In Italia un numero considerevole di uomini reduci da intervento per carcinoma prostatico continua a fare i conti con una disfunzione erettile che compromette vita privata e autostima, mentre il Servizio sanitario nazionale rimborsa loro terapie farmacologiche dagli esiti spesso deludenti.
Il paradosso dei costi farmacologici a carico del Servizio sanitario
La terapia d’elezione più diffusa si fonda sugli inibitori della fosfodiesterasi-5, i noti PDE5i, prescritti in regime di nota 75. Nonostante il rimborso pubblico, oltre il 40% dei pazienti abbandona il trattamento per scarsa risposta clinica, come osserva Antonio Aversa, ordinario di Endocrinologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro. Ciascuna compressa da 20 mg ha un costo rimborsato di 6,30 euro; considerandone due a settimana, la spesa annuale si attesta intorno a 655 euro. L’assenza di benefici tangibili rende la voce di bilancio ancor più onerosa, perché non accompagnata da un reale miglioramento della qualità di vita.
Proiettando quei 655 euro su quindici anni, il conto supera i 9.800 euro e, applicando l’inflazione media rilevata dall’Istat nello stesso arco temporale, si superano agevolmente i 12.000 euro per singolo paziente. Un’analisi pubblicata su “Translational Andrology and Urology” ha inoltre stimato che, negli Stati Uniti, dieci anni di farmaci possono raggiungere i 53.000 dollari, mentre un impianto protesico ne costa 22.000 nello stesso periodo. Il bilancio appare quindi sbilanciato: farmaci meno efficaci si rivelano, a lungo andare, più dispendiosi.
Protesi peniena di ultima generazione: efficacia definitiva e mininvasività
Secondo Gabriele Antonini, urologo-andrologo tra i maggiori esperti europei di protesi idrauliche tricomponenti, l’intervento rappresenta “l’unica soluzione definitiva” per la disfunzione erettile post-oncologica. La procedura, eseguita con accesso infrapubico di appena due centimetri, si svolge in un’unica seduta e garantisce risultati stabili nel tempo. L’impianto, una volta posizionato, restituisce funzione sessuale senza la necessità di ulteriori terapie di supporto, ponendo fine a tentativi farmacologici ripetuti e spesso infruttuosi.
Nei casi di neoplasie prostatiche localmente avanzate, dove non è possibile preservare i fasci neurovascolari, Antonini suggerisce di associare l’impianto protesico alla prostatectomia robotica radicale, analogamente a quanto avviene nella chirurgia mammaria con ricostruzione contestuale. Tale approccio, afferma lo specialista, tutela dignità, salute sessuale e qualità di vita. In Italia il dispositivo costa circa 8.000 euro, ma l’esperienza francese dimostra che, con un volume di interventi maggiore, il prezzo può scendere fino a 3.500 euro.
L’appello per l’inserimento nei Livelli essenziali di assistenza
I professori Aversa e Antonini chiedono che l’impianto di protesi peniena rientri tra i Lea, affinché tutti i pazienti con disfunzione erettile post-oncologica possano accedere a una terapia risolutiva senza ostacoli economici. Un riconoscimento formale renderebbe equo l’accesso alla cura, evitando discriminazioni basate sulla capacità di spesa e colmando un vuoto assistenziale che oggi costringe molti uomini a percorsi lunghi, costosi e poco fruttuosi.
La diffusione su larga scala della chirurgia protesica ridurrebbe ulteriormente i costi unitari dei dispositivi, innescando un circolo virtuoso: meno spesa pubblica per farmaci poco efficaci, più risultati clinici tangibili e un significativo miglioramento della vita dei pazienti oncologici. Come conclude Antonini, si avrebbe “più salute, meno spesa, più dignità”, obiettivo che appare coerente con la missione stessa del Servizio sanitario nazionale.