In una comunicazione resa pubblica da Washington, il presidente statunitense Donald Trump ha reso noto che Israele ha formalmente accettato una tregua di sessanta giorni nella Striscia di Gaza, sollecitando Hamas a sottoscrivere l’intesa senza indugi.
Le ultime mosse di Washington
Secondo quanto riferito dal capo della Casa Bianca, i suoi emissari hanno incontrato per diverse ore una delegazione israeliana incaricata di definire i parametri operativi del cessate il fuoco. Dall’incontro è scaturito il consenso del governo di Gerusalemme a una sospensione bilaterale delle ostilità della durata di due mesi. L’arco temporale concordato, ha spiegato il presidente, dovrà essere impiegato per strutturare un percorso politico e di sicurezza volto a chiudere in maniera definitiva il conflitto. Washington si impegna a fungere da garante, coordinando passo dopo passo le misure previste.
Il capo dell’esecutivo statunitense ha altresì ringraziato in modo esplicito Qatar ed Egitto per l’attività di facilitazione svolta finora. I due Paesi presenteranno il testo conclusivo dell’accordo alle parti, traducendo in clausole giuridiche gli elementi messi a fuoco nei colloqui. L’Amministrazione americana ritiene che la finestra diplomatica apertasi non debba essere sprecata e sta predisponendo un calendario serrato di verifiche periodiche per garantire l’attuazione delle intese. Trump ha sottolineato che l’evoluzione del negoziato sarà monitorata quotidianamente da un team congiunto istituito a Washington.
La trama della mediazione regionale
Fonti diplomatiche informano che negli ultimi giorni emissari di Doha hanno presentato una bozza aggiornata, frutto di mesi di trattative condotte insieme ai colleghi egiziani e con il sostegno costante di Washington. Il documento, messo a punto sotto la supervisione dello special adviser Steve Witkoff, tenta di equilibrare le esigenze di sicurezza israeliane con le richieste politiche e umanitarie avanzate da Hamas. Le consultazioni si sono concentrate soprattutto sulle modalità di scambio tra ostaggi israeliani trattenuti nella Striscia e prigionieri palestinesi detenuti in Israele.
A Washington il ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer, ha illustrato personalmente i dettagli della proposta ai vertici statunitensi, ricevendo garanzie circa l’impegno americano a facilitare un meccanismo di supervisione internazionale sul rispetto dei tempi e delle clausole. Gli Stati Uniti sostengono che l’evoluzione positiva di questa fase costituirebbe un passaggio indispensabile per affrontare in seguito questioni più complesse, come il disarmo delle fazioni armate e la ricostruzione civile di Gaza. Gli interlocutori regionali confidano in una risposta rapida da parte di Hamas.
Le aspettative e le riserve di Hamas
All’interno del movimento palestinese persiste la convinzione che qualsiasi sospensione temporanea delle ostilità debba preludere ad un cessate il fuoco permanente e alla definizione di un accordo politico più esteso. Dirigenti di Hamas fanno sapere che valuteranno la proposta alla luce di due priorità imprescindibili: l’alleggerimento del blocco sulla Striscia e la garanzia di una soluzione complessiva del conflitto. Nelle dichiarazioni pubbliche il gruppo insiste sul fatto che un’ulteriore escalation non gioverebbe a nessuna delle parti in causa. Una parte della leadership osserva inoltre che la restituzione degli ostaggi dovrà essere accompagnata da precise misure di protezione per la popolazione civile.
Il presidente Trump, nel suo appello diretto al movimento, ha avvertito che la mancata adesione al piano rischierebbe di aggravare ulteriormente le condizioni sul terreno. “La situazione non migliorerà, ma peggiorerà soltanto”, ha scandito, rimarcando la disponibilità americana a sostenere finanziariamente la fase successiva alla tregua, purché tutte le fazioni accettino di sedersi al tavolo. Resta da vedere se l’ala militare di Hamas considererà sufficienti le garanzie offerte, o se chiederà ulteriori concessioni prima di dare il via libera formale.
Segnali politici da Gerusalemme e prossime tappe
Fonti governative israeliane descrivono un clima di cauto ottimismo all’interno dell’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu. Negli ultimi giorni, riunioni ristrette del gabinetto di sicurezza avrebbero registrato un’intensa discussione sui termini del cessate il fuoco, con alcuni ministri che spingono per accelerare il rilascio degli ostaggi e altri più scettici sulla tenuta degli impegni da parte di Hamas. Nonostante divergenze di vedute, pare emergere una dinamica positiva che potrebbe tradursi, a breve, nell’approvazione formale dell’intesa. Il confronto prosegue però su questioni operative, quali la gestione dei corridoi umanitari e il riassetto delle forze lungo il confine.
Il primo ministro israeliano dovrebbe raggiungere Washington all’inizio della prossima settimana per un incontro alla Casa Bianca che si preannuncia decisivo. Sul tavolo non vi sarà soltanto la ratifica del cessate il fuoco, ma anche un’analisi delle prospettive di sicurezza regionali e dei possibili piani di ricostruzione per Gaza. Se l’intesa di sessanta giorni verrà confermata, gli osservatori internazionali ritengono che potrebbe aprire la strada ad un negoziato più ampio sul futuro status dell’enclave. Il calendario diplomatico, dunque, appare in rapida evoluzione.