Alle prime luci del mattino un boato ha scosso Roma Est: il distributore Gpl di via dei Gordiani è diventato un rogo che ha messo alla prova la rapidità di agenti e vigili del fuoco. Fra i più esposti, i poliziotti Francesco D’Onofrio e Marco Neri, entrambi feriti ma determinati a raccontare quanto accaduto.
La prima chiamata e l’arrivo in una nube di fumo
Quando dal sistema radio è giunta la richiesta di intervento, la volante guidata da D’Onofrio, in servizio presso il commissariato Porta Maggiore, risultava la più vicina. In pochi minuti l’auto ha guadagnato via dei Gordiani trovando pompe di benzina già nascoste da un mantello di fumo denso, segnato dalle prime lingue di fuoco. In quel frangente, racconta l’agente, la priorità non era comprendere l’origine delle fiamme, ma capire se fra quelle ombre ci fossero vite da proteggere. La pattuglia ha immediatamente delimitato l’area, chiamando rinforzi e impedendo il passaggio ad automobilisti e curiosi: un perimetro di sicurezza improvvisato in mezzo al traffico di mezza mattina.
Mentre l’unità di Porta Maggiore tracciava quel cordone, da un’altra direttrice sopraggiungeva la pattuglia condotta dal vice ispettore Marco Neri. Provenendo da via Casilina, il poliziotto ha visto in lontananza la colonna di fumo issarsi sopra i palazzi: segno inequivocabile di un incendio diverso dai roghi di sterpaglie che d’estate punteggiano la periferia. Nessuno fra gli operatori ha esitato: bisognava agire prima che il deposito di Gpl si trasformasse in una trappola collettiva. In pochi secondi, i due equipaggi hanno armonizzato gli sforzi, sbarrando anche l’accesso da via Prenestina e ordinando l’evacuazione di un vicino centro estivo e di un presidio sanitario.
L’evacuazione fra urla, bombole e corse alla cieca
L’intervento ha assunto contorni sempre più drammatici quando le fiamme hanno inghiottito le colonnine di rifornimento, facendo crepitare il metallo e liberando piccole detonazioni che anticipavano la deflagrazione principale. D’Onofrio ricorda di aver visto residenti e automobilisti tentare di rientrare nell’area pur di salvare vetture o magazzini: in quei secondi, dice, “l’unica cosa da mettere al sicuro erano le persone, non gli oggetti”. Con l’aiuto della pattuglia sopraggiunta, gli agenti hanno letteralmente afferrato per le braccia chi esitava, trascinando all’esterno decine di perplessi, mentre nell’aria si mescolavano il ronzio delle sirene e l’odore acre del combustibile.
Il vice ispettore Neri si è concentrato sul campo estivo: all’interno giocavano bambini, ignari del pericolo. Con il personale presente ha organizzato una catena umana, conducendo i piccoli verso una zona riparata e affidandoli ad altre pattuglie sopraggiunte. Contemporaneamente, un equipaggio dei vigili del fuoco posizionava l’autobotte nel deposito di ferrame adiacente per contenere le fiamme che minacciavano via Prenestina. Ogni mossa era una scommessa contro il tempo: lo scoppio del Gpl, ormai, non era più una possibilità remota, ma un conto alla rovescia udibile anche a distanza.
L’istante in cui tutto è esploso
La ricerca di due persone disperse, segnalate all’interno del perimetro, ha costretto D’Onofrio e un collega a inoltrarsi ancora una volta nella cortina di fumo. Li hanno trovati, li hanno guidati a una vettura di servizio che si è allontanata a tutta velocità, poi è arrivato il boato: un fronte di fuoco e pressione che li ha investiti come un muro d’aria rovente. “Quando ti avvolgono le fiamme – confida l’agente – capisci di non avere più margine d’errore, esiste solo l’istinto di sopravvivenza”.
Pochi metri più in là, il vice ispettore Neri stava ultimando l’evacuazione del deposito, allorché l’onda d’urto lo ha colpito in pieno. La divisa ha preso fuoco, il cinturone si è sciolto, la radio di servizio ha smesso di trasmettere. In mezzo a quelle scintille, ha intravisto un vigile del fuoco sbalzato a terra e, nonostante i vestiti bruciassero, lo ha trascinato fuori assieme al collega. Il dolore è arrivato dopo, quando l’adrenalina ha ceduto il posto alla consapevolezza di essere vivo per pochi, preziosi centimetri.
Tra ospedale, famiglia e la decisione di ricominciare
Dopo il trasporto in ospedale, i due agenti hanno scoperto ustioni e contusioni, ma nessuna lesione irreversibile. Le famiglie, avvertite dai social prima ancora delle chiamate ufficiali, hanno raggiunto i reparti di emergenza stringendo mani ancora odorose di fumo. “Ho telefonato io, per evitare che leggessero altre notizie e si spaventassero ancora di più”, racconta D’Onofrio. Il sollievo collettivo si è trasformato in un abbraccio silenzioso: la consapevolezza di aver evitato una strage cancellava, almeno in parte, la paura vissuta.
Anche Neri, con voce roca e qualche benda bruciacchiata, ha voluto parlare ai colleghi rimasti sul territorio. Ha rivisto mentalmente ogni passaggio, dal primo avvistamento alla corsa finale, convinto che la rapidità d’azione abbia fatto la differenza. «Lo rifarei senza esitazione» – ha dichiarato – «perché questo è il mestiere che abbiamo scelto: addestrati a entrare dove tutti scappano». Al telefono, i due poliziotti hanno provato persino a ironizzare, definendo la giornata “da festeggiare”: nessuna vittima, tanto spavento e una catastrofe sventata.
Una lezione di prontezza operativa che vale più di mille esercitazioni
L’incendio di via dei Gordiani ha messo in evidenza il tessuto di coordinamento che unisce forze di polizia, vigili del fuoco e servizi sanitari della capitale. L’arrivo quasi simultaneo degli equipaggi, la chiusura delle arterie di via Casilina e via Prenestina, l’evacuazione di centri affollati: ogni tassello ha impedito che una mattinata di routine si trasformasse in lutto. Dietro la divisa, ricorda D’Onofrio, c’è l’uomo che valuta il rischio, ma anche il professionista che sa di non poter aspettare la squadra perfetta per entrare in azione.
Ora i due agenti si preparano a un percorso di recupero fisico, ma non di ripensamento. In conferenza stampa hanno ribadito che la scelta di intervenire rientrava nei protocolli e, soprattutto, nel senso di responsabilità che li accompagna sin dal primo giuramento. “Non esistono eroi”, ha sintetizzato Neri, “esistono professionisti che si presentano al lavoro sapendo che quel turno potrebbe cambiare la vita di molti”. Una consapevolezza che, a Roma, oggi pesa più dell’odore di bruciato, nerastro e acre, rimasto ancora sull’asfalto.