppo e persino sulla definizione di un lessico diplomatico comune.
Assenze pesanti e motivazioni divergenti
La poltrona destinata a Vladimir Putin resterà vuota per il secondo anno consecutivo. Contro il leader russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra collegati alla deportazione di minori ucraini, e l’adesione del Brasile allo Statuto di Roma avrebbe reso obbligatorio il fermo qualora avesse messo piede nel Paese. Fonti diplomatiche riferiscono che Brasília non avrebbe gradito lo scenario di un ospite costretto a evitare la scena pubblica o a invocare dubbi protocolli di immunità. Da Mosca, dunque, è arrivata la conferma di un intervento a distanza, formula divenuta prassi dall’inizio del conflitto in Ucraina.
Più sorprendente, almeno sul piano simbolico, è il forfait di Xi Jinping. Negli ultimi dodici anni il presidente cinese non aveva mai saltato un solo incontro del Brics, neppure nei momenti più complessi della pandemia. Stavolta Pechino parla di «impegni sovrapposti» e affida la rappresentanza al premier Li Qiang. L’assenza del leader che ha promosso con vigore l’espansione del gruppo lascia un vuoto di interlocuzione e alimenta l’idea che la diplomazia cinese stia ricalibrando le proprie priorità. Nei corridoi del summit, molti si chiedono se dietro la scelta pesino anche i timori di trovarsi legati a un format non più controllabile con la facilità del passato.
Ambizioni brasiliane e agenda riformista
La diplomazia di Brasília vede nell’appuntamento di Rio un’occasione per guadagnare centralità sul terreno del multilateralismo. Il governo guidato da Luiz Inácio Lula da Silva intende utilizzare il vertice come tribuna per promuovere la transizione verso l’energia pulita, il rafforzamento della cooperazione sui vaccini e un’interpretazione più inclusiva delle regole del commercio globale, a cominciare dall’estensione dello status di «nazione più favorita» a tutti i membri della Wto. Secondo l’ex ministro degli Esteri Antonio Patriota, la diversificazione dei poli di potere non rappresenta una minaccia bensì un’opportunità da cogliere prima che nuovi conflitti spingano i governi a rincorrere riforme in ritardo.
Eppure le intenzioni brasiliane si scontrano con un mosaico di interessi spesso inconciliabili. L’idea di creare una valuta comune per competere con il dollaro resta lettera morta di fronte alla ferma opposizione dell’India; la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu viene rallentata dalle perplessità della Cina; gli impegni sul clima incontrano la resistenza di economie fortemente basate sugli idrocarburi, come Russia, Arabia Saudita ed Emirati. Come ha osservato l’analista Christopher Sabatini, il Brics era già difficile da coordinare prima dell’allargamento: oggi la complessità rischia di inceppare ogni meccanismo decisionale. Di conseguenza il vertice di Rio, pur ricco di suggestioni, dovrà dimostrare che la molteplicità di voci può tradursi in scelte operative e non soltanto in dichiarazioni di principio.