La giustizia italiana ha scritto l’ultima pagina processuale sulla strage del 2 agosto 1980: la Corte di Cassazione ha reso irrevocabile la pena dell’ergastolo inflitta a Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, dichiarandolo definitivamente colpevole di concorso nell’attentato che costò la vita a 85 persone e ne ferì oltre 200.
L’esito definitivo della Suprema Corte
La sesta sezione penale, presieduta da Giorgio Fidelbo, ha respinto l’impugnazione presentata dalla difesa dell’imputato, confermando integralmente la decisione emessa l’8 luglio dell’anno precedente dalla Corte d’Assise d’appello di Bologna. Sebbene la sentenza di primo grado avesse già tracciato un quadro accusatorio robusto, soltanto con la pronuncia odierna il procedimento assume valore incontrovertibile, sancendo la responsabilità dell’ex estremista di destra in ogni sede di giudizio. Per la comunità delle vittime e per l’intero Paese, questo verdetto rappresenta un traguardo giuridico di estrema rilevanza, poiché interviene su uno degli atti terroristici più sanguinosi della Repubblica, riconoscendo la centralità del principio di giustizia e di memoria condivisa.
“È un passo cruciale verso la piena attuazione del diritto alla verità, che appartiene non solo ai familiari delle vittime ma all’intera collettività”, ha dichiarato il sostituto procuratore generale Antonio Balsamo, sottolineando come la sentenza colmi un vuoto lungo quarantacinque anni e apra finalmente la strada a una più compiuta elaborazione pubblica di quei fatti. Il magistrato ha ricordato il ruolo determinante esercitato dai parenti dei caduti, capaci di trasformare il dolore in perseveranza civica, divenendo esempio di dignità e coesione nazionale. La loro costante presenza nelle aule giudiziarie ha impedito l’oblio, guidando le istituzioni verso l’accertamento definitivo delle responsabilità.
Le motivazioni della decisione
Durante la sua requisitoria, il rappresentante della pubblica accusa ha evidenziato la solidità del materiale probatorio, frutto di una ricostruzione processuale priva di suggestioni storiografiche e ancorata a elementi documentali e testimoniali convergenti. Bellini viene ritenuto anello decisivo di una trama eversiva tesa a colpire il cuore dello Stato; le prove raccolte, ha precisato il procuratore, resistono a qualunque scrutinio perché fondate su riscontri incrociati di natura tecnica e dichiarativa. Il pronunciamento, pertanto, non si limita a riaffermare la responsabilità individuale, ma ribadisce il metodo rigoroso attraverso cui è stata ottenuta la verità giudiziaria.
Nell’illustrare il proprio ragionamento, Balsamo ha inoltre richiamato le acquisizioni dibattimentali sull’operato di taluni esponenti istituzionali all’epoca dell’eccidio, citando il contrasto tra l’approccio investigativo incarnato da Giovanni Falcone e quello, più controverso, del procuratore capo Ugo Sisti. Le testimonianze relative alla presenza di Sisti nell’albergo gestito dalla famiglia di Bellini nei giorni immediatamente successivi alla strage, ha spiegato il magistrato, rafforzano il contesto di connivenze e reticenze che per anni ha ostacolato l’emersione completa dei fatti. Il dispositivo della Cassazione, pur non esaurendo l’analisi storica, pone fine a ogni incertezza giuridica su tali condotte.
Gli imputati secondari e le loro condanne
Unitamente alla posizione di Bellini, la Suprema Corte ha confermato le pene inflitte ad altri due protagonisti del procedimento. L’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel è stato condannato a sei anni di reclusione per il reato di depistaggio, avendo – secondo i giudici – intralciato l’attività investigativa con azioni volte ad alterare le tracce e a indirizzare erroneamente gli inquirenti. La decisione, ora irrevocabile, segna un punto fermo nell’individuazione delle responsabilità di chi, pur non partecipando direttamente all’attentato, cercò di sottrarre i veri autori alle maglie della giustizia.
Analoga sorte è toccata a Domenico Catracchia, ex amministratore di condominio in via Gradoli a Roma, che dovrà scontare quattro anni per aver fornito false informazioni al pubblico ministero allo scopo di sviare le indagini. I giudici di legittimità hanno ritenuto il suo comportamento gravemente lesivo dell’interesse pubblico alla ricostruzione dei fatti, riaffermando il valore dell’obbligo di veridicità a cui ogni cittadino è tenuto quando coopera con l’autorità giudiziaria. Con queste due conferme, la Cassazione chiude il cerchio sulle responsabilità sussidiarie maturate intorno all’attentato, completando il mosaico delle sentenze definitive.
Gli sviluppi processuali collegati
Già lo scorso gennaio era passata in giudicato la condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini, ex esponente dei Nuclei Armati Rivoluzionari, riconosciuto colpevole di aver fornito rifugio e supporto logistico a Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini nelle fasi immediatamente precedenti all’esplosione. Il dispositivo a suo carico documenta la falsificazione di un documento intestato a Flavio Caggiula, consegnato a Fioravanti, nonché la disponibilità di un’autovettura destinata a raggiungere Bologna il giorno dell’attentato. Tali elementi, ora cristallizzati in sentenza definitiva, concorrono a delineare la rete di complicità che rese possibile l’operazione terroristica.
La conclusione dei diversi filoni giudiziari non cancella il dolore, ma restituisce alle famiglie delle vittime un senso compiuto di giustizia e di riconoscimento istituzionale. La loro determinazione ha consentito di mantenere viva l’attenzione su un dramma collettivo che, per la sua portata simbolica, appartiene alla memoria nazionale. Alla luce dei pronunciamenti intervenuti, la stagione dei depistaggi e delle zone d’ombra sembra ormai destinata a chiudersi, lasciando spazio a una narrazione fondata su verità processuali definitive e condivise da tutte le componenti della società civile.