Pixar ha scelto di non restare in silenzio dopo il deludente esordio di Elio: con un messaggio ironico sui social, lo studio ha rimesso al centro il ruolo del pubblico nel successo delle opere originali. Il dibattito, acceso e appassionato, si allarga ora a tutta la strategia futura di Disney e della stessa Pixar.
Un video pungente che fa discutere
Il nuovo post comparso sull’account Instagram di Pixar è costruito sul format meme in cui qualcuno pronuncia una frase scomoda e, subito dopo, finge di esserne estraneo. Stavolta la battuta è chiara: «Smettila di lamentarti che Disney non propone storie originali se poi non corri al cinema a sostenerle fin dal primo weekend». Un guanto di sfida lanciato direttamente agli appassionati, che in poche ore ha scatenato centinaia di commenti divisi fra sostegno convinto e indignazione. È lecito pretendere creatività se, quando arriva, la poltrona resta vuota?
Il tono leggero del video nasconde nervi scoperti. L’industria, scossa dai risultati recenti, punta il dito contro un fenomeno sempre più evidente: l’affezione del pubblico verso titoli già noti. Ci si abitua in fretta a sequel e saghe, ed è più facile scommettere sul “già visto” che rischiare con qualcosa di nuovo. Lo studio californiano sembra voler dire: la creatività costa e ha bisogno di essere premiata al botteghino, altrimenti il percorso si restringe. E se anche un post ironico diventa necessario, significa che la questione è arrivata a un punto critico.
Elio, un risultato amaro
Elio, nonostante l’apprezzamento di una parte della critica, si è fermato a circa 72 milioni di dollari globali, cifra che lo posiziona in fondo alla classifica della storia Pixar. Il confronto con un budget superiore ai 200 milioni rende la perdita lampante: l’opera originale ha pagato a caro prezzo la timida risposta del pubblico. Che cosa non ha funzionato? Mancanza di promozione? Data d’uscita infelice? Oppure, semplicemente, l’assenza di un marchio già amato sulle locandine? Domande che tormentano il reparto marketing e spingono a riflessioni severe.
Non parliamo di un film bocciato per la qualità. Semmai, molti spettatori lo etichettano come un lavoro “non all’altezza” dell’eccellenza imponente mostrata dallo studio nell’era d’oro. Il paragone con i classici pesa come un macigno: quando ci si abitua a Wall·E, Ratatouille o Up, la soglia d’aspettativa lievita fino a diventare quasi insostenibile. C’è spazio per una semplice buona storia in un catalogo zeppo di capolavori?
Il pubblico premia i volti noti
Mentre Elio arrancava, Inside Out 2 abbracciava il miliardo e oltre al botteghino, dimostrando la potenza di un titolo già amato. Il meccanismo è chiaro: chi ha riso e pianto con le emozioni di Riley vuole tornarci senza esitazioni. È una rassicurazione, una coperta di Linus cinematografica. E così, in coda alle casse, i sequel si trasformano in investimenti sicuri per gli studios, con ritorni che coprono i rischi e finanziamenti che alimentano la macchina produttiva.
La stessa strategia guiderà a breve l’arrivo di Toy Story 5 e Gli Incredibili 3. Scelte quasi obbligate, viste le difficoltà incontrate da titoli originali come Onward, Soul, Luca e Red, pubblicati in parte in piena pandemia o con finestre d’uscita penalizzanti. Che possibilità resta alle idee nuove se, al primo passo falso, vengono immediatamente etichettate come fallimento? La risposta, per ora, sembra appesa ai dati d’incasso.
Una storia di eccellenza che oggi pesa
Fra il 1995 e il 2017, Pixar ha infilato un capolavoro dietro l’altro, marchiando a fuoco l’immaginario collettivo. Da Toy Story a Coco, passando per Alla ricerca di Nemo e Inside Out, lo studio ha fissato un’asticella altissima. L’uscita di scena di John Lasseter ha cambiato il volto del team creativo, ma l’aura di perfezione è rimasta nella memoria del pubblico. Quando il passato è così luminoso, ogni tentativo presente rischia di sembrare un riflesso sbiadito.
Questo bagaglio di gloria è, allo stesso tempo, risorsa e zavorra. Sebbene garantisca un’eredità prestigiosa, rende ogni nuovo progetto oggetto di esame spietato. Forse serve ricordare che anche i capolavori di ieri, un tempo, erano scommesse audaci. La provocazione lanciata su Instagram non è solo uno sfogo: è un invito a tornare in sala, a dare fiducia al primo capitolo di una storia sconosciuta. In fin dei conti, il cinema vive di quel patto antico tra chi racconta e chi ascolta. Sta a noi, spettatori, decidere se onorarlo o lasciarlo andare.